sabato 30 giugno 2012

Rivelazioni


Allora, ancora su "Le braci".
Nella classifica dei dieci libri più belli, lo metterei al terzo o quarto posto. Era da una vita che non provavo la sensazione di sentirmi orfana, all'atto di riporre un volume concluso nella libreria. L'ho accarezzato, guardato, riguardato e poi mi sono decisa a posarlo.
Non è un libro, è una terapia. E' calarsi pian piano dentro, come farebbe un bravo speleologo, con leggerezza, ma determinato a scendere, a studiare ogni anfratto.
E ci sono risposte. Squarci di verità, ad ogni pagina. L'ho tutto crivellato di post-it.

Cos'è la fedeltà, e possiamo imporla alla persona che amiamo, pur desiderando solo di vederla felice? La fedeltà non è forse una sorta di terribile egoismo e vanità, come lo sono la maggior parte delle esigenze umane? Quando esigiamo fedeltà, come possiamo volere che l'altra persona sia felice? E se non riesce a sentirsi felice nella prigionia della fedeltà, e continuiamo a tenervela rinchiusa, possiamo forse dire di amarla?

Bauli da viaggio

Sono una donna un po' atipica. Nel senso che farò quindici giorni di Grecia con l'unica consolazione di un magrissimo bagaglio a mano. Otto chili di bagaglio a mano per quindici giorni di vacanza.
Phon, scarpe, libri da leggere, telo mare. E già qui, è andato mezzo bagaglio.
Ora, come fare con tutto il resto?
Tre magliette, tre gonnelle, tre abitini, tre costumi. Tutto leggero e fresco, da lavare la sera e indossare al mattino.
Mi serve altro? No.
Va là, che riesco ad infilare anche un altro libro.

venerdì 29 giugno 2012

Le braci

Mi avevano detto che Marai raccontava la passione, il sentire del corpo. Mi avevano detto che ti portava altrove, in luoghi scuri o incredibilmete luminosi. Io in questi giorni, lo tengo con me, incapace di lasciarlo andare...

Era l'istante in cui la notte si separa dal giorno, e il mondo di sotto da quello di sopra. E forse ci sono altre cose che si separano. L'istante in cui la profondità e l'altezza, la luce e l'oscurità si toccano ancora nel mondo e nell'animo umano, in cui i dormienti si svegliano di soprassalto dai loro sogni pesanti e tormentosi, e gli ammalati sospirano profondamente perchè avvertono che l'inferno della notte è terminato e sta per cedere il posto a una sofferenza più articolata. Il giorno, con la sua luce e le sue regole, districa e ricompone tutto ciò che nell'oscuro caos della notte era apparso come desiderio convulso, assillo segreto, passione delirante.

...la passione non si piega alle leggi della ragione, non si cura minimamente di quello che riceverà in cambio, vuole esprimersi fino in fondo, imporre la sua volontà, anche se in cambio non ottiene altro che sentimenti mansueti, amicizia e indulgenza. 
Ogni vera passione è senza speranza, altrimenti non sarebbe una passione ma un semplice patto, un accordo ragionevole.

(Sandor Marai, Le braci)

giovedì 28 giugno 2012

Paradiso privato

Esiste. Esiste davvero.
Privato non è, ma è di pochi.
Ci si può immergere, in pozze fresche e limpide.
Oggi una brezza leggera, che dal campanile scendeva, lambiva gli orti e mi spettinava i capelli.

Sarebbe bello

Ieri ricevo una mail da un'amica. Un'amica bella, realizzata, dolcissima e forte, ma alla quale manca uno sguardo speciale, che specchia e riempie.
Sarebbe bello, un giorno, poter avere una possibilità...la possibilità di incontrare quell'uomo dei sogni che ti riconosce e ti sorride...ti prende per mano, ti accarezza una guancia e i capelli, ti sistema la gonna... Perchè era te che aspettava, nessun altra. 
E così, insieme, parlare, ridere, piangere, raccontarsi, come viene, in modo semplice, chiaro, unito. 
E poi, insieme, stare in silenzio, perchè anche il silenzio può essere pieno e parlerà, di sicuro parlerà. 
E poi, insieme, fare l'amore, quello vero, quello unico, quando due corpi scoprono la magia di parlare la stessa lingua. E ci si entra dentro, ci si confonde, ci si appartiene. E si è talmente felici, appagati, che ti senti invincibile, con una forza che potrebbe farti superare ogni prova su questa terra e anche dopo. E ti sembra davvero di scoppiare, di perderti nella gioia, nell'amore...
Una possibilità, di quelle che non lasciano tempo alle riflessioni, ai se, ai ma hanno già in sè tutte le risposte.
Piccola, te lo auguro con tutta me stessa.

mercoledì 27 giugno 2012

Arte


Oggi preparavo del materiale per il prossimo settembre.
Ho stampato delle immagini: Kandinsky, Mirò, Pollock, Haring, Mondrian, Picasso. E altri. Colori decisi, forme non convenzionali. I bambini potranno ispirarsi alle immagini, accompagnarle alla musica e decidere se reinterpretarle attraverso le parole o il pennello.
E mentre ritagliavo ricordavo due bambini, intenti a disegnare.
La bambina allontana da sè il foglio, lo osserva e mi guarda. 
"Ti piace maestra?"
E' davvero bellissimo.
Mai dire "bravo", perchè li legherai al tuo giudizio. Mai dire "e tu cosa ne pensi?". Non sono stupidi.
Così mi avvicino e constato. 
"Hai usato il giallo con il verde. Hai voluto creare una sfumatura qui. Sembra che siano veri questi occhi".
La bambina annuisce, soddisfatta.
Allora aggiungo "anche il tuo papà è un disegnatore...forse gli assomigli un po'".
"Sì", dice lei "io mi metto sempre vicino a lui quando disegna".
Noto quindi il secondo bambino che, dopo aver seguito attento la conversazione, guarda bene il suo disegno e confronta. 
"E il mio maestra, ti piace?"
Mi avvicino. E lui, senza darmi il tempo di rispondere, aggiunge svelto: "mio papà non disegna e neppura mia mamma, sai maestra?"

Volare

Le cose che ci donano gioia.
Quelle che inaspettatamente fanno luce su un particolare. Un libro aperto, un profumo leggero, un viso trattenuto fra le mani, un ricordo.
Quanto costano le cose belle? Tanto. Ho speso sempre molto per averle.
Eppure, ancora spenderei, e ancora darei tutto ciò che ho. 
Sono così io, non so misurare. Un ancoraggio leggero a terra, un filo che mi trattiene appena alla materia.
E poi via.
Sentire, assaporare, aprire gli occhi.


martedì 26 giugno 2012

Tu mi porti su

Entro un'ora dovrei applicarmi: la quotidiana sessione di sport & fitness mi attende.
E non ho voglia.
Sarei tentata dal terrazzino, che ammicca, ombreggiato e ventoso. Libro, aranciata e terrazzino.
Che poi oggi, non c'è neppure la scusa del caldo. E no no, mi tocca.
Accidenti, il telefono.
Non rispondo, altrimenti non inizio più.
E se fosse una cosa importante?
No guarda, no. Mi metto questa meraviglia e parto. Sì sì.



lunedì 25 giugno 2012

Semaforo

Sono ferma al semaforo, eterno. Spengo la macchina, abbasso il finestrino.
Piccolo siparietto alla fermata del bus.
Un ragazzo di colore sui vent'anni, iPod a palla e auricolari fosforescenti, muove la testa a ritmo di musica, lo sguardo fisso sul traffico in arrivo e in partenza al semaforo. 
Alla sua destra, due mamme chiacchierano in una lingua slava osservando i loro bambini: un maschietto che sta muovendo i primi passi e una femminuccia scarmigliata che fa di tutto per metterlo a terra, appena lui tenta di rialzarsi. Autonomia e autogestione. Legge del più forte. Le mamme, placide e sorridenti li tengono d'occhio ma non intervengono mai. Fantastico.
Una vecchina bianca bianca e completamente senza denti, ride scomposta battendosi la mani sulle ginocchia ogni volta che il piccolo finisce per terra. Si diverte un mondo.
Però vorrebbe condividere questa cosa con qualcuno. Così si avvicina al ragazzo di colore, gli parla, gli indica i bambini, ma quello non sente. Allora la vecchina gli si piazza davanti e il ragazzo è costretto a sfilarsi gli auricolari. La guarda basito. Lei (in friulano e senza l'ausilio indispensabile dei denti), lo invita a guardare, con grande dispendio di gesti ed espressioni.
Al ragazzo non restano alternative. Dapprima si rassegna, poi gli scappa un sorriso. Infine offre una caramella ai bambini, partecipe ed intenerito.
E meno male che non siamo tutti uguali.

domenica 24 giugno 2012

Nonni

La mia nonna si chiamava Felicita. L'altra, Amelia, è ancora un'ottima compagna di chiacchiere: conversa, ascolta, partecipa. E soprattutto è la nostra memoria. Ricorda il mio primo passo, la mia prima parola, la volta in cui, a sei anni, mi decisi a scappare di casa con una valigia di vernice nera.
Felicita, la mamma del papà, era una bella donna energica, il cui padre gestiva l'osteria del paese. La chiamavano "la grise", la grigia, per il colore dei suoi capelli: biondo cenere.
Conobbe il nonno Giovanni, un piemontese distinto e molto colto per l'epoca, mentre questi serviva la patria nel paesello della nonna.
La leggenda familiare narra che "la grise", affacciata al balcone, stava osservando con le sorelle la truppa in marcia. Pare che Giovanni, come rispondendo ad un silenzioso richiamo, alzò gli occhi, incontrando quelli azzurrissimi di Felicita. E fu amore.
In realtà si trattò di un matrimonio travagliato. Il nonno era un nobile mancato, figlio di proprietari terrieri caduti in disgrazia. Aveva fatto il liceo classico, e per tutta la sua esistenza sognò una vita diversa da quella stretta e stentata in cui si ritrovava. La nonna invece, di origini semplici, aveva diviso il pane con dodici fratelli e si accontentava di poco. Una gonna di panno che allargava e stringeva alla bisogna, un burro cacao rosato, un tocco di acqua di mughetto sui polsi. 
E lui, a sognare algide e perfette bionde con i capelli a onda, altezzose quanto basta per essere desiderabili.

sabato 23 giugno 2012

Albergo Europa

Quante foto! Mi sono riempita il cuore e gli occhi.
Era da un bel po' che non trovavo un gioiello simile.


 Albergo Europa, chiuso e in abbandono dai primi anni settanta. Si può entrare, da un cancello laterale che sembra l'ingresso ad un paese incantato.


Dentro, quel solito abbandono che mi riempie di stupore e che mi porta lontano. Chi c'era qui? Chi ha usato quesi oggetti?


Davvero, anche questa volta. Anche questa volta la sensazione che qualcuno fosse passato a preparare un set per me. Tutto così reale e vero. Tutto così rumoroso di vita e voci.
Una mano gentile. Che dispone, sposta, mette ogni cosa nella giusta luce.


Cenerentola

Gita in Austria.
Localino minimal con cibo poco minimal.
Birra fresca e leggera.
Piccolo tour per incantarmi un po'.
Non ho comperato, solo fotografato!
Ma da quando mi è venuta questa passione per le scarpe con il tacco? Da quando?
Io, che fino all'altro giorno optavo per le praticissime scarpe da running, per le comodissime ballerine rasoterra, per le freschissime infradito di cuoio, ora mi cimenterei su questi meravigliosi esempi di scomodità e impraticità.
La cosa comica, sulla quale dovrei riflettere, è che ci cammino bene, come se non avessi mai fatto altro nella vita.

Scoprirsi

Sono sempre un po' reticente a scoprire le gambe. E' come se dopo un lungo inverno nascoste sotto lanose stoffe e cappotti pesanti, si facessero un po' timide. Le assecondo, mettendo i jeans anche quando fa caldo. Ma in questi ultimi giorni, non era pensabile.
Stasera volevo uscire, ne avevo un gran bisogno. In sella alla bicicletta, ho raggiunto il centro. Profumi che saziano...tiglio, carni alla brace, erba appena falciata.
Ho viaggiato, alla scoperta dei luoghi che sono stati testimoni di malefici ed amori. “Sante e birbanti: giri e raggiri per Udine di notte”.
La mia città, l'aria fresca della sera (qualche lampo all'orizzonte), la voce dolce della guida che narrava storie d'amore e tenebra. La vicenda della bella Giulia Antonini che asserì la propria libertà di scegliere chi amava. Donna tosta.
E io lì, con le mie gambe affacciate al mondo.

venerdì 22 giugno 2012

E' ora

There is a pleasure in the pathless woods,
There is a rapture on the lonely shore,
There is society, where none intrudes,
By the deep sea, and music in its roar:
I love not man the less, but Nature more.

(Into the Wild)
Secondo me i tempi sono maturi. E' arrivato il momento di costruire quel viaggio.
Un paio di anni fa ci avevo pensato, ma non ero pronta.
Pare che in Togo un'asssociazione locale abbia avviato un progetto scolastico. Cercano insegnanti. 
Due mesi, solo due mesi. Per dismettere degli abiti, delle usanze, dei cibi. Per dimenticare la paura che può fare vivere.

giovedì 21 giugno 2012

Viandanti

E' incredibile come la nostra natura sia orientata a conservare.
Nonostante si vivano costanti trasformazioni (tutti i gesti e tutte le parole producono reazioni) e il nostro corpo si modifichi ogni minuto, noi vogliamo conservare.
Ci ancoriamo saldamente a quello che c'è, immaginando di essere plasmati sulle cose che ci appartengono e a cui apprteniamo. Ma ci appartengono? E noi apparteniamo loro?
Un'amica mi parla del suo bisogno di mutare. Pelle, orizzonte, luogo. Attende una benedizione, o semplicemente un sorriso di incoraggiamento. E a me non riesce. Ci provo, so che dovrei, ma d'istinto, di pancia, mi viene da metterla in guardia. Insidie, solitudine, paura. Contro curiosità, vita, sguardo che spazia.
Poi di colpo, un'immagine. Il maestro Paolo, che suona la chitarra in classe, durante l'ora di religione. Io avrò nove anni.
Imbraccia la chitarra, ci sorride e attacca il brano. Ventiquattro grembiuli blu immobili.
"Abramo non andare, non partire, non lasciare la tua casa, cosa speri di trovar?
La strada è sempre quella, ma la gente è differente ti è nemica, dove speri di arrivar?
Quello che lasci tu lo conosci..."
Eccolo là. Fin da piccoli ce lo dicono. E io del maestro Paolo ero anche innamorata. Come non credergli?

mercoledì 20 giugno 2012

Scuola primitiva

Le insegnanti che hanno esaminato i nostri bambini e li hanno poi ritenuti idonei, si sono complimentate. Molto.
"Sono fortunati", mi dice una maestra pacata e tranquilla, "frequentano una scuola che dà loro tante possibilità".
E mentre Filippo sciorina allegro i periodi dell'era Paleozoica come fossero una filastrocca (Cambriano, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano, Carbonifero, Permiano...), Lucia sorprende la commissione spiegando perchè  l'uomo di Neanderthal si è estinto. Otto anni. Ben portati.
Li guardo e mi chiedo: "ma non dovrebbe essere sempre così la scuola?"

Due cose

Una cosa bella e una cosa strana.

Ieri sera, stanca, accaldata, satura di "se" e di "ma", ho ricevuto una bellissima telefonata.
Quando una persona amica ti chiama dalle vacanze, e ti dice solo: "stavo guardando il mare, godendo del tramonto, e mi è venuta una gran voglia di salutarti e raccontartelo", tu che pensi?
Io ho pensato che sono fortunata.

Stamattina sono andata in un magazzino all'ingrosso. In realtà, scopro che si tratta di una specie di Chinatown insalubre e con un tremendo effetto serra.
Un capannone enorme, puntellato di botteghini tutti uguali, in cui giovani famiglie combattevano il caldo davanti ai ventilatori. Puzza di petrolio da togliere il fiato. Bambini in canottiera seduti sui banconi, sudati, tutti a guardare il medesimo programma in lingua cinese. Con lo stesso sorriso di quelli che se ne stanno al parco, o in piscina, inseguiti dalle nonne, dai cappellini col frontino e dalle creme solari.

martedì 19 giugno 2012

Le domande

Avevo questo in testa oggi. Questo.
Accadono cose che sono come domande.
Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.
E pensando a me, alle  persone incontrate, alle storie vissute, ai sogni sognati, mi sembra così calzante e vero. Ma devi prestare orecchio, altrimenti non sentirai la domanda. E non accoglierai la risposta. 
Però è anche vero che bisogna essere pronti per accogliere risposte. Tocca avere la mente sgombra, essersi lavati i denti, tenere lo sguardo dritto avanti.
Altrimenti, distratti e leggeri, o troppo irruenti e inadeguati, ci si lascia portare. E chi si fa portare, si volta sempre indietro.
Invece la vita vuole le nostre parole. Le parole devono salire dal profondo, devono piantare le radici dentro e uscire fresche e verdi dalla nostra bocca. Scandite, con il sorriso.
Sì. No. Sono pronta. Non lo sono.
E se quella è LA rispostra, va bene così. Perchè ci appartiene. La vita saprà aspettare. Oppure no.

Devi solo respirare


Forse le cose stanno esattamente così: quelli che vale la pena di amare veramente sono quelli che ti rendono estraneo a te stesso. Quelli che riescono a estirparti dal tuo habitat e dal tuo viaggio e ti trapiantano in un altro ecosistema, riuscendo a tenerti in vita in quella giungla che non conosci e dove certamente moriresti se non fosse che loro sono lì e ti insegnano i passi, i gesti e le parole: e tu, contro ogni previsione, sei in grado di ripeterli.
A. Baricco (dalla prefazione del libro Chiedi alla povere di John Fante)

domenica 17 giugno 2012

A squarciagola


Dimmi baby, qual è la tua storia?
da dove vieni?
e dove vuoi andare questa volta?
dimmi, amore, sei sola? 



Ma quanto sono bravi?

Sentieri

Non è poi così vero che si desidera ciò che non si è mai avuto. Quando si sta male, si preferisce ciò che ci appartiene da sempre. Ogni vittima tende a riproporre gli schemi del proprio passato.
(M. Gramellini, Fai bei Sogni)
Leggevo, e la sensazione è stata di un vuoto improvviso allo stomaco. Sono cose che sapevo, certo. L'osteopata stesso, mi diceva che il corpo sceglie d'istinto ciò che è sempre stato, non ciò che è meglio per lui. Percorre strade battute, e ci vuole grande impegno, intenso sforzo, per indicargli altri percorsi.
Magari desideriamo, allunghiamo il collo per vedere, proviamo a mettere su un'altra faccia. Ma al primo inciampo, ecco che ricacciamo la testa per ritrovare quel doloroso senso di certezza.

venerdì 15 giugno 2012

Per i colli

Dopo tanti anni, ho ripercorso quella strada che mi portava tra le colline moreniche, con la pioggia, con la neve, con il sole.
Che bella emozione.
Il laboratorio di recupero e integrazione non c'è più, lo sapevo già. Mi sono fermata nello spiazzo e ho chiuso gli occhi.
Ecco il pulmino che arrivava carico, ecco i ragzzi scendere, uno ad uno. Luigi spettinato e affettuoso, Loredana enorme e sorridente, Sulvan dal cuore di burro. Ragazzi che finiscono per non godere mai del privilegio di non esserlo più. Ragazzi per tutta la vita.
La falegnameria era il mio regno. Ventidue anni, una valanga di riccioli, fard e schiocchezze: tutto spazzato via dall'incessante andare della pialla, dalle crisi di Marco che si strappava i capelli a ciocche, dalla gioia di Angelo quando gli chiedevo di verniciare un pezzo. Lì sono diventata grande.

giovedì 14 giugno 2012

Tra libri e cuore

Nella libreria c'è una foto.
Una foto della mia mamma con me.
Lei scura e bellissima, io bionda e sognante.
La foto, come sempre accadeva, l'ha scattata papà Franco.
E' come se non sapessi ricucire, a ritroso, tutti i passaggi. Cosa c'era prima, e prima prima, e prima ancora, fino ad arrivare lì. In braccio alla mamma, con il dito in bocca, così abbandonata.


Crocchia

La coppa era eccezionale. Al caramello. Con i croccantini e il gelato alla Nutella. Da morire.
E noi eravamo belle. 
Ho indossato la gonna bianca e verde mela fatta da me, i sandali alla schiava.
Ci siamo raccontate cose. E quel dire a metà, mentre l'altra conclude la frase, perchè capisce subito, all'istante, cosa vuoi dire. Ridere prima che ci sia da ridere. 
Quanta vita abbiamo condiviso, amica mia?
Ti ho ringraziata, appena arrivata a casa, per esserci, con il sorriso e con le lacrime. Ti ho detto che sarebbe bello crescere e invecchiare assieme.
Tu mi hai mandato un messaggio, nel tuo stile.
Un giorno saremo due splendide vecchine con la crocchia in testa. 
E io sottoscrivo.

mercoledì 13 giugno 2012

Abito

Mentre la nostra Scuoletta cambia faccia, dimensioni, colori; mentre gli operai abbattono muri e la polvere si posa sugli scatoloni con i libri, i quaderni, i pennarelli rosicchiati, io mi commuovo.
Penso a cos'è stata questa scuola per me. A cosa sarà.
Oggi con Marco, che non è solo il presidente di questa carovana di genitori, maestre, bimbi, ma è anche un caro amico, si ricordava.
Quanto era stato difficile trovare quattro mura per metterci dentro due banchi. Quanti vincoli, problemi, quante le persone perse e quelle incontrate.
Ricordavamo, chiacchierando al sole, l'impegno, la passione, il cuore.
Questa scuola, che ci ha cambiati così nel profondo.
Sicuramente per me ha rappresentato una svolta. Un passaggio, attraverso una porta che mi ha obbligata a cambiare forma, gesti, sguardo. Abito.
E quando ti è richiesto un cambiamento così profondo, non è che quell'abito nuovo lo lasci lì, sulla cattedra, o sull'appendino del cappotto, al suono della campanella.
L'abito lo indossi anche a casa.
E io ci stavo bene, mi faceva vedere meglio le cose. Tutto era più intenso e vivo. Nuovo.
Eppure, una dopo l'altra tante altre cose si sono spostate. Come se il semplice cambio d'abito avesse imposto al mondo intorno a me di sistemarsi.
Immagino di essere al centro della stanza, con un vestitino vintage.
Lo indosso e subito tutto si mette in una nuova prospettiva. La tv con lo schermo piatto, il Mac bianco sul tavolino, le sedie rosse dell'Ikea.
E non è facile, davvero, che le cose trovino il posto giusto.


lunedì 11 giugno 2012

La pineta

Nessuna pietà ha detto.
L'ho sentito, ha detto così.
Nessuna pietà per uno sporco bastardo.
Allora sono sceso attraverso la pineta, e lui dietro. Ma io sono rapido, agile, secco, io sono di nervi e ossa. Così mentre lui urla, e arranca, io giù, giù per la pineta. Mi sono infilato nella rete, c'è un buco.
A quest'ora la spiaggia sa raccontare. Non è trasudante, calda, satura di corpi, di odori, che coprono spazi e profumi.
Annuso beato.
Non so se mi piace questa distesa d'acqua. L'ho leccata, tempo fa, e il suo sapore è troppo pesante e antico. Non fa per me.
Però ho rincorso un bastone liscio e levigato che una mano amica (la stessa che poteva posarsi lieve o dura sulla mia testa sollevata in devota attesa) lanciava, sempre più lontano. E ho saputo correre, nuotare, accecato dal sole, gli occhi fissi su quel bastone, fino a prenderlo fra i denti.
Bravo cane, bravo. Tutto lì. E io appeso, appeso alle parole, ai gesti.
Stupido cane.
Le zampe sulla riva: la sabbia spessa, bagnata si attacca al mio pelo ispido e sporco. Gratta via.
Le zecche. Mordaci, affamate, cattive. Le tante pulci, raccolte nell'aia di quella cascina, lungo la statale. Hanno anche sparato una sera, pensavano fossi una volpe, forse una faina.
Non resisto alla tentazione di stendermi sulla schiena, di impastarmi il muso, il costato secco, esposto.
Certo, ora però dovrei lavare tutto via. E io non faccio più cose da cani felici.
Entro in acqua discreto, mi guardo attorno, non voglio essere visto. Solo fino là, fino al cartello storto, poi torno indietro.
Muso alto, zampe in movimento, senza tregua, andare e tornare.
Eppure la sento quest'acqua che lenisce, che accarezza, abbraccia, solletica.
Vai, cane, torna indietro! Andare e tornare, non sentire, solo lavarsi.
Una scrollata veloce, da cane selvatico, per nulla ingentilito, per niente umanizzato. Uno sporco bastardo, aveva ragione quello.
Ora di andare, in una luce gialla e spessa che cambia faccia a questa pineta asciutta. Pare quasi bella.
Una zampa via l'altra, annuso e annuso ancora seguendo una traccia di piscio e malinconia.

domenica 10 giugno 2012

Ballare

Ascoltavo questa bella canzone e come capita, mi è venuta una voglia matta di ballare. Ballare come si deve. Cioè quando ballo tutta, dai piedi, alle ginocchia, al bacino. Poi più su, il busto, le braccia. La testa.
Ballare per me ha qualcosa di catartico:  fa piazza pulita, mi permette di vedere meglio le cose.
Scalza, gli occhi chiusi, ho lasciato che facesse tutto la musica.
Altrochè corso di ballo. Quando ci andavo mi guardavo i piedi e contavo, per paura di sbagliare. 
Un du tre, quattr cinq sei.
E no, il ballo è libertà.

Della serie...sempre bellissime.

Ti sento... nell'aria che è cambiata
che anticipa l'estate
e che mi strina un po'
Io ti sento... passarmi nella schiena
la vita non è in rima
per quello che ne so.

Ti sento... nel mezzo di una strofa
un pezzo che era loffio
e adesso non lo è più
Io ti sento, lo stomaco si chiude
il resto se la ride
appena ridi tu

Qui con la vita non si può mai dire
arrivi quando sembri andata via
Ti sento dentro tutte le canzoni
in un posto dentro
che so io...

Ti sento... e parlo di profumo
t'infili in un pensiero
e non lo molli mai
Io ti sento... al punto che disturbi
al punto che è già tardi
rimani quanto vuoi

Qui con la vita non si può mai dire
arrivi quando sembri andata via
Ti sento dentro tutte le canzoni
In un posto dentro
che so sempre io.....
. . . . . .

Io ti sento...
c'ho il sole dritto in faccia
e sotto la mia buccia
che cosa mi farai...

sabato 9 giugno 2012

Un'estate tira l'altra

L'anno scorso in Toscana.
Bicicletta, spiaggia libera, schiacciata al pomodoro e con i fiori di zucca. Ulivi e ulivi a non finire, la piazza del Palio, i vicoli di Lucca, un vestitino azzurro.
Due settimane fa ho prenotato il volo per la Grecia. Ma varrà quanto la mia Toscana?
Ero ad Atene quando ho compiuto otto anni. C'erano i miei genitori in aria di separzione e altri amici, colleghi dell'università di papà. Claudio, barba scura e occhi celesti, bellissimo. Mara, dalla voce roca, accanita fumatrice. Vangelis, il padrone di casa, baffuto come si conviene ad un greco doc. La dolcissima Irene, che se n'è andata troppo presto.
Ricordo la calura, le locande del porto che servivano l'ouzo e il mio piglio deciso nel chiedere "parakalò nero", quando volevo un bicchier d'acqua.
Fra un mese ci torno. Chissà se il mare è sempre quello. E il sapore dell'anice.
Voglio solo stare stesa al sole. Leggere, mangiare koriatiki e nuotare. Nient'altro.

Amica luna

A volte mi è capitato.
Di non dormire.
Ma quelle poche volte sono ben incise. Perchè il corpo è stanco, gli occhi si chiudono e bruciano e chiedono tregua. Invece la testa continua a far scorrere immagini. Passano cose che richiedono uno sguardo, un'attenzione. Ricordo parole dette, spezzoni di discorsi, che suonano, come vivi.
E i volti, i sorrisi, le espressioni.
Mi addormento solo per sfinimento, nel cuore della notte. Ma basta un rumore, uno scricchiolio, ed ecco che la mente si desta, arzilla e pronta a riprendere un filo, là dove lo aveva abbandonato.
Va così da qualche giorno. Però stanotte mi sono alzata.
Ho preso una coperta e mi sono seduta sul divano, davanti alla finestra del salotto. C'era la luna, alta e sola in mezzo al nero. E' stata lei, candida, calante ma ancora piena di luce, ad accarezzarmi. Una di fronte all'altra ci siamo guardate a lungo, commosse. E non so come, davvero, si sia portata via ogni pensiero.

venerdì 8 giugno 2012

Diesel

Faccio sempre benzina in un piccolo distributore. La proprietaria, nonchè unica lavorante, è una donna energica, massiccia, senza alcun vezzo. Parla in friulano e se non capisci, sono affari tuoi.
Ormai siamo intime e ci diamo del tu. Mentre spilla il diesel intavoliamo conversazioni qualsiasi: il tempo atmosferico, il traffico, il costo della vita. A volte saliamo di livello, commentando il fine settimana appena concluso.
Oggi.
Scendo dall'auto, ci salutiamo amichevolmente. Le passo la tessera, armeggiamo con il tappo del serbatoio. Al sole, tranquille.
Arriva un furgone, che parcheggia in stile Contea di Hazard. Ne scende teatralmente un uomo sulla cinquantina, abbronzatissimo e con indosso un paio di Ray-Ban. Ci guarda e sorride. Noi due, indifferenti.
Con tono sbruffone chiede alla teutonica benzinaia se la pompa arriva fino al suo serbatotio o se deve mettersi meglio. Lei lo guarda e tace.
La mia amica mi fa cenno di entrare nel piccolo ufficio, visto che devo pagare con il bancomat. Silenzio.
Appena siamo dentro, parla.
"Almeno fosse un bel pezzo d'uomo, mi lustrerei gli occhi. Ma non vale una cicca, e si permette pure di parcheggiare così".
Scoppio a ridere. Quello che non vale una cicca, al di là del vetro, ci guarda sornione. Ignaro.
Che soddisfazione. E' finita l'era in cui erano gli uomini a giudicare e vivisezionare. Ora tocca un po' a noi.
Ricordo bene, quando a dodici o tredici anni passavo davanti al bar del quartiere. Uomini, di tutte le età, che potevano essermi fratelli, padri e nonni. Commenti, sguardi lascivi, battute. 
E come può una donna crescere immune da quella sensazione di essere costantemente "fatta a pezzi"?
Salgo in macchina. Il bel tomo mi squadra da testa a piedi. 
Cenno d'intesa con la spiritosa benzinaia, ingrano la prima e via.

giovedì 7 giugno 2012

mercoledì 6 giugno 2012

Maree

A pranzo con la Giusy ieri. Lei una camicetta bianca e azzurra, io i pantaloni di lino. Fresche.
Parole lievi, gesti familiari (lei si sistema i capelli dietro l'orecchio, io gioco con la collana).
Si parla del controllo.
Quando metti paletti, quando vivi in sicurezza, ti serve il controllo. Devi verificare i livelli emotivi, devi misurare le distanze, non puoi allontanarti troppo, nè permettere che lo faccia chi ami. Allora chiami il controllo amore. Gelosia. Legame. Attaccamento.
Il controllo è subdolo, perchè travestito da routine rassicurante ti inchioda. E sbatte porte, e sigilla uscite, quando tu non guardi. Disegna percorsi che consumi e orizzonti su fondali di cartone. Così credi di star bene. Invece sei in una scatola.
E mentre parliamo, io e Giusy immaginiamo il controllo come una marea, che quando è alta ti impedisce di vedere sotto. Te ne stai lì, immerso fino al collo, e non vedi altro che acqua.
Quando la marea cala, piano piano emergono le rocce. Poi i sassi più grandi, poi i ciottoli. Alla fine la sabbiolina e le conchiglie. Poi i pezzetti di vetro smussati e colorati.
Sì, sei esposto. Sì tira vento. Sì, ti viene la pelle d'oca. Sì, ti possono vedere tutti.
Però, che spettacolo.

martedì 5 giugno 2012

Scene of crime

Cosa resta dell'amore?
Le sembra sia sotto le macerie, voce piccola e flebile, che ancora può sentire. Le pare di intravederne la forma, ma è sepolto, da strati di coltri e di lana, che ne definiscono appena i contorni.
A volte, quando Marta meno se lo aspetta, quando guarda distratta, quando pensosa inanella azioni secondarie e irrilevanti, ne scorge un pezzo. E quel pezzo sa richiamare l'intero, il tutto, nella sua statuaria, incredibile bellezza.
E ricorda, e le pare di cogliere la grandezza di ciò che potrebbe essere, e si chiede come, come è possibile non rimboccarsi le maniche ed estrarlo, pezzo dopo pezzo.
Ma le cose sono lì, con la loro pesantezza di cose. Fare, alzarsi, dormire, chiedere, pagare, masticare, piangere, guardare l'orologio. 
Si rende conto (sì, è da vertigine) che le cose, una sull'altra, senza spazi, né aria, né intercapedini, si posano dicendole “dovresti”, “potresti”, “sarebbe meglio”, “è impossibile”, “non è da te”. Allora lascia che si posino.
E' così faticoso opporsi, o forse le pare troppo impavido e ardimentoso, o si sente ridicola, buttata in una sceneggiatura di scarso spessore. Di quelle che lui/lei mandano all'aria un progetto, un lavoro ben pagato, una vita, dei debiti, e svoltano.
Svoltano con i ricordi? Svoltano con dei morti sulla strada? Svoltano e in qualche modo sanno cancellare, con una piccola scopa, la strada percorsa?
Così fa andare le cose.
Non si ferma un attimo? No.
Non si chiede cosa, davvero, sotto lo sterno, sopra la milza, vorrebbe in quell'istante? In quel momento preciso, al volante dell'auto (le spalle pesanti, gli occhi lustri, la borsa della spesa sul sedile del passeggero)? No.
E mentre non chiede, non guarda, non allarga le braccia, una cosa si posa. E un'altra ancora, più densa e pesante.
Poi capita che sì, scorge un incidente. Hanno investito qualcuno, c'è un morto, coperto dal lenzuolo. Guarda, anche se non le va, e lo vede lì sotto, un povero corpo sfatto, appena distinguibile, che nessuno saprà riconoscere.
Da un angolo però, spunta un piede, fragile, ancora incredibilmente ben calzato. Porta la mano alla bocca: ha capito chi è. Lo conosce bene, ma non ricorda più il suo nome.

lunedì 4 giugno 2012

Amore e morte

Con la Claudia, a Castiglione della Pescaia.
Avevamo quattordici anni, più o meno.
Per me, l'emozione di una vacanza vera, in famiglia. La roulotte, il fratellino Sandro, la mamma che cucinava e leggeva all'ombra della veranda, il papà con i baffi, l'uomo più simpatico e cordiale del mondo.
Avevo una gran voglia di innamorarmi. Passavo ore stesa al sole, senza alcuna protezione. E la mia pelle chiarissima si ustionò più e più volte. I capelli erano del colore della paglia.
Una sera, alle altalene del camping incontrai Maurizio. Appena più grande di me, una chioma nerissima,  l'abbronzatura intensa di chi al mare ci vive, i capelli un po' lunghi, il nasone. Non aspettavo altro.
L'intensità di quell'amore posso ancora sentirla. Niente baci, solo il pieno della loro assenza. E il gioco degli avvicinamenti. Con le parole, con gli occhi, con i brevi contatti.
Un paio di giorni dopo, al telefono, la nonna mi disse tra i singhiozzi che il nonno stava morendo. Il nonno Giovanni. Per me più di un papà.
E io lì in piedi scalza, mentre i gettoni scendevano nei meandri del telefono grigio, a pensare all'amore. E alla morte.

domenica 3 giugno 2012

Metafore

Mi piace da morire il cioccolato. In tutte le sue forme.
Cioccolato fondente, al latte e con le nocciole. Gelato al cioccolato, crema al cioccolato, Nutella. Torta Sacher, torta Foresta nera (cosa darei per averne qui una fetta!), mousse al cioccolato. Cioccolata calda in tazza.
Cosa mi piace del cioccolato? 
Non so, ci stavo pensando. Magari ne ricavo una metafora sulla vita.
Mi piace il suo consumarsi piano. Il suo rilasciare gradualmente aromi. Lo annusi prima, lo assapori poi. E resta a lungo in fondo al palato.
Il profumo pieno e grasso. 
Sporca le dita, che tendi a non pulire con il fazzoletto. E' un gran peccato farlo.
La consistenza, la sua capacità di cambiare stato. Il colore, che ti rimette a contatto con le cose terrene.
E' un cibo lento e caldo. Che appaga e sazia. Non puoi condividerlo con altri, perchè ti chiede di escludere il resto, mentre ti dedichi a lui.
Secondo me ha un senso. Ora ci penso su.

sabato 2 giugno 2012

Provviste

Un geologo ieri mi parlava delle tempeste solari.
Non è proprio una cazzata.
Quest'anno il sole è molto attivo e lo sarà fino alla prossima primavera. Attivo significa che emette materia e che questa materia impatta con il nostro campo elettromagnetico.
Quindi. Problemi alle telecomunicazioni, come minimo. Ma chi se ne frega. Se fosse tutto qui.
Il geologo mi dice con semplicità che "non sappiamo nulla". Pare che un'emissione fortissima sia stata registrata qualche settimana fa.
"Era in direzione opposta alla terra, altrimenti ora non sarei qui a parlarti", aggiunge con un breve sorriso.
Accetto l'idea di non esserci più. Accetto l'idea di quello spazio che lasceranno le mie braccia, le mie gambe, la mia voce corposa. Mi trasformerò e sarò sempre consistente, ma in altro modo. Penso.
Però che finisca tutto non mi va. Tutto quello che ho visto, toccato. Le persone che amo. L'orizzonte, la cioccolata, il viola, i sassi, il giro di sol, il vino rosso, i baci.
Ho pensato che dovrò fare scorta. Di ognuna di queste cose.

Torce, lucciole, sospiri

Mi viene in mente il Robin Hood di Disney, con le guardie-avvoltoi tonte e stonate a urlare "sono le quattro e tutto va bene!".
Sì, sono le quattro in questa scuoletta addormentata. Ho provato a riposare, eccome se ci ho provato. Perchè ero stanca, reduce da una notte scura e difficile. Così, verso l'una ho pure preso sonno.
Ma, un bambino che dorme sprigiona energia. Mentre si arrotola nelle coperte, aggiusta il cuscino, schiocca la lingua, parlotta coi suoni dei sogni. Figurarsi dodici bambini che dormono, tutti stipati nella stessa stanza. L'energia si moltiplica.
Elisa mi è caduta addosso un paio di volte. Riccardo ha sussurrato il nome di una compagna, la bocca impastata. Colpi di tosse, sacchi a pelo aperti e richiusi, il tenero russare di alcuni.
Ma erano così contenti. 
La passeggiata notturna è una magia. Vederli ai margini del campo, a sussurrare, per non disturbare le lucciole, i fasci delle torce che inquadrano piedi, sorrisi, braccia, nell'oscurità.
Le abbiamo viste anche quest'anno le lucciole. E siamo riusciti a catturarne una, per osservarla bene. Poi, l'abbiamo lasciata andare, a illuminare altre strade, di altri bimbi.
E tutti col pigiama per lavarsi i denti. Ti sembrano più fragili, esposti.
Si sono sistemati uno vicino all'altro, teste accanto a teste, come cuccioli in una cesta.
Ora, dalle lunghe finestre del primo piano guardo il primo schiarire. 
E' stata una notte piena di luci.

venerdì 1 giugno 2012

Donne che studiano le donne

Lei parla e io respiro.
Una di quelle donne semplici, di età indefinibile. Giovani sempre o vecchie sempre.
Ma si porta addosso qualcosa. Cerco di capire cosa, mentre la vedo cambiare espressione, sorridere, muovere le mani come dirigesse un concerto di nuvole.
Ascolta, con attenzione e ti dedica tutta se stessa. Prende ciò che dici e gli dà forma, anche quando tu non sei capace, e consegni frasi scomposte e spettinati pensieri.
E quando risponde, parlano di lei i capelli, gli zigomi, la collanina di piccole perle colorate. Si racconta e non lo sa.
Usa la voce e la modula. Sale, scende con le parole, sempre leggera, accompagnando un pensiero, che segue con l'azzurro degli occhi.
Appena se ne va, mi ritrovo a dire alla collega che se questa donna fosse un uomo, me ne sarei perdutamente innamorata. 

Perchè no?



Le guardi, e sospiri.
Poi ti dici: "ma dove vuoi andare con un paio di scarpe così?".
Bè. Dove vuoi andare.
Tu le metti, fai due passetti lungo il corridoio, poi sanno loro dove portarti.
Così belle, così vive, vuoi che non abbiano delle idee?

Leggere gratis












 (M. Lodi e i suoi bambini)


Sto leggendo ai miei alunni "Il mistero del cane", di Mario Lodi.
Sarà che Lodi è l'ispiratore di ogni mia azione destinata ai bambini, ma ho la sensazione che nel momento esatto in cui le piccole storie di fossati, cappelli sulle ventitrè, pantaloni di vigogna e scaldini da letto si materializzano nella nostra aula, tutto resti lì, sospeso.
Silenzio. Respiri sottili, per non far troppo rumore.
Ed ecco che lo vediamo, lo vediamo proprio Carlo che attraversa la campagna con il fratellino per mano. E lo sentiamo il freddo tagliente. E posiamo pure noi la mano sul muso bagnato di Febo.
Dopo tre capitoli, metto il segnalibro e alzo gli occhi. Coro di proteste.
"Ti prego maestra, non fermarti proprio adesso", dice Angelica.
"Ma non stava succedendo niente", dico stupita.
"Però era tutto bellissimo e io vorrei sentirlo ancora".
Anche quei due che non stanno mai fermi, implorano con gli occhi. E si arrabbiano, quando Marco sternutisce, perchè perdono una parole, due.
La gratuità della lettura, quella che godi e assapori perchè poi non dovrai recensire. O dimostrare di aver compreso. O ancor peggio riassumere.
Quella che ti fa pregustare infiniti piaceri (e non eterne torture) al solo sfogliare, toccare, annusare qualche pagina stampata.
Chissà se Febo si salverà. Non vedo l'ora di scoprirlo, domattina.