Amavo i vagabondi, i saltimbanchi, gli eroi stanchi dispensatori di inchini e sorrisi.
Amavo quel circo stinto che piantava le tende nella periferia grigio ghiaia, fuori dalla finestra. Si disegnava proprio lì, luci ballerine nel vento, per farmi sognare.
E quella volta toccò a me, sugli spalti d'abete grezzo, i piedi inquieti e sospesi, gli occhi colmi di volteggi e barriti. A me.
Il giovane clown dalle grosse scarpe attraversò la pista rotonda: trombetta, risate, applausi.
Poi mi si fermò di fronte. Scese il silenzio.
Un cenno d'intesa e sfilò il naso rosso, lanciandomelo in una parabola perfetta. Rullo di tamburi.
Lo presi al volo.
Guardai nelle mie mani aperte quel piccolo cuore pulsante di storie, strade, notti. E pensai che i sogni a volte, si possono toccare.
Volami addosso se questo è un valzer
volami addosso qualunque cosa sia
abbraccia la mia giacca sotto il glicine
e fammi correre
inciampa piuttosto che tacere
e domanda piuttosto che aspettare.
Stancami
e parlami
abbracciami
guarda dietro le mie spalle
poi racconta
e spiegami
tutto questo tempo nuovo
che arriva con te.
È tempo di circo anche qui. Da bambina, era un appuntamento fisso. Un momento magico e speciale.
RispondiEliminaAdesso non ci andrei...ma per me, da piccola, era un mondo parallelo...
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