martedì 31 dicembre 2013

Tempo di andare

 Abbandonare un luogo per me è sempre uno strazio.
Come salutare chi amo.
Fin da piccola era così, lacrime e sospiri.
Ma è arrivato il momento, il momento perfetto.
Questo posto è stato una tana. Una cuccia. Un buco scavato nella terra fresca, coperto di foglie. Il giardino segreto. E' stato la capanna di cuscini in salotto e la canadese piantata sul prato.
Dò l'ultimo giro di chiave e sorrido, di infinita dolcezza per quanto è stato, per quanto è.
Nella CASA NUOVA ho già portato un po' delle mie cose, tinteggiato le pareti, acceso il fuoco, riempito il frigorifero (tutta roba sana: Prosecco, cioccolata, salame, formaggio).
Vi aspetto per condividere, è inteso.
P.s. Ho in dotazione solo una sedia Ivar, ma ci tocca cederla a Pier :)

domenica 29 dicembre 2013

Scema


Una vecchia zia definiva "scemo di guerra" un reduce suonato, provato psichicamente dall'esperienza traumatica vissuta.
Mi sento vagamente una scema di guerra. In fondo nel mio piccolo, ho combattuto duramente.
Poi la battaglia si tacita, i fuochi crepitano appena, i vapori si dissolvono e il soldato resta lì, sordo, ansante, il cuore che pulsa ancora a tempo d'artiglieria.
Non mi capacito che possa andare tutto per il verso giusto. Al primo fruscio mi volto di scatto, mi ranicchio, porto le mani alla testa, pronta a difendermi.
Invece era un merlo fra i rovi. 
O il salto morbido di un gatto, sul davanzale.
Non è per niente facile guardare il tuo paesello, dopo l'armistizio. I muri sfregiati, il ponte distrutto, orti e giardini coperti di macerie.
Ma è finita. Finita.

Montare una libreria Hemnes ed una sedia Ivar, mentre fuori piove e un tè caldo si lascia sorseggiare, mi sembra un sogno. 
Grazie a chi li sopporta, questi reduci suonati.

venerdì 27 dicembre 2013

Happy winter solstice


"È difficile passare il Natale da soli", mi dice lei, aspirando la sua Camel.
"Ma guardati intorno", le rispondo, "credi che tutta questa gente che ha festeggiato in famiglia si sentisse meno sola? E poi tu hai scelto amica, hai deciso di non mettere la maschera".
Annuisce, guardiamo la pioggia e restiamo lì in silenzio.
Solo per la nonna ho apparecchiato. 
Per quanto tempo ancora potremo ascoltarla raccontare le nostre storie? 
Di quel giorno in cui, mentre succhiavo il pollice seduta sull'autobus, salì una zingara molto corpulenta, che prese posto di fronte a me. E io (che a tre anni già sapevo quanto sia meglio prevenire) le dissi, estraendo repentina il dito dalla bocca, "non ciuccio più". Solenne, guardandola negli occhi. La donna scoppiò in una fragorosa risata.
Ecco, la nonna questa storia l'ha ripetuta milioni di volte. E' roba sua, la tiene addosso lei. Ho come l'impressione che quando se ne andrà, la porterà via con sè.
Insomma, ho festeggiato il Natale solo per lei. Che per me, non significa niente. 
Il prossimo anno invito parenti e amici in una data non sospetta. Celebriamo il sole che risorge dalla lunga notte invernale in modo sobrio e pagano. E alla nonna lo spiego, che i tortellini e lo zampone, possiamo mangiarli lo stesso.

giovedì 26 dicembre 2013

Indigesti Natali


Li ho visti, i tre spiriti.
Non sono Scrooge, ma nel mio personale "Canto di Natale" sono apparsi nottetempo destandomi da un sonno tormentato e leggero (devo forse imputarlo al mix mostarda di fichi e crostata alla Nutella?).
Lo Spirito del Natale passato aveva le sembianze della signora Premru (cognome del nord est monovocalico), che quand'ero bambina si prendeva cura di me alcune sere alla settimana. Della sua casa ricordo odori speciali, tovaglie di plastica a fiorami e due nipoti teppisti che mi invitarono ad infilare un fil di ferro nella presa della corrente.
La signora Premru si è palesata di bianco vestita, mostrandomi l'abete che addobbavo con la mamma, carico di cioccolatini rossi. Buoni erano, da far fatica a non mangiarli tutti.
E via, uno ad uno, sono sfilati i Natali passati. Spumante, calze velate, tortelli, jingle bell, sciarpe a righe, biscotti a stella. Uno sopra l'altro si sono posati, coi volti e le voci e le risate e qualche respiro da chiudere gli occhi e aprire le spalle. Tutti lì.
Io non dimentico niente. Niente.
Poi è arrivato lui, lo Spirito del Natale presente, e l'ho riconosciuto subito. Elzéard Bouffier, quello col cappellaccio e le ghiande in tasca, che piantava gli alberi: in vent'anni trasformò un deserto in una foresta. 
Senza tante parole, come tutta la gente di montagna, si è cavato di tasca una ghianda, e me l'ha data. 
"Ci vuole pazienza", solo così ha detto. 
Grazie tante Elzéard, io ci provo, ma non è mica facile.
Lo Spirto del Natale futuro si è annunciato festoso: un cane dagli occhi intelligenti e dal pelo biondo. Mi chiamava infilando il bosco, poi si voltava, come ad aspettare. Ho guardato in su appena oltre il fitto, e l'ho vista, di legno e pietra. Dal camino usciva un filo di fumo. Mi sono affrettata leggera, nella bocca un'impazienza di sorrisi.

A titolo precauzionale, stasera ho digiunato.

lunedì 23 dicembre 2013

Ho vagato cercandole


Quando le tue mani muovono,
amore, verso le mie,
cosa mi portano in volo?
Perché si sono fermate
sulla mia bocca, all'improvviso,
perché le riconosco
come se una volta, prima,
le avessi toccate,
come se prima di esistere
avessero già percorso
la mia fronte, la mia cintura?
Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.
Ho salito scale,
ho attraversato scogliere,
mi hanno trascinato via treni,
le acque mi hanno riportato,
e nella pelle dell'uva
mi è sembrato di toccarti.
Il legno di colpo
mi ha portato il tuo contatto,
la mandorla mi annunciava
la tua morbidezza segreta,
finché si sono strette
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
hanno concluso il loro viaggio
.
(P. Neruda)

domenica 22 dicembre 2013

Senza pensieri


Per accogliere le mie sisters-colleghe ho dovuto sistemare un po' casa.
Io, piuttosto che sistemare casa spalerei letame, tanto per capirci.
Appuntamento da me ore 19.45, ognuno porta qualcosa.
Alle 19.10 aspiravo con foga. Una torta patate e brie nel forno.
Alle 19.20 pulivo il bagno. E sfornavo la suddetta torta.
Alle 19.30 mi sciacquavo, mentre i pomodorini ripieni si gratinavano.
Alle 19.40 mettevo il rimmel.
Alle 19.45 aprivo da basso e tagliavo velocemente il pane.
Poi chiacchiere, buon vino, inattesi doni. 
Ti cerco con gli occhi (ma davvero esisti?): ci sei? Mi infilo in tasca il tuo sorriso rubato fra teste e parole.
Ora a letto, satolla e brilla di cose. Ho traslato i residui bellici della cena dal tavolo del salotto a quello della cucina, ed ora giacciono lì, in attesa del giorno. Non l'avrei mai fatto. Non avrei mai lasciato pile di piatti inevasi.
Invece adesso posso. Perchè la perfezione non mi appartiene, ma neanche da lontano. Proprio non la voglio, quella cazzo di perfezione.
Mi piaccio così, imperfettamente felice.

venerdì 20 dicembre 2013

Cose belle

Ultimo giorno.
Approfitto di questa breve pausa, in attesa della festa a scuola.
Stanno disegnando Giovanni, in mille ritratti diversi, stanno rappresentando Capaci, l'autostrada voltata come un guanto. Aggiungono le loro riflessioni.
Mi sembra che le scelte di Giovanni siano state molto difficili.
Ha combattuto per gli altri, rendendosi la vita scura.
Che tenerezza mi fanno.
Leggendo l'ultima pagina del libro, alla maestra Gioia sono scese due lacrime uguali e parallele.
Qualcuno ha sorriso complice, qualcuno si è commosso, io ho detto ridendo "la maestra è un cuor di polenta".

Da domani sono a casa. Vigerà un'unica regola: fare cose che mi garbano.
Tipo dormire, leggere, camminare nel bosco, scrivere, cucinare, vedere gli amici.
E altro. Di bello. Di bellissimo.

martedì 17 dicembre 2013

Meno tre

A. (mia alunna di 6 anni) e il suo babbo R. (mio amico).
"Papà, oggi pomeriggio ho fatto due volte la cacca!"
"Beh, non preoccuparti, non è una cosa strana".
"E se mi capita a scuola?"
"Avvisi Gioia e vai in bagno".
"Ma non capisci papà? Io a scuola voglio lavorare, non posso perdermi l'occasione di imparare!"


Due giorni filati di colloqui con i genitori, dalle 8 alle 19 a scuola.
Ieri sera, una volta a casa ho fatto pure le tagliatelle. Ero (inaspettatamente) animata e operosa.
Stasera striscio: doccia bollente, un asciugamano in testa, la maglia preferita addosso. Ordinerò qualcosa dagli amici albanesi che riconoscono la mia voce al telefono.
"Buonasera..."
"Ehi ciao! La solita pomodorini e rucola?"
Come dire, mi piace la pizza.
Medito sui regali di Natale e cerco di prendere atto che non troverò mai il tempo per dedicarmi agli acquisti. Inutile che me la racconti.
E poi, fondamentalmente mi pare una gran cagata. Comperare intendo, imbottigliarmi nel traffico, cercare parcheggio, dribblare famiglie festanti alle casse.
Farò una montagna di dolcetti e li insacchetterò. Scriverò un bel biglietto: un pensiero diverso per ogni persona amata.
Sì, proprio così.

domenica 15 dicembre 2013

A te


Sa di te il colore di questa stanza.
Sa della tua voglia di ballare scomposto.
Hai un guscio liscio di nocciola: nessuno mai penserebbe.
Che dentro, appena sotto, tu abbia tanto profumo. E gusto di miele, di pesca, di caffè.
Da dove vieni, occhi di bosco? Capelli bradi e aspri, che strada avete fatto?
Mi dici "porti la luce", invece non sai che ero cieca. 
Il tuo dito a mostrare una rocca, un frassino, il profilo acerbo di monti giovani, che portano nomi antichi. Hai acceso prima il fiume, poi le cime, poi un villaggio di fienili vecchi. Clic, clic, clic. 
E adesso, tutto attorno freme dolce, come di candela.
Chissà perchè crediamo che simulare le perdite possa salvarci dal subirle. Così io provo a pensare cosa sarei, senza quelle luci. Senza quel dito che desta il mondo, per me.
Cieca sarei, ancora cieca. Ma almeno, saprei immaginare la bellezza.

venerdì 13 dicembre 2013

Pezze e pezzi


Accade che qualcuno da lontano ci guardi, ci salvi dagli inciampi, ci inviti a volgere lo sguardo, ci accarezzi? Che - impegnati a fare nulla, nel nulla - ci vengano offerti doni speciali, opportunità inattese, presenze luminose?
E' stupido pensarlo?  Non so. Non sarebbe neanche da me spaziare nel metafisico.
Eppure mi capita, adesso voltandomi appena, e guardando le cose da sopra una spalla, di chiedermi chi, o che cosa, mi abbia guidato pelle, scarpe, ossa, denti, parole, fino qui.
Perchè ora, che ho messo un po' di spazio fra me e questo pezzo di Storia, vedo così tante coincidenze, da far paura. Luoghi, persone, fatti, che si sono collocati, sovrapposti, che in qualche modo, attaccati ad un invisibile filo, si sono pescati, uno via l'altro.
Ero lì, ed ho visto, sentito, capito. Ho guardato dietro porte socchiuse mondi che mai mi erano appartenuti. Ho varcato la soglia, a volte.
E tutto, proprio tutto mi si è cucito addosso, come il vestito nuovo di un arlecchino nudo.
Ora me lo liscio con le mani e sorrido grata, ad ogni ritaglio.

mercoledì 11 dicembre 2013

Aria di festa e di pensieri

Cara Santa Lucia, cosa fai di mestiere quando non fai la Santa?
(Gabriele, 6 anni)


A scuola è stato proposto il tema della pace, come sfondo alle attività dicembrine.
La pace. 
Quale?
Tendenzialmente mi piace lavorare con i bambini sul concreto, il vero, su quello che vedono e toccano. 
T. ha i genitori che si stanno separando. Ne ha parlato davanti ai compagni, piangendo.
F. e G. litigano sempre, furiosamente. Tocca mediare, intervenire, affinchè non vengano alle mani.
Per le via del centro hanno visto il "popolo dei forconi" chiede attenzione: l’oppressione fiscale, la perdita dell'impiego e la chiusura delle aziende rappresentano una violazione dei diritti umani e della dignità della persona. 
Le televisione accesa mentre la mamma prepara il minestrone, racconta loro che in Argentina (come ci ricorda diamanta) è nuovamente tempo di scontri e conflitti.
Allora, non è finto, retorico, nonchè melenso e stucchevole parlare di pace?
Ho rivisitato il tema, a modo mio. Stiamo leggendo "Per questo mi chiamo Giovanni", la storia di una guerra sempre aperta, di un mostro sempre vivo, e di gente coraggiosa, forte, che quella pace prova a conquistarla.  Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini. (Giovanni Falcone)
Accade qui, nel paese loro, a famiglie come le loro.
Li vedo prendersi e imprestarsi parole, discutere, seduti in cerchio intorno alla rabbia che viene dal subire, alla voglia di farsi sentire e dire.
Puliti, trasparenti, accesi. Sanno chiederla, la pace che gli spetta.

Ci sono stati uomini che sono morti giovani
Ma consapevoli che le loro idee
Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole
Intatte e reali come piccoli miracoli
Idee di uguaglianza idee di educazione
Contro ogni uomo che eserciti oppressione
Contro ogni suo simile contro chi è più debole
Contro chi sotterra la coscienza nel cemento

lunedì 9 dicembre 2013

Nonna Roverella

La roverella di Plessiva - foto di Gioia
Allora ieri, col mio Peugeot come sempre carico, si è andati alla ventura.
Quattro passeggeri, i viveri di conforto, i giubbotti ammassati, alcune guide e riviste utili alla ricerca.
Perchè, messa da parte l'idea di raggiungere i monti (viste le condizioni meteo), mi era venuta una gran voglia di abbracciare un albero. Ma non uno qualsiasi.
Così, via in mezzo alle vigne. 
Il librone ci indicava due monumenti naturali: un cipresso di 440 anni ed una roverella di oltre due secoli. 
Ma ecco che il vecchio cipresso, di una bellezza struggente, sembrava mettere una grande distanza tra sè e le miserie umane. Se ne stava lì, splendido e austero, a dire tutta la mia pochezza.
Non voleva essere abbracciato.
Poi però, la roverella. Così maestosa e così umile. Così elegante e così semplice. Una gran dama vestita da plebea, che ha attraversato il tempo.
E mentre la Giuli si faceva raccontare la sua storia di fronde, d'arme e d'amori, io poggiavo faccia e mani su quella pelle coriacea di nonna.

sabato 7 dicembre 2013

Choice


Lui, lei, l'altra. Gli altri.
Lui: quarantenne intelligente e carino. Fa il lavoro che ha sempre sognato, all'aria aperta e con grande impegno.
Lei: simpatica compagna (e collega, in altra sede) del sopra citato Lui, nonchè madre dei loro due figli.
L'Altra: giovane amante (e collega, nella stessa sede) del sopra citato Lui. 
Gli altri: sanno. Tutti sanno. E si chiedono "come mai Lei non lo sa?"
Visto che i due innamorati, quando sono in servizio assieme, a stento trattengono mani e occhi.
La sede di Lui e dell'Altra dista pochi chilometri da quella di Lei. Spesso vengono organizzate attività comuni. Come è possibile, che Lei non veda?
E' da ieri che ci filo sopra. Sul perchè queste storie di ordinaria infedeltà mi lascino un fondo di angoscia.
Forse perchè c'è stato un tempo in cui ho indossato i panni sgualciti di Lei. 
Un tempo in cui ho vissuto codarda, come Lui. 
Poi sono stata l'Altra, quella stronza per definizione.
Quindi, provo solo una pena infinita. Senza giudizi e sentenze.
Solo un pensiero. Viene il tempo delle SCELTE. E pare impossibile, ma quello è il tempo della vita.

giovedì 5 dicembre 2013

D'amore e di promesse


Sposo o sposa: dal latino SPONSUS, participio passato di SPONDERE, rispondere, promettere.
Promettere: dal latino PROMITTERE (pro: avanti + mittere: porre).
Ci ho ricamato alcuni pensieri, in questi giorni di coltri.
Mi piace immaginare che lo sposo si impegni a mettere sempre l'amato/a davanti a sè. Attenzione, non sopra di sè: davanti, di fronte. Non dimenticando sè stesso, o rinunciando a quello che è. Semplicemente guardando l'altro, il suo essere, il suo mutare.
Niente sacrificio, solo amore. Niente perdita, solo dono.
Amo la parola "sposo/a" quanto mi disturba la parola "matrimonio" (mater, madre, + munus, compito), che già si porta appresso tutta una serie di ingiunzioni. Per non parlare dei vocaboli "marito" e "moglie": etimologicamente lui indossa semplicemente i pantaloni (maris, maschio) e lei si rimbocca le maniche e munge le vacche (mulier-mulger-mulgeo). Vabbè.
Lo sposalizio invece non vuole funzionari, nè firme. Non chiede giuramenti, testimoni, abiti, luoghi consacrati dalla mano dell'uomo.
Basta dire "io ti sposo", in una cattedrale deserta di foglie e silenzi.


La pioggia è il tuo vestito. 
Il fango è le tue scarpe.
La tua pezzuola è il vento.
Ma il sole è il tuo sorriso e la tua bocca e la notte dei fieni i tuoi capelli.
Ma il tuo sorriso e la tua calda pelle è il fuoco della terra e delle stelle.
(Corrado Govoni)

mercoledì 4 dicembre 2013

Flu







Eh, gli alunni hanno colpito e affondato 'sta volta.
Ne approfitto per recuperare energie, 
se riesco a star ferma.
Baci.

lunedì 2 dicembre 2013

10 cigarettes

Ho ridotto drasticamente il numero delle sigarette.
Senza sforzo, è venuto da sè.
Parallelamente ha preso forma la necessità di fumare nei luoghi giusti. Come dire, non si tratta più di un nervoso aspirare e bruciare. Mi serve un po' di contesto.
Allora, ecco gli spazi in cui consumo le prime due sigarette della giornata. Mi scuso per la qualità delle immagini: il mio cellulare fa quel che può.
Il primo luogo è l'orto (ormai a riposo) della mia scuola al mattino, bagnato di brina e dolcemente accarezzato dal sole. A seconda delle condizioni atmosferiche posso scegliere di sedermi sotto gli alberi, su un bel sasso, presso la tettoia insieme al pavone (e al cigno Romeo, quando si fa vivo).


Allla seconda cicca regalo un tempo più disteso. Mi accomodo in un piccolo parco giochi sulla strada di casa, con belle panchine di legno grezzo. Venerdì ci svolazzava una tenace farfalla.


Di solito a quell'ora la mia testa è satura di rumore, parole, presenze.
Maestra, lui mi ha preso la penna!
Maestra, devo andare a capo?
Maestra, mi fa male un dente. 
Maestra, posso raccontarti una barzelletta?
Cose così. Ci vuole un po' per tornare lucidi nel mondo.