martedì 31 dicembre 2013

Tempo di andare

 Abbandonare un luogo per me è sempre uno strazio.
Come salutare chi amo.
Fin da piccola era così, lacrime e sospiri.
Ma è arrivato il momento, il momento perfetto.
Questo posto è stato una tana. Una cuccia. Un buco scavato nella terra fresca, coperto di foglie. Il giardino segreto. E' stato la capanna di cuscini in salotto e la canadese piantata sul prato.
Dò l'ultimo giro di chiave e sorrido, di infinita dolcezza per quanto è stato, per quanto è.
Nella CASA NUOVA ho già portato un po' delle mie cose, tinteggiato le pareti, acceso il fuoco, riempito il frigorifero (tutta roba sana: Prosecco, cioccolata, salame, formaggio).
Vi aspetto per condividere, è inteso.
P.s. Ho in dotazione solo una sedia Ivar, ma ci tocca cederla a Pier :)

domenica 29 dicembre 2013

Scema


Una vecchia zia definiva "scemo di guerra" un reduce suonato, provato psichicamente dall'esperienza traumatica vissuta.
Mi sento vagamente una scema di guerra. In fondo nel mio piccolo, ho combattuto duramente.
Poi la battaglia si tacita, i fuochi crepitano appena, i vapori si dissolvono e il soldato resta lì, sordo, ansante, il cuore che pulsa ancora a tempo d'artiglieria.
Non mi capacito che possa andare tutto per il verso giusto. Al primo fruscio mi volto di scatto, mi ranicchio, porto le mani alla testa, pronta a difendermi.
Invece era un merlo fra i rovi. 
O il salto morbido di un gatto, sul davanzale.
Non è per niente facile guardare il tuo paesello, dopo l'armistizio. I muri sfregiati, il ponte distrutto, orti e giardini coperti di macerie.
Ma è finita. Finita.

Montare una libreria Hemnes ed una sedia Ivar, mentre fuori piove e un tè caldo si lascia sorseggiare, mi sembra un sogno. 
Grazie a chi li sopporta, questi reduci suonati.

venerdì 27 dicembre 2013

Happy winter solstice


"È difficile passare il Natale da soli", mi dice lei, aspirando la sua Camel.
"Ma guardati intorno", le rispondo, "credi che tutta questa gente che ha festeggiato in famiglia si sentisse meno sola? E poi tu hai scelto amica, hai deciso di non mettere la maschera".
Annuisce, guardiamo la pioggia e restiamo lì in silenzio.
Solo per la nonna ho apparecchiato. 
Per quanto tempo ancora potremo ascoltarla raccontare le nostre storie? 
Di quel giorno in cui, mentre succhiavo il pollice seduta sull'autobus, salì una zingara molto corpulenta, che prese posto di fronte a me. E io (che a tre anni già sapevo quanto sia meglio prevenire) le dissi, estraendo repentina il dito dalla bocca, "non ciuccio più". Solenne, guardandola negli occhi. La donna scoppiò in una fragorosa risata.
Ecco, la nonna questa storia l'ha ripetuta milioni di volte. E' roba sua, la tiene addosso lei. Ho come l'impressione che quando se ne andrà, la porterà via con sè.
Insomma, ho festeggiato il Natale solo per lei. Che per me, non significa niente. 
Il prossimo anno invito parenti e amici in una data non sospetta. Celebriamo il sole che risorge dalla lunga notte invernale in modo sobrio e pagano. E alla nonna lo spiego, che i tortellini e lo zampone, possiamo mangiarli lo stesso.

giovedì 26 dicembre 2013

Indigesti Natali


Li ho visti, i tre spiriti.
Non sono Scrooge, ma nel mio personale "Canto di Natale" sono apparsi nottetempo destandomi da un sonno tormentato e leggero (devo forse imputarlo al mix mostarda di fichi e crostata alla Nutella?).
Lo Spirito del Natale passato aveva le sembianze della signora Premru (cognome del nord est monovocalico), che quand'ero bambina si prendeva cura di me alcune sere alla settimana. Della sua casa ricordo odori speciali, tovaglie di plastica a fiorami e due nipoti teppisti che mi invitarono ad infilare un fil di ferro nella presa della corrente.
La signora Premru si è palesata di bianco vestita, mostrandomi l'abete che addobbavo con la mamma, carico di cioccolatini rossi. Buoni erano, da far fatica a non mangiarli tutti.
E via, uno ad uno, sono sfilati i Natali passati. Spumante, calze velate, tortelli, jingle bell, sciarpe a righe, biscotti a stella. Uno sopra l'altro si sono posati, coi volti e le voci e le risate e qualche respiro da chiudere gli occhi e aprire le spalle. Tutti lì.
Io non dimentico niente. Niente.
Poi è arrivato lui, lo Spirito del Natale presente, e l'ho riconosciuto subito. Elzéard Bouffier, quello col cappellaccio e le ghiande in tasca, che piantava gli alberi: in vent'anni trasformò un deserto in una foresta. 
Senza tante parole, come tutta la gente di montagna, si è cavato di tasca una ghianda, e me l'ha data. 
"Ci vuole pazienza", solo così ha detto. 
Grazie tante Elzéard, io ci provo, ma non è mica facile.
Lo Spirto del Natale futuro si è annunciato festoso: un cane dagli occhi intelligenti e dal pelo biondo. Mi chiamava infilando il bosco, poi si voltava, come ad aspettare. Ho guardato in su appena oltre il fitto, e l'ho vista, di legno e pietra. Dal camino usciva un filo di fumo. Mi sono affrettata leggera, nella bocca un'impazienza di sorrisi.

A titolo precauzionale, stasera ho digiunato.

lunedì 23 dicembre 2013

Ho vagato cercandole


Quando le tue mani muovono,
amore, verso le mie,
cosa mi portano in volo?
Perché si sono fermate
sulla mia bocca, all'improvviso,
perché le riconosco
come se una volta, prima,
le avessi toccate,
come se prima di esistere
avessero già percorso
la mia fronte, la mia cintura?
Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.
Ho salito scale,
ho attraversato scogliere,
mi hanno trascinato via treni,
le acque mi hanno riportato,
e nella pelle dell'uva
mi è sembrato di toccarti.
Il legno di colpo
mi ha portato il tuo contatto,
la mandorla mi annunciava
la tua morbidezza segreta,
finché si sono strette
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
hanno concluso il loro viaggio
.
(P. Neruda)

domenica 22 dicembre 2013

Senza pensieri


Per accogliere le mie sisters-colleghe ho dovuto sistemare un po' casa.
Io, piuttosto che sistemare casa spalerei letame, tanto per capirci.
Appuntamento da me ore 19.45, ognuno porta qualcosa.
Alle 19.10 aspiravo con foga. Una torta patate e brie nel forno.
Alle 19.20 pulivo il bagno. E sfornavo la suddetta torta.
Alle 19.30 mi sciacquavo, mentre i pomodorini ripieni si gratinavano.
Alle 19.40 mettevo il rimmel.
Alle 19.45 aprivo da basso e tagliavo velocemente il pane.
Poi chiacchiere, buon vino, inattesi doni. 
Ti cerco con gli occhi (ma davvero esisti?): ci sei? Mi infilo in tasca il tuo sorriso rubato fra teste e parole.
Ora a letto, satolla e brilla di cose. Ho traslato i residui bellici della cena dal tavolo del salotto a quello della cucina, ed ora giacciono lì, in attesa del giorno. Non l'avrei mai fatto. Non avrei mai lasciato pile di piatti inevasi.
Invece adesso posso. Perchè la perfezione non mi appartiene, ma neanche da lontano. Proprio non la voglio, quella cazzo di perfezione.
Mi piaccio così, imperfettamente felice.

venerdì 20 dicembre 2013

Cose belle

Ultimo giorno.
Approfitto di questa breve pausa, in attesa della festa a scuola.
Stanno disegnando Giovanni, in mille ritratti diversi, stanno rappresentando Capaci, l'autostrada voltata come un guanto. Aggiungono le loro riflessioni.
Mi sembra che le scelte di Giovanni siano state molto difficili.
Ha combattuto per gli altri, rendendosi la vita scura.
Che tenerezza mi fanno.
Leggendo l'ultima pagina del libro, alla maestra Gioia sono scese due lacrime uguali e parallele.
Qualcuno ha sorriso complice, qualcuno si è commosso, io ho detto ridendo "la maestra è un cuor di polenta".

Da domani sono a casa. Vigerà un'unica regola: fare cose che mi garbano.
Tipo dormire, leggere, camminare nel bosco, scrivere, cucinare, vedere gli amici.
E altro. Di bello. Di bellissimo.

martedì 17 dicembre 2013

Meno tre

A. (mia alunna di 6 anni) e il suo babbo R. (mio amico).
"Papà, oggi pomeriggio ho fatto due volte la cacca!"
"Beh, non preoccuparti, non è una cosa strana".
"E se mi capita a scuola?"
"Avvisi Gioia e vai in bagno".
"Ma non capisci papà? Io a scuola voglio lavorare, non posso perdermi l'occasione di imparare!"


Due giorni filati di colloqui con i genitori, dalle 8 alle 19 a scuola.
Ieri sera, una volta a casa ho fatto pure le tagliatelle. Ero (inaspettatamente) animata e operosa.
Stasera striscio: doccia bollente, un asciugamano in testa, la maglia preferita addosso. Ordinerò qualcosa dagli amici albanesi che riconoscono la mia voce al telefono.
"Buonasera..."
"Ehi ciao! La solita pomodorini e rucola?"
Come dire, mi piace la pizza.
Medito sui regali di Natale e cerco di prendere atto che non troverò mai il tempo per dedicarmi agli acquisti. Inutile che me la racconti.
E poi, fondamentalmente mi pare una gran cagata. Comperare intendo, imbottigliarmi nel traffico, cercare parcheggio, dribblare famiglie festanti alle casse.
Farò una montagna di dolcetti e li insacchetterò. Scriverò un bel biglietto: un pensiero diverso per ogni persona amata.
Sì, proprio così.

domenica 15 dicembre 2013

A te


Sa di te il colore di questa stanza.
Sa della tua voglia di ballare scomposto.
Hai un guscio liscio di nocciola: nessuno mai penserebbe.
Che dentro, appena sotto, tu abbia tanto profumo. E gusto di miele, di pesca, di caffè.
Da dove vieni, occhi di bosco? Capelli bradi e aspri, che strada avete fatto?
Mi dici "porti la luce", invece non sai che ero cieca. 
Il tuo dito a mostrare una rocca, un frassino, il profilo acerbo di monti giovani, che portano nomi antichi. Hai acceso prima il fiume, poi le cime, poi un villaggio di fienili vecchi. Clic, clic, clic. 
E adesso, tutto attorno freme dolce, come di candela.
Chissà perchè crediamo che simulare le perdite possa salvarci dal subirle. Così io provo a pensare cosa sarei, senza quelle luci. Senza quel dito che desta il mondo, per me.
Cieca sarei, ancora cieca. Ma almeno, saprei immaginare la bellezza.

venerdì 13 dicembre 2013

Pezze e pezzi


Accade che qualcuno da lontano ci guardi, ci salvi dagli inciampi, ci inviti a volgere lo sguardo, ci accarezzi? Che - impegnati a fare nulla, nel nulla - ci vengano offerti doni speciali, opportunità inattese, presenze luminose?
E' stupido pensarlo?  Non so. Non sarebbe neanche da me spaziare nel metafisico.
Eppure mi capita, adesso voltandomi appena, e guardando le cose da sopra una spalla, di chiedermi chi, o che cosa, mi abbia guidato pelle, scarpe, ossa, denti, parole, fino qui.
Perchè ora, che ho messo un po' di spazio fra me e questo pezzo di Storia, vedo così tante coincidenze, da far paura. Luoghi, persone, fatti, che si sono collocati, sovrapposti, che in qualche modo, attaccati ad un invisibile filo, si sono pescati, uno via l'altro.
Ero lì, ed ho visto, sentito, capito. Ho guardato dietro porte socchiuse mondi che mai mi erano appartenuti. Ho varcato la soglia, a volte.
E tutto, proprio tutto mi si è cucito addosso, come il vestito nuovo di un arlecchino nudo.
Ora me lo liscio con le mani e sorrido grata, ad ogni ritaglio.

mercoledì 11 dicembre 2013

Aria di festa e di pensieri

Cara Santa Lucia, cosa fai di mestiere quando non fai la Santa?
(Gabriele, 6 anni)


A scuola è stato proposto il tema della pace, come sfondo alle attività dicembrine.
La pace. 
Quale?
Tendenzialmente mi piace lavorare con i bambini sul concreto, il vero, su quello che vedono e toccano. 
T. ha i genitori che si stanno separando. Ne ha parlato davanti ai compagni, piangendo.
F. e G. litigano sempre, furiosamente. Tocca mediare, intervenire, affinchè non vengano alle mani.
Per le via del centro hanno visto il "popolo dei forconi" chiede attenzione: l’oppressione fiscale, la perdita dell'impiego e la chiusura delle aziende rappresentano una violazione dei diritti umani e della dignità della persona. 
Le televisione accesa mentre la mamma prepara il minestrone, racconta loro che in Argentina (come ci ricorda diamanta) è nuovamente tempo di scontri e conflitti.
Allora, non è finto, retorico, nonchè melenso e stucchevole parlare di pace?
Ho rivisitato il tema, a modo mio. Stiamo leggendo "Per questo mi chiamo Giovanni", la storia di una guerra sempre aperta, di un mostro sempre vivo, e di gente coraggiosa, forte, che quella pace prova a conquistarla.  Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini. (Giovanni Falcone)
Accade qui, nel paese loro, a famiglie come le loro.
Li vedo prendersi e imprestarsi parole, discutere, seduti in cerchio intorno alla rabbia che viene dal subire, alla voglia di farsi sentire e dire.
Puliti, trasparenti, accesi. Sanno chiederla, la pace che gli spetta.

Ci sono stati uomini che sono morti giovani
Ma consapevoli che le loro idee
Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole
Intatte e reali come piccoli miracoli
Idee di uguaglianza idee di educazione
Contro ogni uomo che eserciti oppressione
Contro ogni suo simile contro chi è più debole
Contro chi sotterra la coscienza nel cemento

lunedì 9 dicembre 2013

Nonna Roverella

La roverella di Plessiva - foto di Gioia
Allora ieri, col mio Peugeot come sempre carico, si è andati alla ventura.
Quattro passeggeri, i viveri di conforto, i giubbotti ammassati, alcune guide e riviste utili alla ricerca.
Perchè, messa da parte l'idea di raggiungere i monti (viste le condizioni meteo), mi era venuta una gran voglia di abbracciare un albero. Ma non uno qualsiasi.
Così, via in mezzo alle vigne. 
Il librone ci indicava due monumenti naturali: un cipresso di 440 anni ed una roverella di oltre due secoli. 
Ma ecco che il vecchio cipresso, di una bellezza struggente, sembrava mettere una grande distanza tra sè e le miserie umane. Se ne stava lì, splendido e austero, a dire tutta la mia pochezza.
Non voleva essere abbracciato.
Poi però, la roverella. Così maestosa e così umile. Così elegante e così semplice. Una gran dama vestita da plebea, che ha attraversato il tempo.
E mentre la Giuli si faceva raccontare la sua storia di fronde, d'arme e d'amori, io poggiavo faccia e mani su quella pelle coriacea di nonna.

sabato 7 dicembre 2013

Choice


Lui, lei, l'altra. Gli altri.
Lui: quarantenne intelligente e carino. Fa il lavoro che ha sempre sognato, all'aria aperta e con grande impegno.
Lei: simpatica compagna (e collega, in altra sede) del sopra citato Lui, nonchè madre dei loro due figli.
L'Altra: giovane amante (e collega, nella stessa sede) del sopra citato Lui. 
Gli altri: sanno. Tutti sanno. E si chiedono "come mai Lei non lo sa?"
Visto che i due innamorati, quando sono in servizio assieme, a stento trattengono mani e occhi.
La sede di Lui e dell'Altra dista pochi chilometri da quella di Lei. Spesso vengono organizzate attività comuni. Come è possibile, che Lei non veda?
E' da ieri che ci filo sopra. Sul perchè queste storie di ordinaria infedeltà mi lascino un fondo di angoscia.
Forse perchè c'è stato un tempo in cui ho indossato i panni sgualciti di Lei. 
Un tempo in cui ho vissuto codarda, come Lui. 
Poi sono stata l'Altra, quella stronza per definizione.
Quindi, provo solo una pena infinita. Senza giudizi e sentenze.
Solo un pensiero. Viene il tempo delle SCELTE. E pare impossibile, ma quello è il tempo della vita.

giovedì 5 dicembre 2013

D'amore e di promesse


Sposo o sposa: dal latino SPONSUS, participio passato di SPONDERE, rispondere, promettere.
Promettere: dal latino PROMITTERE (pro: avanti + mittere: porre).
Ci ho ricamato alcuni pensieri, in questi giorni di coltri.
Mi piace immaginare che lo sposo si impegni a mettere sempre l'amato/a davanti a sè. Attenzione, non sopra di sè: davanti, di fronte. Non dimenticando sè stesso, o rinunciando a quello che è. Semplicemente guardando l'altro, il suo essere, il suo mutare.
Niente sacrificio, solo amore. Niente perdita, solo dono.
Amo la parola "sposo/a" quanto mi disturba la parola "matrimonio" (mater, madre, + munus, compito), che già si porta appresso tutta una serie di ingiunzioni. Per non parlare dei vocaboli "marito" e "moglie": etimologicamente lui indossa semplicemente i pantaloni (maris, maschio) e lei si rimbocca le maniche e munge le vacche (mulier-mulger-mulgeo). Vabbè.
Lo sposalizio invece non vuole funzionari, nè firme. Non chiede giuramenti, testimoni, abiti, luoghi consacrati dalla mano dell'uomo.
Basta dire "io ti sposo", in una cattedrale deserta di foglie e silenzi.


La pioggia è il tuo vestito. 
Il fango è le tue scarpe.
La tua pezzuola è il vento.
Ma il sole è il tuo sorriso e la tua bocca e la notte dei fieni i tuoi capelli.
Ma il tuo sorriso e la tua calda pelle è il fuoco della terra e delle stelle.
(Corrado Govoni)

mercoledì 4 dicembre 2013

Flu







Eh, gli alunni hanno colpito e affondato 'sta volta.
Ne approfitto per recuperare energie, 
se riesco a star ferma.
Baci.

lunedì 2 dicembre 2013

10 cigarettes

Ho ridotto drasticamente il numero delle sigarette.
Senza sforzo, è venuto da sè.
Parallelamente ha preso forma la necessità di fumare nei luoghi giusti. Come dire, non si tratta più di un nervoso aspirare e bruciare. Mi serve un po' di contesto.
Allora, ecco gli spazi in cui consumo le prime due sigarette della giornata. Mi scuso per la qualità delle immagini: il mio cellulare fa quel che può.
Il primo luogo è l'orto (ormai a riposo) della mia scuola al mattino, bagnato di brina e dolcemente accarezzato dal sole. A seconda delle condizioni atmosferiche posso scegliere di sedermi sotto gli alberi, su un bel sasso, presso la tettoia insieme al pavone (e al cigno Romeo, quando si fa vivo).


Allla seconda cicca regalo un tempo più disteso. Mi accomodo in un piccolo parco giochi sulla strada di casa, con belle panchine di legno grezzo. Venerdì ci svolazzava una tenace farfalla.


Di solito a quell'ora la mia testa è satura di rumore, parole, presenze.
Maestra, lui mi ha preso la penna!
Maestra, devo andare a capo?
Maestra, mi fa male un dente. 
Maestra, posso raccontarti una barzelletta?
Cose così. Ci vuole un po' per tornare lucidi nel mondo.

venerdì 29 novembre 2013

Separazioni

http://caterinadisegna.blogspot.it/
Dunque, io ho una terapeuta.
Suona piuttosto nevrotico dichiararlo: mi sento vagamente Woody Allen. Ma tant'è.
Il suo approccio non è freudiano o junghiano, pertanto niente lettino, schiena eretta, gambe accavallate, paziente dallo sguardo perso nel vuoto a caccia di ricordi fallici.
La mia terapeuta, che chiamerò "S." è una donna giovane, carina, col sorriso aperto e gli occhi profondi.
Vedo S. una volta alla settimana, da quattro anni. Abbiamo costruito qualcosa di intenso e bello. Spesso a fine seduta (se non ci sono altre persone in attesa), parliamo di vacanze, progetti, libri, incontri. 
Le porto un fiore, a volte. Se ho appuntamento ad ora di pranzo, lei mi offre i suoi crackers Misura e i suoi biscotti danesi troppo burrosi.
Quando sono stata in bilico, in bilico davvero, mi ha chiamata una domenica (pessima giornata per i depressi) solo per salutarmi.
Insomma, oggi S. se ne esce candida con: "mi sa che manca poco, ci siamo quasi".
Ci siamo quasi? Cosa minchia significa? La guardo basita e taccio.
"Sì", aggiunge lei "credo che tu sia proprio sulla soglia".
Ora capisco. Sganciarsi, andare, camminare da soli. Da un lato mi piace l'idea, dall'altro mi spaventa.
"E quindi?", le chiedo sgomenta.
"E quindi mi mancherai un sacco", risponde lei, inclinando un pochino la testa.
Ok S., dammi un attimo, devo ancora digerirla questa cosa. Ma quel giorno arriverà, e credimi, sarai proprio orgogliosa del mio morbido incedere.

giovedì 28 novembre 2013

Testa fra le nuvole


Sono andata dalla parrucchiera, e come sempre sono incazzata. Perchè tocca sfoltire un paio di volte all'anno, ma:
  1. non concepisco di avere appuntamento alle 13.45 e di concludere l'opera alle 16.30. Esci ed è già buio.
  2. odio dire "Robi, mi raccomando, non tagliare troppo il ciuffo", e ritrovarmi con una frangetta ingestibile stile Sailor Moon.
  3. detesto i capelli alleggeriti, almeno per un paio di settimane. Danno quell'idea di vuoto.
  4. la Robi è un'amica, e con lei mi piace chiacchierare. Ma quando in negozio entra qualche altra conoscenza (spesso, mamme di ex alunni) e si innescano triangolazioni dialogiche sul tempo, l'inverno, il Natale, lo stress, le diete e gli uomini, allora davvero non reggo.
  5. trovo infine frustrante guardarmi allo specchio e dire "Robi, mi hai tagliato troppo", e sentirla serafica rispondere sempre allo stesso modo: "tra pochi giorni ti sono già cresciuti".
Detto questo, appena arrivata a casa ho tirato su la coda. In barba al taglio sopraffino.

Ieri sera, al corso di scrittura, osservavo le scarpe dei partecipanti. Si può evincere moltissimo dalle scarpe. Ho preso nota. 
Anfibi, polacchine all'inglese, ballerine con la zeppa, sneakers belle, sneakers sfigate, tronchetti con tacco, scarponcini, stivali classici, clarks.
In un buon 70% dei casi, la scarpa assomiglia al padrone. Un po' come il cane.
Per dire. 
Quella delle ballerine con la zeppa, ha proprio la faccia e la voce di una che le può portare.
Quello degli anfibi scrive strampalato bene. Ride con gli occhi e pieno di denti.
Quello delle clark indossa maglioncini a V ed ha fatto un filo di contestazione quando aveva vent'anni.
Allora, mentre consideravo tutto ciò, l'insegnante mi ha posto una domanda. E io non sapevo di cosa si stava parlando.
Ecco: l'allieva potrebbe far meglio, ma non si applica.

mercoledì 27 novembre 2013

Il topo di Skinner


Perdonate l'autocelebrazione, ma in questo periodo ne ho bisogno.
Ho raccolto due rinforzi positivi di skinneriana memoria. Fanno bene.

Il primo potente, molto potente.
Una persona che amo mi dice ridendo: "cazzo, con te il Signore ha fatto una special edition!"
E io non mi capacito e mi schermisco e mi nascondo.
Allora aggiunge "Gioia, tu vedi e fai vedere...". Così mi commuovo, non so che dire.

Il secondo buffo, ma bello.
I bambini a scuola vorrebbero procurarsi una certa immagine introvabile dal pc. Cerchiamo e ricerchiamo, niente da fare. Allora, attraverso Google translate, provo ad esplorare la rete con altri idiomi: inglese, tedesco, francese.
Bingo! Trovata e stampata.
Marco, tutto soddisfatto: "maestra sei geniale, meglio di Archimede Pitagorico!"

Insomma, come il topo di Skinner, ora per sviluppare uno shaping efficace, è fondamentale che i rinforzi siano continui. 
Ovviamente scherzo. Ma non troppo. Vedrò di puntare all'autarchia da rinforzi.

lunedì 25 novembre 2013

Bianco


















Ho sempre detestato il freddo.
Ma ieri c'era un freddo bello.
Ho mangiato la focaccia al parmigiano e tartufo, d'oro croccante. E poi visto, annusato, toccato.
Ero lì, nessuna fuga, nessun fantasma.

Stamani il forte vento da nord lascia un cielo di vetro che pare rompersi. Tutti al parco, è una bella camminata.
"Maestra, mi porti sulla schiena?", dice Penelope, tre anni e un accento british che incanta.
Poi, la sciarpa verde che svolazza, mi stringe le braccia al collo e intona allegra:
The wheels on the bus go round and round,
Round and round
Round and round.
The wheels on the bus go round and round,
all day long.

sabato 23 novembre 2013

My circus


Amavo i vagabondi, i saltimbanchi, gli eroi stanchi dispensatori di inchini e sorrisi.
Amavo quel circo stinto che piantava le tende nella periferia grigio ghiaia, fuori dalla finestra. Si disegnava proprio lì, luci ballerine nel vento, per farmi sognare.
E quella volta toccò a me, sugli spalti d'abete grezzo, i piedi inquieti e sospesi, gli occhi colmi di volteggi e barriti. A me.
Il giovane clown dalle grosse scarpe attraversò la pista rotonda: trombetta, risate, applausi. 
Poi mi si fermò di fronte. Scese il silenzio. 
Un cenno d'intesa e sfilò il naso rosso, lanciandomelo in una parabola perfetta. Rullo di tamburi. 
Lo presi al volo.
Guardai nelle mie mani aperte quel piccolo cuore pulsante di storie, strade, notti. E pensai che i sogni a volte, si possono toccare.

Volami addosso se questo è un valzer
volami addosso qualunque cosa sia
abbraccia la mia giacca sotto il glicine
e fammi correre
inciampa piuttosto che tacere
e domanda piuttosto che aspettare.

Stancami
e parlami
abbracciami
guarda dietro le mie spalle
poi racconta
e spiegami
tutto questo tempo nuovo
che arriva con te.

giovedì 21 novembre 2013

La maestra in gita

Piccolo aggiornamento.
Ieri, la città dei miei studi, caos e rotonde e paludi e traffico. Piogge sporche d'inverno, umido afoso d'estate.
Sempre uguale. 
Io la guardo come un animale selvatico, la scanso, mi ferisce gli occhi. Tutto troppo.
La guardo e penso solo a quel sentiero che da Tribil superiore porta a Dughe, lambito dalla luna. Quattro case, un bosco, altre quattro case.
Però ne è valsa la pena: tangenziale, semaforo, circonvallazione, zona industriale, distributori. Ne è valsa davvero la pena.
Su le mani, su i piedi, su la voce! Sì Giuliano, siamo qui.
Wow.

martedì 19 novembre 2013

Today


Non so mica perchè.
Un bambino non dovrebbe mai pensare di essere nel posto sbagliato.
Di dire la cosa sbagliata. Dovrebbe poter indossare stivali di gomma in agosto e sandali coi calzini a gennaio.
Dovrebbe rubare la cioccolata dalla dispensa, mostrare la lingua, mettersi le dita nel naso.
Un bambino dovrebbe poter dire sciocchezze. E farle. Senza sentirsi sempre misurato, pesato, osservato.
Oggi pensavo a quel maglioncino rosa di mohair. Peloso e stucchevole. Me l'aveva regalato la fidanzata di papà, e mi stava malissimo. Però lo mettevo, ogni volta che lui veniva a prendermi (due volte alla settimana, come da contratto), perchè vedesse.
Ma non vedeva.
Disse solo "quei pantaloni bianchi ti stanno male".
Così. Mentre chiudevo la portiera dell'auto e fuori pioveva.

domenica 17 novembre 2013

Bacchetta magica

Certe giornate partono giuste. La luce, il colore, la temperatura.
Vuoi un caffè?
Ecco una pasticceria con tavolini bianchi all'aperto, in un ritaglio d'erba nuova.
Vuoi scattare una foto?
Ecco un melograno carico di frutti rossi, davanti ad una finestrina azzurra, che pare debba affacciarsi Pinocchio.
Vuoi pranzare?
Ecco una casa bellissima e vuota: puoi inventarla tu. Due sedie recuperate nella cantina di un'amica, un vecchio tavolo smontato da mettere in piedi.
Mozzarella di bufala e prosciutto crudo su una tovaglia improvvisata con la carta igienica.
Vuoi sorridere?
Guarda, è tutto qui.

venerdì 15 novembre 2013

Da questa parte


Le cose prendono posto, una alla volta.
E' che bisogna lasciar loro il tempo di trovare spazio, incastrarsi e poi dilatarsi. Ma pare io abbia esaurito le scorte di pazienza. 
Adesso. Vorrei fosse tutto adesso.
Allora oggi, mentre conquistavo a fatica la mia oasi di pace (sigaretta, chiacchiere, racconti, ricordi, il dolce mormorio della fontana, una tazza di tè che fuma) dribblando telefonate, richieste e traffico cittadino, mi son detta che in fondo ogni giorno, in questi ultimi mesi, ho trovato un segno. 
Piccolo o grande, di liquirizia o di cioccolato, da ridere o sorridere, da brindisi o da abbraccio. 
Sì, il sentiero è tracciato.

Diritto


La donna a rovescio, vestiva maglioni a rovescio? Saliva le scale di spalle, correva contro vento, versava l'acqua in coppe convesse? Come faceva la donna a rovescio, a mangiare la sua minestra mancina?
Come conduceva l'auto, o infilava la strada, o cercava vanamente le chiavi di casa, sul fondo della borsa? La donna a rovescio in un mondo diritto, teneva la sinistra? O apriva la porta girando la chiave in senso antiorario?
Guardala, ora si volta appena e sorride, di una grazia misurata presa in prestito a un inchino, di una voce senza spigoli sfilata ad un canto.
Si volta e riprende il suo diritto. Il suo diritto a essere viva. Il suo diritto a non essere rovescia.

martedì 12 novembre 2013

Mestieri


Fine mattina alla fotocopiatrice, con una collega. Si parlotta.
In modo sussurrato, criptato e massonico dico qualcosa come non ne posso più di tutto quello che ruota intorno all'insegnamento: beghe, polemiche, ansie genitoriali, riunioni gestionali, comunicazioni, avvisi. Per quanto mi riguarda starei solo con i bambini, ma sta diventando quasi un aspetto secondario. Mi sa che dovrò ripensare a questo mestiere, forse non mi appartiene più se lo vivo così...
Passa Giuseppe, seconda elementare, per andare in bagno. Abbasso prima la voce, poi taccio.
Quando torno in aula, lascia il suo banco e si avvicina furtivo.
"Gioia, tu sei la mia maestra preferita, e anche la preferita di Leo, di Marco...".
Rido di gusto, lo abbraccio.
Lui, serio: "no no, non ridere maestra. E' verità."

domenica 10 novembre 2013

I wish

Valerio Berruti
Vorrei essere la donna semplice e dalle mani leste che ha udito il tuo primo vagito.
Vorrei essere tua madre, quella volta che sei caduto in cortile e chiedevi una carezza, un cerotto.
Vorrei essere la maestra che ti ha visto - la testa appena inclinata di lato - comporre sul foglio la parola AIUOLA.
Vorrei essere la cugina dalle gambe secche, fedele compagna di giochi, capanne e tiri con lo schioppo.
Vorrei essere la ragazza dai capelli neri e lunghi, che ogni giorno guardavi alla mensa, ma a cui non  rivolgesti mai la parola.
Vorrei essere la prima donna che sfiorasti, con dita fredde e incerte.
Vorrei essere la signora bionda seduta alla cassa, che ogni mattina ti saluta, quando bevi il caffè.
Vorrei essermi infilata sotto le porte degli anni, ed esserci sempre stata.

Sabato piovoso e gioioso

Stamattina, saranno state sì e no le cinque.
Mi sono vista (ma sognavo?) un albero da muro, costruito su un pannello solo con rami veri. Il tronco nell'angolo, di lato, e le fronde a spandersi sulla parete, da destra a sinistra. Sotto, un letto.
Incredibile ma vero, questa cosa esiste.
La voglio. Anche se non è educato dire "voglio".


Ho portato il mio Io sul punto piú alto e lo lascio lassú, l’Io che voglio essere.
Scendo con l'Io che sono. 

(R. Karl)

Mentre mi leggi la citazione ti si rompe la voce. Fatichi a finire. Ti scusi.
Due righe dense che in fondo, parlano di te.
La pasta con i broccoli e il pangrattato ci riporta allo spessore delle cose che si toccano, si annusano, si mangiano. Ma sospeso resta, insieme al fumo, all'alito di pioggia dalla finestra aperta, alla condensa che pian piano si posa, quel tuo singhiozzo abbandonato. Sappi che io, l'ho raccolto. 

venerdì 8 novembre 2013

Imparare


Cosa dire?
Di questi due giorni di curve e discese, salite e scorci, vertigini e ampi respiri?
L'acquario si è aperto, il pesce giallo è saltato nell'Oceano. Acqua, acqua, coralli, predatori, ombre, banchi luccicanti e cetacei immensi. Rotte spezzate, incaute, ubriache.
Poi, il luogo. Protetto, ma non cieco. In cui stare, ma lasciare andare gli occhi.
Puoi essere tu. 
Di una chiarezza che fa quasi male. Ma accarezza.

E' un post criptico, forse.
La sostanza: sto imparando ad essere felice.

martedì 5 novembre 2013

Invisibilmente compere

Gabriele, 6 anni, mi porta il suo disegno in bianco e nero.
Un furgone dalle cento ruote che corre in strada e un enorme drago volante in cielo.
"Bel lavoro! Che ne dici di dargli un po' di colore?", propongo.
Lui, perplesso, osserva bene il disegno.
"Potresti dipingere il drago", incalzo.
"No. Perchè vedi maestra, questo drago è invisibile".
Sorride sornione.
Non posso che arrendermi all'evidenza dei fatti.


Mi manca un giubbotto caldo (necessità), ma vorrei un paio di stivali con il tacco e un vestitino (futile brama).
Fatti due conti, ho stanziato per questo progetto un massimo di 50 euro. Ben poca cosa. Ma posso farcela!
Niente giubbotto per questo mese, tanto non fa ancora freddo. Mal che vada butto su una sciarpona.
Invece mi dedico alla ricerca del resto. Potrei comperare uno scampolo e darmi al fai-da-te. O bazzicare i mercatini. O cercare degli scontissimi on-line.
Vi so dire.

domenica 3 novembre 2013

Voglio rovinarmi


 
Devo essere vera, vada come vada.

Vizi:
1) seguo X Factor in modo ossessivo-compulsivo
2) mi commuovo se ascolto Tiziano Ferro
3) mangio la Nutella col cucchiaio
4) vado dal tabaccaio dietro l'angolo in macchina
5) mi diverto da matti ascoltando "Pinocchio" (Radio Deejay, one nation one station)
6) stendo lo smalto nuovo su quello vecchio che si sta scrostando
7) ho letto due libri di Fabio Volo
8) metto il rimmel e il lucidalabbra guardandomi nello specchietto retrovisore, mentre guido
9) ho studiato il tedesco e non so una parola di tedesco (nè tantomeno di inglese)
10) faccio il brodo con il dado

Virtù:
1) non vedo la televisione (a parte quando danno X Factor)
2) mi commuovo se ascolto i Radiohead
3) raccolgo fiori di sambuco per fare lo sciroppo
4) da piccola ero socia del WWF
5) so cambiare la punta al trapano, fare un buco nel muro, inseriere un fisher
6) non mi sono mai tinta i capelli
7) ho letto due libri di Raymond Carver
8) abbraccio bene
9) ho seguito un corso di cucito e sono capace di confezionarmi un abito
10) faccio i tortelloni in casa (pasta e ripieno)

giovedì 31 ottobre 2013

Va così

Chiedo preventivamente scusa.
Mancherò, lo so.
Non sempre sarò all'altezza.
Ma dovevo scontrarmi coi miei limiti, prima o poi. 
Ci sono persone a cui voglio bene, e che aspettano un segno. Una telefonata, un caffè, la risposta ad una mail, ad un sms. Non sono stronza, questo volevo dire. 
Solo che magari sono a scuola, a fare la spesa, lanciata in un sorpasso. Allora dico "chiamo dopo, rispondo dopo, con calma". Ma non sono mai calma, e accumulo debiti, uno via l'altro.
Mi spiace, va così.
Però torno presto.

mercoledì 30 ottobre 2013

Alberi

Vedo gli alberi, da qualche mese.
Oggi, complice un borino fresco, ho portato i bambini sotto la pioggia dorata dei pioppi.
Io non li guardavo mai, gli alberi. Ora ci sono, anche dove prima non c'erano. Mi affiancano, mi accolgono, si mostrano.
E sorseggiando il cappuccino stamattina, ubriaca di luce, mormoravo Fossati, a fior di labbra.
Perdona
se non ho avuto il tempo di imparare
se io non ho avuto il tempo
di imparare.


Se fossi un vero viaggiatore t'avrei già incontrata
e ad ogni nuovo incrocio mille volte salutata
se fossi un guardiano ti guarderei
se fossi un cacciatore non ti caccerei
se fossi un sacerdote come un'orazione
con la lingua tra i denti ti pronuncerei
se fossi un sacerdote come un salmo segreto
con le mani sulla bocca ti canterei

E invece come un ladro come un assassino
vengo di giorno ad accostare il tuo cammino
per rubarti il passo, il passo e la figura
e amarli di notte quando il sonno dura
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore

Perché l'amore è carte da decifrare
e lunghe notti e giorni da calcolare
se l'amore è tutto segni da indovinare

Perdona
se non ho avuto il tempo di imparare
se io non ho avuto il tempo
di imparare.

lunedì 28 ottobre 2013

Settimana corta

Ho trovato questa foto, scattata un anno fa, a casa della mia mamma. Ero da lei (aveva preso diligentemente nota del mio arrivo) in un giorno di bora e pozzanghere. In piena tempesta.
Oggi, dodici mesi dopo. 
Scelgo un'altra pietruzza per il mosaico. La tasto, liscia, azzurra, lucente, e la incastro spingendo appena.
Il disegno non si vede ancora, o forse si può appena intuire facendo parecchi passi indietro. Disarmante, da tanto è bello. 
Di tesserine, ne mancano ancora.
La vita sei tu, fidati di te. Così mi scrivi amica, in un messaggio dei tuoi, che hanno il sapore del vino nero che imbottigli, fruttato e mosso.
Giovedì torna il sole. E venerdì vorrei salire, nella casa fra castagneti e foglie gialle. Dormire, leggere, cucinare zucca e pancetta. 
E fidarmi un po' di me.

domenica 27 ottobre 2013

Boschi e volpi

Le volpi-cornicetta del mio sogno. Stamattina ho provato a disegnarle. Uguali!

Chiudi gli occhi bambina, e sogna.
Sogna le volpi rosse, che allargano le zampe, una via l'altra, come in una di quelle cornicette che si fanno nei fogli a quadretti. Naso nero, baffi, coda folta dalla punta bianca. Pare quasi che sorridano.
Sogna bambina. Le braccia che ti stringono sono due, il respiro che senti, uno solo, col tuo.
Sogna la casetta nel bosco, quattro travi fanno una veranda. Uno scampolo di stoffa fa una tenda. Una pentola sul fuoco fa il minestrone. Sogna bambina.
Chi ti ha detto che non si può sognare? Tu, eri così brava a sognare.
Ti ricordi?
Un asciugamano secco di bucato, steso sul marmo del corridoio. Bollicine e cannuccia in un bicchiere di vetro grosso. Fingevi di mare, di spiagge, di ombrelloni, di bibite verde smeraldo. Fingevi di tuffi, schiamazzi, risate. Invece era tutto lì, grigio e angusto: un appartamento scatola in una casa scatola, in un quartiere scatola. Odore di carote lesse, alle quattro del pomeriggio.
Ma tu, vedevi il mare.
E quando viaggiavi, seduta all'indiana sul copriletto di ciniglia marrone? In un attimo eri sopra i tetti, e tutto si faceva piccolo, risibile, lontano.
E il tavolo rotondo? Bastava buttarci sopra un lenzuolo ed ecco le mille stanze di un palazzo incantato. Guardate la principessa dai biondi capelli, guardatela scendere la scala di cristallo!
Eri brava a sognare.
Come dici? Che non c'era altro modo per sopravvivere?
Sì, forse è vero. Però ne hai creati di mondi. 
Mondi rifugio, mondi guscio, mondi ombrello, mondi scialle di lana. Bastava un niente, uno schioccare di lingua, uno sbattere di ciglia, un colpo di tacco. E via, non c'eri più.
Niente spinaci all'olio, disegni sbagliati, mani severe, ombre scure. Tu andavi, leggera, e lasciavi tutto lì. Caspita, che magia. E loro, che stupidi, pensavano tu fossi ancora lì, la testa china sul piatto.
Lo vedi, tu sapevi sognare.
Capisco, hai paura. Credi che anche questo abbraccio possa essere fatto della materia dei sogni. Un mondo dei tuoi, un luogo fatato, un posto delle fragole. Temi che sia tutto per finta, che se ti volterai appena, troverai solo grigio e polvere. Fine del viaggio: smontare dalla coperta volante, uscire dal palazzo senza scarpe, scoprire marmo freddo, là dove c'era il mare. Solo spinaci all'olio e ombre scure.
No bambina.
Guardalo questo abbraccio, toccalo, saggialo coi denti, scuotilo. E' di sasso, terra, legno, carne.
Lasciati tenere salda bambina, sciogli i ricordi, puoi restare.
E sogna, sogna di volpi e boschi.

venerdì 25 ottobre 2013

Stanca

Per Aron tutto era chiuso prima di incontrarla, il mondo non ne voleva sapere di lui. E' così che certe persone possono avvicinarsi l'una all'altra, e così era capitato a loro. L'aveva vista aprire le cose una dopo l'altra, renderle ricche, splendenti di significato. Era penetrato nel mondo delle parole.

In tutti i suoi gesti concentrava tanta luce, che ce n'era anche per lui.
(G. Tunström, L'oratorio di Natale)


Prestandomelo hai detto che era pieno di armonia e di cose che avrei capito. Non pensavo così tanto.
Mentre lo leggo, appunto qualcosa sul post-it verde mela, che appiccico leggero, per non lasciare segni.
Sono state due giornate difficili, disordinate, senz'aria, come le mie borsette dal fondo infinito in cui tutto (biglietti del cinema, una collana, un quaderno, guanti, un'arancia, pasticche) cerca spazio e luce. 
Oggi ho capito. Cos'è che mi fa pensare di non essere degna, di dovermi sempre e in qualche modo meritare uno sguardo d'amore. E di non fare mai abbastanza per tenerlo su di me.
L'ho visto papà Franco, a spremere qualcosa di geniale dalla mia piccola testa confusa. A illuminarsi felice, appagato, quando con fatica trovavo la risposta giusta, quella fuori dagli schemi, quella che mai nessun'altra bambina avrebbe dato. Bingo!
L'amore va conquistato, con impegno. Mai distrarsi, mai abbassare il tiro. All'altezza, sempre.
Però papà, adesso vorrei sedermi un attimo.

giovedì 24 ottobre 2013

Scrittori e scritture


Ieri sera prima lezione del laboratorio "Short stories". Emozione da primo giorno di scuola. Rosicchiavo la penna nell'attesa dell'inizio.
Mauro in gran splovero, più incisivo e ispirato che mai.
Sedici corsisiti, e stranamente la percentuale di uomini è alta. Il partecipante più giovane è un imberbe attore ventenne. La più anziana una cardiologa in pensione.
Una mamma col pancione, un traduttore di testi per l'infanzia, un metalmeccanico.
Presentazioni reciproche, testi di vari autori, un bel video di Baricco (qui) sul senso dello scrivere.
Interessante la citazione di Covacich: 
Non pensare a scrivere, pensa a vivere. Se vivi pienamente, se presti attenzione alle cose che ti succedono attorno, se ascolti e ti ascolti, il più è fatto. L’esperienza si trasformerà in scrittura, pretenderà una voce, una pagina.

Così oggi i miei poveri alunni si sono subiti un pippone sulla scrittura, pieno di fervore. Sulla gioia del comunicare emozione attraverso le parole. Sul cogliere, sull'esprimere, sul raccontare.
Ed ecco che qualcuno ha raccolto le sue emozioni, nere sulla pagina bianca.
Mi sono commossa.

La paura
La paura è un sentimento brutto
che viene quando c'è notte, 
che spaventa i bambini come un cacciatore che uccide un orso.
La paura ti aggancia il cuore
e ti porta all'inferno.
La paura è un sentimento primitivo.
La paura è importante, senza quella non potremmo vivere.
La paura ti porta alla tristezza, all'amore, alla felicità.
La paura è vita.

mercoledì 23 ottobre 2013

Temi importanti


Ore 10 del mattino. I bimbi di prima elementare lavorano alacremente. Dopo l'impegno della scrittura è il momento del disegno e sono rilassati, ciarlieri. Li lascio dire, se riescono ad essere rispettosi dell'impegno e dello spazio altrui.
"La mia mamma si è fatta delle ciocche bionde", dice un tipetto tutto ciglia.
"Ma se ha i capelli neri?", replica una compagna.
"E' bello per quello", risponde lui con un'alzata di spalle.
Silenzio. Attendo la replica delle due esperte in materia di bellezza, moda, tendenze del momento. Abbiamo tentato più volte (noi e i genitori) di smussare e contenere questa loro spinta verso la preadolescenza, con tutto il suo corallario di braccialetti, calze fucsia, smalti bicolore e sospiri languidi.
Niente da fare, pare ben radicata. 
Molto prosaicamente le invito a soffiarsi il naso o a pulirsi la bocca quando mangiano la cioccolata, così, tanto perchè tornino coi piedi per terra. Civettuole, si tamponano le labbra con l'angolo del tovagliolo. 
Insomma l'attesa replica arriva, puntuale.
"Quindi", dice la prima, "la tua mamma si fa la tinta? Anch'io vorrei farla...(occhi al cielo), ma non si può, fino ad una certa età".
"Pensa", aggiunge l'altra continuando a disegnare, "che io sono addirittura nata con le meches!"
L'amica, incredula e -stranamente- a bocca asciutta, mette giù il pennarello e la fissa. Cerca affannosamente una risposta che la rimetta in carreggiata.
Poi si accende, radiosa.
"Beh," dice raddrizzando la schiena "anch'io...sono nata".

lunedì 21 ottobre 2013

Prime visioni

Come mi piace andare al cinema.
Piccola sala di città, domenica sera. Alla cassa c'è la Mara, che non mi pare affatto cambiata dai giorni senza crucci dell'università. Stessi orecchini, stessa dolcevita, stesso eyeliner. Come ferma nel tempo. Lavorava qui a tempo perso per arrotondare un po', ora ci lavora a tempo pieno per vivere. Il fatto mi mette un po' di tristezza: l'immutabilità delle cose porta con sè tante domande.
Fuori è davvero autunno, piove umido e una pozzanghera riflette il lampeggiare arancio del semaforo.
Anche sullo schermo è autunno. Boschi giallo oro, che mai credevo di poter vedere. E primi piani che saturano lo schermo di pelle, pori, pupille, labbra.
E' "La prima neve"di Andrea Segre.
Tolgo gli stivali, mi ranicchio sul sedile di velluto rosso e alzo gli occhi. Incantata.

domenica 20 ottobre 2013

Le Ere del pianeta Gioia

Stamattina, mentre sistemavo due cose in casa e mi preparavo ad un pomeriggio impegnativo, pensavo a questo blog. A come mi ha accompagnata. A come mi ha accolta quando le cose da dire premevano forte. Alle persone belle, che mi ha fatto incontrare.
E mentre mi dicevo tutto questo, una folgorazione.
Oddio, una folgorazione nel piccolo pianeta di Gioia. Direttamente proporzionale.
Insomma, ho capito che questo blog, ha contraddistinto un'Era. E se un'Era geologica rappresenta il tempo trascorso fra due estinzioni di massa, potrei dire che nel mondo di Gioia, rappresenta il tempo trascorso fra l'avvistare la terraferma e il raggiungerla.
Sto lavorando affinchè molte cose trovino il loro assetto. Mi piacerebbe a gennaio, aver trovato stabilità e pace. Aver toccato terra. Se guardo col cannocchiale la vedo, ed è verde, dolce, vergine.
A quel punto, anche questo rifugio di racconti, ricordi e storie, avrà finito il suo ciclo vitale. 
Racconti, ricordi e storie. Spesso anche segreti, silenzi, persone e luoghi vestiti da altro, che non potevano prendere forma, qui. 
Menzogne? No, menzogne no. Magari solo protettive omissioni.
Voglio, dall'inizio del prossimo anno, chiudere questa casa. E poi forse costruirne un'altra. Chissà. 
Una casa luminosa, aperta, in cui ogni volto, ogni nome, ogni piazza attraversata, possano trovare asilo e spazio. In cui dare parole e gesti alle persone amate, spostandole in un cono di luce.
E' il venti ottobre. Fra due mesi o poco più, devo aver sgombrato. 
Qualcuno, ha degli scatoloni?

sabato 19 ottobre 2013

Balance


I ricordi hanno tutti un peso diverso.
Non è che i più belli o dolorosi pesano di più. No.
Forse dipende da come le cose -e i luoghi e le persone- ci penetrano. Attraverso il naso, la bocca, gli occhi, le mani, le orecchie. Più si allargano e si insinuano, passando dalle mucose, dalla pelle, dalle nostre pieghe nascoste e segrete, più restano, intatte.
Allora basta un niente. Il tintinnare di un campanello, l'odore bagnato di un venticinque aprile, l'asprezza di juta, sotto le dita.
Il ricordo si arrampica agile, senza permesso, chiede solo di prenderci. E allunga una mano, e strappa.
Non è esigente, domanda poco. Il tempo di due respiri larghi, quando è dolce. Di un'apnea cava, se incide e intaglia.
Poi salta giù, e non sai com'è venuto. Può lasciarti trafitto, amaro di nostalgia, sazio di parole mute e saliva in bocca. Oppure pago, come di carezze.
Resta quel vago smarrirsi nei gesti, vuoti, che poi passa.
Prima o dopo, dipende dal peso.

venerdì 18 ottobre 2013

Taglia, cuci

Ho riletto cose vecchie.
Che voglia di abbracciare quella Gioia spaventata, persa. In caduta libera.
Però, quanta strada.
Un anno fa, in un giovane autunno, scrivevo così.

Sono cresciuta brada, nessuno a curarsi delle mie peregrinazioni sciolte. Amicizie sbagliate, scivolate, scorni.
La redenzione per mano di un piccolo uomo fragile, spaventato.
Tutto troppo presto, tutto in corsa. La fretta di porre rimedio, di trovare riparo, cura. Casa.
Poi, d'un tratto, lo schiudersi di infinite vite.
No, sono bugie, io non ho meriti. Mi ci sono ritrovata. Mi hanno messo col muso sul dolore, come si fa con un cane e la sua pisciata anarchica. Allora ho capito, visto. 
Non potevo immaginare un'altra vita. Forse pensavo di non saperla vivere.
Così ho tenacemente ricostruito (un quadro spostato, una piccola pianta grassa sul tavolo), raccolto perline rosse troppo leste da afferrare. 
Ma ormai ero accesa. Lampeggiavo. Emanavo. Sono tornata nell'abito vecchio, e non mi andava più bene. Tirava sulle cuciture.
Impossibile, cazzo. Non ce la fai.
Perchè vuoi respirare (hai percepito per un attimo, l'odore di fuori) e ti sembra che il tempo sia troppo poco e troppe, le cose da metterci dentro.