venerdì 31 agosto 2012

Simili


Sandro non era bello.
Dodici anni, un ciuffone castano, le ginocchia perennemente sbucciate.
Ma quanto mi piaceva.
Sorrideva un po' storto, come avevo visto fare solo a qualche divo hollywoodiano. E domava la sua bici cross con scioltezza. Senza una mano, senza due mani. Elargendo sorrisi. Quando impennava si assicurava che guardassimo. E noi guardavamo, eccome.
Mi regalarono un bracciale di fili colorati, uno dei primi in circolazione. Un bracciale dell'amore, credo si chiamasse così. Se fossi riuscita a farmelo allacciare al polso dal prescelto avrei suggellato un sentimento perfetto e romantico. Eterno.
Cominciai con gli appostamenti. Casualmente ero sempre in traiettoria. Mentre usciva di casa, quando si recava del giornalaio, di sera, al suo rientro. 
Ma non osavo. Sospiravo.
Allora optai per la strategia dei simili. Come disse Hahnemann, tutte le affezioni dinamiche sono regolate dal principio di similitudine. Esisteva forse un'affezione più dinamica?
Lucidai la bici rossa del nonno, una bici da uomo troppo grande e troppo alta per me. Ma di grande effetto.
E sortì l'effetto.
In bilico sui pedali, catturai l'attenzione del giovane biker. Che suggellò.

giovedì 30 agosto 2012

Piccole gioie

Ieri ho pensato a me.
Una pennichella, nel pomeriggio. Quanto mi piace. Quando abbassi le persiane, e lasci la stanza nella penombra. Lenzuola bianche e fresche. Fuori, i piccoli rumori dell'estate.
Più tardi lettura, doccia, capelli.
Un po' di lavoro, quel che basta. Il resto è qui, da sbrigare, che occhieggia.
Quattro passi, uno sguardo alle vetrine che cambiano i colori, la curiosità di sentire le consistenze: lane morbide, panni caldi, jersey colorati. Ma fa caldo.
Allora noto un vestitino, tanto romantico quanto originale. Una spalla col volant, l'altra scoperta. Una fantasia piccola e discreta su fondo blu.
Cinque euro. Cinque euro? E' possibile?
E' possibile. Pago ed esco col mio sacchetto che oscilla allegro.
Poi, pizza con Dani. 
Abbiamo riso molto, ne avevo proprio bisogno.


mercoledì 29 agosto 2012

Ricordi

Ecco la nonna Amelia.
E' incredibile, come nelle sue narrazioni emergano solo i dati sensibili.
Gli sguardi di un uomo, le cortesie di un altro, la galanteria di un terzo.
Un marito distratto, la solitudine. Passa tutto in secondo piano.
"Ero bella", dice "anche se adesso nessuno potrebbe immaginarlo".
Era formosetta e morbida la nonna. Una bellezza procace, di campagna, ma piena di fossette e sensualità.
Si rammarica adesso credo, di non aver giocato. Ascolta curiosa e attenta i nostri racconti, accarezza le nostre possibilità e ricorda. 
E, ironia della sorte, quello che le resta, intenso, è il sapore delle carezze non date.

martedì 28 agosto 2012

Trasformazioni

Gesto
Non è vero che non successe nulla
quando tirasti fuori la mano dalla tasca
e a braccio teso tagliasti l’aria
da sinistra a destra
dall’alto verso il basso
successe che a braccio teso
tagliasti l’aria
e ciò ebbe il suo peso
l’aria non è più come prima
è tagliata.
(Bartolo Cattafi)

Trasformazione. Un gesto, una parola, che provoca una mutazione. Che a sua volta trasforma.
Voglio essere trasformata, voglio trasformare.


Libri e galline














Dovrei fare ordine. Però in fondo, mi piace anche così.
Libri di studio sulla sinistra, romanzi al centro.
E a destra le mie galline.
Galline fatte a mano (grazie alla nonna di Marti, grazie alle mani sapienti di Serena), o raccolte così, mentre da una vetrina, solinghe e sperdute, mi chiamavano. O regali di chi sa, che c'è ancora un po' di spazio.
E' il caos cosmico delle mie dispense, in alto, che a volte mi disturba. Ma sono disposte in quell'ordine disordinato che concilia. Concilia il ritrovamento notturno e ansioso di una cartella, che in sogno mi appare come indispensabile. O il rapido individuare qualche sparuta pagina, che afferro al volo, la borsa a tracolla, pronta a correre al cospetto di bimbi vocianti o genitori in attesa. 

lunedì 27 agosto 2012

Risveglio

Non l'aveva ancora mai baciata.
Fu quando le chiese di sciogliersi i capelli.
Che poi lo disse così, con un sorriso, e subito aggiunse ridendo "sei più bella", ma stava già attraversando la strada, gli occhi altrove.
Così lei sfilò il fermaglio e i capelli caddero scomposti. Li ravviò in fretta, senza dare l'impressione di preoccuparsene e alzò il viso verso il suo, a capire.
Sono bella?
Lui camminava rapido e parlava, muovendo le mani. Un viaggio, alcune spese, poi sabato, forse il mare.
E lei, sciolti i capelli, cominciò a pecepire i piedi, nelle scarpe. Poi i polpacci, e il peso spostarsi dall'uno all'altro. Il muscolo contrarsi, rilassarsi. Le cosce nascoste sotto la gonna, sfiorarsi appena.
Avvertì l'epidermide raccogliere il soffio d'aria dalle grate del supermercato, un raggio di sole, lo sfregare leggero dello slip, sul fianco.
E il risveglio salì al ventre, alla bocca, che umida si schiuse. Stupita, portò le mani al volto, si fermò.
"Tutto bene?", disse lui guardandola, ancora distratto, ancora ad inseguire un pensiero.
Fu quando le chiese di sciogliersi i capelli.
Che lei, fatti quattro passi, lasciò che il suo corpo portasse. E lo baciò.


Scrivi per me


Ha rinfrescato!
Lo dico con le braccia al cielo ed un sorriso largo, pieno.
Caspita, ha rinfrescato. Sembrava non fosse più possibile.
Questo fresco mi riconsegna la voglia di progettare, trafficare, leggere.
Ora mi accompagno con la Nemirovsky.
E quando mi accompagno con un libro, lo porto a spasso, in borsa. Irène è delicata, mai invadente, però educata e cauta, ogni tanto fa capolino, chiede ascolto.
Conosco una persona che legge camminando, per strada. Ci vuole tecnica. Io non l'ho affinata.
Però mi piace pensare che lì, dove impunemente ho fatto un'orecchia alla pagina (lo so Laura, non si deve, ma non posso resistere, nonostante i bei segnalibri che mi doni), mi è possibile in ogni momento riannodare il filo. E non appena la mani -avide e frettolose- uniscono i due capi, rieccomi lì, fra le parole che Irène ha pensato per me.
L'amore doveva essere una sensazione di pace, di calma, di infinita serenità. Doveva dare riposo, se mai esisteva.
Oggi, mi ha scritto così.

domenica 26 agosto 2012

Datemi

Datemi una notte inventerò una lampadina
Datemi una stella e io mi stendo sulla schiena
Dammi un foglio bianco e ne faccio un pezzo nuovo
Datemi un maestro e diventerò un allievo
Datemi un martello apparirà di certo un chiodo
Datemi un motivo e io troverò un modo
Datemi un pennello e prima o poi nascerà un quadro
Datemi una serratura apparirà un ladro
Togli l'equilibrio e cercherò di equilibrarmi
Cambiami lo spazio e troverò come adattarmi



Sedici anni. Vado malissimo a scuola, per una sorta di ribellione, di battaglia contro il modo adulto. Più insufficienze accumulo più intensi sono i colpi che infliggo al sistema familiare.
Però scrivo con passione, i miei temi sono esplosivi. Attraverso i miei scritti provo a dire di me, della mia stanchezza. Nove, dieci. Nelle altre materie due, tre.
Frequento compagnie sbagliate, ragazzi che oziano e spendono le loro giornate al bar, per strada. Lo scrivo nei miei temi, li racconto questi visi di giovani vecchi.
Al Consiglio di classe si chiedono cosa farne di un'adolescente sbruffona e svogliata.
Il vicepreside, professor Gregori, dice che vorrebbe giocarsi una carta, domanda il permesso di lasciarlo provare.
Così una mattina, mi chiamano in sala insegnanti. Un'alzata di spalle, la classe ride. L'ennesima tirata d'orecchi? E chi se ne frega?
Invece Gregori è lì, la sua imponente presenza di barba, capelli. Mi fa segno di accomodarmi.
"Volevo farle una proposta". Ci da del "lei", come fossimo degni di grande rispetto.
"Se la sente di parlare alla radio? Io conduco una trasmissione, e nella prossima puntata volevo incontrare i giovani, raccontare i loro tormenti".
Non so se fu questo. O la percezione che era arrivato il momento di decidere, per me. 
So che sorrisi, con un rossetto fucsia. A qualcuno interessava sapere cosa pensavo. Cosa vivevo.
Per qualcuno, esistevo.

sabato 25 agosto 2012

Veronique Olmi


Un racconto erotico in cui l'intreccio prevedibile si carica di suspense e i gesti del desiderio assumono una gravità piena di pudore. 

Eeeeeh?
Einaudi!? Sarebbe questa la frase che apponi sulla fascetta del libro in questione?
Va bene, dell'erotismo c'è. Anche di una certa portata.
Ma questa è una Storia. C'è dolore, tormento, paura. C'è vita. Non suspense (che credevo si scrivesse suspance) da fiction.

Lui chinò la testa e si sbottonò la camicia azzurra. Bene, disse. E quel Bene significava Pazienza. Mi vedrai. Pazienza. L'hai voluto tu. Pazienza.
Dietro il sigaro, dietro l'uomo che porta una donna in albergo, l'uomo che stappa una bottiglia di vino, l'uomo che rovescia una donna sul letto, c'era questo. Dei piccoli bottoni di madreperla. Pazienza.

Sabato di fine agosto












Sabato rallentato. Ultimo giorno di caldo afoso, si dice.
Ho acquistato sei libri stamattina. Di solito preferisco prenderli in prestito in biblioteca e comperarli solo quando scatta la scintilla. Quando vorrei sottolinearli. Quando mi dispiace riconsegnali.
Ma sentivo di andare sul sicuro.
Guardo i frammenti di casa mia in quella che forse sarà l'ultima luce piena dell'estate. 
Lunedì cambia l'aria, cambia l'ora della sveglia, cambiano i miei ritmi. Lunedì potrò riprendere l'attività fisica, uscire in bicicletta, camminare in campagna.
Oggi però è sabato, il sole picchia, il telo da mare si asciuga in terrazza.

Fare e trasformare

                                                                                                          
L'ho detto, io quando qualcosa non va devo FARE.
Allora, come presa da una smania, ho spulciato nel guardaroba, trovando un sacco di cose da rinnovare e rinfrescare.
Trasformare è il nostro modo di sopravvivere alla fatalità.
Così, con 31° in casa, ho cucito, imbastito, provato, spostato la mia Necchi con gli spilli in bocca ed una matita tra i capelli.
Soddisfatta, ho fatto tre passi indietro e mi sono rimirata l'opera.

venerdì 24 agosto 2012

Niente

Perchè ciascuno di voi ha una propria morte, la porta con sé in un luogo segreto sin da quando nasce, lei appartiene a te, tu appartieni a lei.
(J. Saramago)

Oggi non va. Quando ti scontri con l'ineluttabile, e non sai cosa dire, come muoverti (tu, che hai le soluzioni in tasca, che pensi al "fare", come panacea e cura di ogni male), e allora cammini, ti torci le mani, ti chiedi cento volte perchè.
Sono sempre drammi di altri, e poi scopri che quei drammi sono ogni giorno più vicini. E li respiri, li tocchi, li assaggi. Una lacrima, un singhiozzo e tu non sai neanche (sorpresa...non eri tu che sapevi toccare l'anima e il cuore della gente?) donare un abbraccio, perchè quel dolore è troppo grande e ti fa paura. E' troppo vicino.
E' difficile accogliere l'idea che siamo niente.

giovedì 23 agosto 2012

Potenza delle immagini


Ed van der Elsken, fotografo olandese.
Arrivò a Parigi nel 1950, aveva venticinque anni e nelle tasche neppure un soldo per pagarsi una camera.
Dormì sotto i ponti, tra gli avanzi e la sporcizia, assieme ai clochards della Senna.
Imparò a riposarsi seduto sulle sedie dei caffè.
Le fotografie, durissime, accentuano particolarmente il carattere drammatico e romantico delle immagini.

Che foto.
Proverò a dormire seduta stanotte.

Post al femminile

Vorrei andare a Bologna per qualche spesetta autunnale.
L'acquisto che sto ponderando adesso è quello degli stivali.
Per la prima volta nella vita vorrei acquistarli muniti di tacco. Io, che adoravo gli stivaletti Kickers risuolati in gomma. Non so più che cosa pensare di questa vena stilosa e sciantosa che sta prendendo spazio.
Così ho peregrinato un po', perchè ho le idee abbastanza chiare. Li vorrei bicolore, con un contrasto chiaro-scuro e dal sapore un po' retrò.
Vista la mia altezza, non posso osare con i trampoli. Anche se le prime calzature, sono davvero fuori dal comune.
Allora in un sito di moda vintage in cui bazzico quando voglio risollevarmi il morale (sì, sono una mente semplice), ho scoperto qualcosa di molto interesante.
Ma a Bologna li troverò?

mercoledì 22 agosto 2012

Peccato


Delusione: stato d'animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.
 
Proprio così mi disse: "mi hai deluso".
La domanda doveva poi sorgere spontanea: "cosa ho deluso?".
Ma all'epoca non leggevo dietro le parole, non conoscevo il loro potere occulto e magico.
Allora non potei far altro che prendermi carico della sua delusione, mettermela sulle spalle con dolore, pensando a quale pezzo di me avesse potuto ammutinarsi, e seminare sdegno senza permesso.
Perchè se avessi trovato davvero il coraggio di chiedere "cosa ho deluso?", la risposta poteva essere una ed una soltanto. "Hai deluso le mie aspettative su di te".
Me le tue aspettative su di me, sono un tuo prodotto. Non ne sono responsabile. Non ti ho chiesto nulla in merito. La delusione quindi rimane un tuo problema.
Rivedo Alessandro Haber al teatro Rossetti, a Trieste. Attraversava il palco a grandi passi, urlando e ripetendo ossessivamente ai suoi interlocutori "questo è un TUO problema!". 
Il che senza dubbio indicava una certa prossimità con l'analista.
Insomma, oggi  mi dicevo che nessuno avrà mai più il diritto di dirmi che ho deluso le sue aspettative.
Perchè se il mio agire ferisce o provoca dolore, voglio saperlo, voglio una finestra su cui affacciarmi, per capire e trovare parole, azioni che sanino. Voglio reciprocità.
La delusione chiude porte e finestre. Io mi ritiro. 
Ed è un peccato.


martedì 21 agosto 2012

Formaggio


Passi il confine e..."puf", le zanzare tigre non ci sono più. Qui va solo il classico. Quella zanzara voluminosa, grigia e lentissima che vola ad altezza sguardo. E che quando si ferma, considera pure la possibilità di farsi schiacciare. Una cosa più alla pari, insomma.
Ebbene sì, sono in un ridente villaggio austriaco, prati e baite a perdita d'occhio. Mi sento un po' Heidi, senza pomelli e senza grembiule.
L'aria è più limpida, meno pesante e mi sento meglio.
"Peter! Peter, andiamo! Chiama Nebbia che il nonno ha preparato il formaggio!"
Ma quanto buono doveva essere il formaggio del Vecchio dell'alpe?

lunedì 20 agosto 2012

Fresco

No, a casa proprio non potevo più stare.
Allora ho inforcato la bici rossa e me ne sono andata al cinema.
Un bel cinemino di città, tranquillo, che adesso ospita un meraviglioso chiosco all'aperto. 
Così sono arrivata in anticipo e mi sono goduta una coca-cola che ho sorseggiato nell'attesa.
Il film selezionato (senza troppa dovizia...volevo andare al cinema e basta), mi ha dato delle soddisfazioni.
Opera prima. Ma scondo me funziona.
Commedia sentimentale non gli fa onore, perchè d'amore si parla, ma in modo mai scontato. Bravissimi i giovani attori che non conoscevo (a parte Elio Germano in un breve cameo e Pietro Sermonti che personalmente non sopporto).
Un cinema fresco (assai).
Un film fresco.
Una coca fresca.
Una Gioia fresca e svolazzante di gonne sulla sua bici.

Due


Ciascuno guardava il volto dell'altro e il movimento delle labbra, e all'improvviso passò tra loro quel lampo di desiderio che fa di un uomo e una donna fino a quel momento indifferenti due esseri che non potranno mai più avvicinarsi l'uno all'altro senza amore, o senza il ricordo di quell'amore: muta interrogazione, tacito consenso, complicità che li lega senza che una parola sia stata pronunciata, nè un bacio dato. 

Tacque e la strinse a sé. Ma subito ripresero a parlare; si scambiavano confidenze a voce bassa, ansimanti, impazienti di completare l'uno per l'altro i rispettivi ritratti. 

Non esiste il ricordo in sé, ma il suo sapore, la sua vicinanza, il brivido del già visto, quel riflettersi del passato nel presente, come il riflesso dell'immagine sulla superficie di uno specchio...

domenica 19 agosto 2012

Incoerenza e frattali


Oggi pensavo all'ordine delle cose. A come si possa o si debba scegliere se vivere di ritualità o di improvvisazione. Di coerenza assoluta o di creativa incoerenza.
E mi sono ricordata di Bruno Munari e del suo albero.
Diceva: ...allora io gli ho spiegato (ai bambini) che si parte da un tronco, lo si divide in due e si mette così, poi ogni volta come se fosse il tronco si ripete, si continua a ripetere lo schema in modo sempre più sottile ed è fatto l'albero.
E' la teoria dei frattali.
Il frattale è una figura geometrica in cui un motivo identico si ripete su scala continuamente ridotta. In natura esistono molti esempi di forme analoghe ai frattali. Uno dei frattali più riusciti in natura è la foglia di felce i cui dettagli riproducono sempre la stessa figura.


Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così familiari. Questa familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento più il mistero aumenta.
B. Mandelbrot (matematico polacco)

Conclude però Munari:  ...poi una volta spiegato questo, una volta che il bambino ha capito la regola, bisogna invitare il bambino a trasgredire la regola.
Ecco, qui volevo arrivare. All'albero piegato dal vento, nutrito da troppa pioggia, colpito dal fulmine, cresciuto in cima alla scogliera.

 













sabato 18 agosto 2012

Allegria di patate


In onore ad un amico, che in merito alla tristezza pre-autunnale oggi mi dice "...i colori a quella vita li possiamo dare solo noi, magari connessi quando si può alla nostra anima che sa dove dovremmo camminare...", ho messo in campo delle risorse e alla faccia del caldo tropicale ho preparato una meravigliosa torta salata.
Tagliare a dadini le patate e saltarle in padella con un filo d'olio e uno spicchio d'aglio (che si toglierà alla fine). Salare e pepare. Volendo, se non siete vegetariani, si potrebbe a questo punto aggiungere della pancetta.
Stendere la pasta sfoglia in uno stampo da crostata e ricoprire con i dadini di patate. Sul tutto versare tre uova sbattute con il parmigiano ed un pizzico di sale. Qua e là (nessun cuoco provetto userebbe tale espressione) adagiare dei pezzetti di mozzarella e formaggio saporito e morbido, tipo taleggio.
Cuocere in forno già caldo (180°), per circa 45 minuti.
E' una pietanza un tantino autunnale.
Per l'appunto.

Un nocciolo d'albicocca

Una di quelle giornate che sanno preciso preciso d'estate, con tutti i colori, gli odori, i rumori.
Ma tu sai.
Ti arriva a tratti quel suo languido richiamo e sì, dovrai cedere prima o poi. Al fascino delle foglie gialle, della felpa grigia ben piegata nell'armadio, degli stivali di gomma, quando piove.
E' un attimo. E senza che tu ne abbia percezione, senza che davvero tu sia stato consultato, ti ritrovi nel frenetico fare, pianificare, salire e scendere. Improvvisamente l'orologio non si limita a segnare lo scorrere del tempo, ma ti richiama, poco indulgente.
Mi sono regalata una grande estate. Forse la più satura di emozioni.
E, così come da bimba masticavo il sapore cattivo della domenica sera dopo un fine settimana di giochi e letture senza limiti, sento amaro in bocca questo agosto che già sta scendendo la china.
Allora, faccio proprio come da bambina. Mi racconto (le vedo ancora le ombre cinesi sul muro, quei conigli sghembi e parlanti a prendere vita dalle mie mani) che ci saranno cose belle. Ricette per scaldare la cucina, passeggiate e fotografie, chiacchiere sul divano bevendo un tè o calici di vino rosso alla vecchia osteria dietro la piazza.
Ci saranno alunni sulle ginocchia, storie da raccontare, sciarpe a righe, nuovi incontri, sorrisi, carezze.
E un progetto. Che tengo lì, come il nocciolo di un'albicocca di cui ricordo ancora il profumo.
Va bene Autunno, sono pronta.

venerdì 17 agosto 2012

Il bignè


"Il solito bignè professoressa?"
"Quello, sì. Quello con la glassa rosa".
Laura sorride, raccoglie il dolcetto con mani incerte, ringrazia.
Trova un posto libero, nella pasticceria che sa di caramello e lievito. Si siede e religiosamente poggia il piccolo bignè sul piattino bianco.
Toglie il cappello e si aggiusta, guardandosi attorno.
Il segretario della scuola sfoglia il giornale distrattamente, la tazzina del caffè tenuta stretta, a mano piena.
Il padre e la madre di Perelli, seduti poco più in là, sorbiscono un cappuccino a testa bassa, in silenzio. Sono stati nuovamente convocati dalla preside.
Laura trattiene questo tempo nell'attesa di consumare il suo rito. Il bignè è piccolo, potrebbe mangiarlo con un solo boccone, anche in modo piuttosto garbato. Non l'ha mai fatto. A volte, quando è di fretta, lo ha suddiviso in due morsi. Altre, e sono state le più soddisfacenti, si è concessa di assaporarlo lentamente, in tre lunghissimi e sostanziosi momenti.
Ecco che Laura, dopo aver deciso per un tempo dilatato e appagante, afferra il dolcetto dall'estremità più prossima e ne addenta la terza parte, ad occhi chiusi. Porge l'orecchio a sentire le tazze tintinnare, la cassa aprirsi e richiudersi, qualcuno entrare e dire "buongiorno". 
Pollice e medio si sporcano appena di glassa.
Un sospiro lieve e Laura è pronta per il boccone di mezzo, quello a cavallo tra piacere e piacere, tra sommità e sommità.
"Professoressa, posso accomodarmi?"
Il tono stentoreo e accattivante è quello del professor Manzi, giovane docente di educazione motoria. Laura solleva lo sguardo sulle spalle larghe, sul sorriso sornione, poi lo abbassa, sui due terzi di gioia che tiene delicatamente tra le dita. 
Senza attendere risposta Manzi si lascia cadere, pesante, sulla sedia.
"Grazie, non c'è neppure un tavolo libero", dice chiamando con un gesto la cameriera.
Laura raddrizza la schiena, serra appena le labbra e posa lenta il pasticcino.
"Non lo mangia?"
"No, mi sento poco bene".
"Se non le dispiace..."
E con mano rapace Manzi afferra il bignè, che tosto sparisce nella bella bocca avida.

Odore di foglie


Then the sun that had shown on you
Reflected in my eyes
I ran right by your side and breathed in deep

Now there’s nothing I could say

Because you steal my breath away
Now you’re by my side
And I breathe in with all my lungs
Just for pieces of you
For you
Just for pieces of you

giovedì 16 agosto 2012

Macchina del tempo


Mi piace da sempre.
Qualcuno, impunemente, la chiama "ferro da stiro". Ferro da stiro? Ma è allungata, agile, snella, elegante.
Sì, se fossi ricca ne acquisterei una, rigorosamente bicolore, e ci metterei un motore moderno. Poi farei rinnovare gli interni in pelle e radica.
Orbene, incerata e brillante, la mia Citroen sarebbe pronta per un giro di prova.














Al volante di un'auto così, non si possono indossare i jeans.
Ed ecco quindi il mio nuovo abito incrociato sul davanti, vintage, acquistato al mercatino delle pulci la settimana scorsa. Occhiale enorme, tondeggiante, con montatura in celluloide che sfuma dall'arancio al marrone. Le scarpe mi mancano. Ma pensavo che potevo optare per una cosina azzurra, discreta, leggera, e sottotono.
Insomma, non è proprio sotttotono e discreta.
Ma è azzurra.

mercoledì 15 agosto 2012

Un favore

Un ragazzino dodicenne, che conosco piuttosto da vicino, non sta bene.
Indagano, lo esplorano, ma le prospettive sono poco rosee. Si attende l'esito di un esame decisivo.
E' un'anima lunga lunga, ha messo su venti centimetri in pochi mesi e adesso sembra sciupato, pallido, come accade spesso a quell'età.
Oggi lo guardavo ridere, giocare, portarsi addosso le braccia smisurate, il sorriso acerbo, la voce stridula che promette già parole adulte, grevi e impegnate o innamorate e insensate, discorsi tra amici al bancone di un bar.
Gli è dovuto tutto questo. Gli è dovuto ubriacarsi, fare l'amore, viaggiare, nuotare di notte, piangere per una donna, per una vetta conquistata, per un abbraccio ritrovato.
Ho voluto chiedere un favore. Non so come, non so a chi. Io ci ho provato.
Per favore.
Per una mamma ed un papà che oggi avevano gli occhi vuoti. Per un bambino che sta crescendo. Per la sua voglia di respirare e vedere e sognare. E anche per me: mi sono sentita perduta.

martedì 14 agosto 2012

Doti

Mentre ero al campo, una sera si parlava di bellezza.
Ci chiedevamo se c'era uno standard personale, dei criteri che istintivamente portavano ognuno di noi a classificare gli individui in "interessanti-degni di sguardo supplementare" o "non significativi".
Cosa è "bello"? 
Non scomodo Platone, sia mai.
“La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”. Lo diceva nel ’700 il filosofo David Hume. E le neuroscienze confermano questa ipotesi: il concetto astratto di "bellezza" sembrerebbe avere un concreto corrispettivo biologico all'interno del nostro cervello.
La porzione mediale della mia corteccia orbito-frontale, si è attivata all'età di sei anni, per un tal Marco B., coetaneo dai biondi capelli e dagli occhi di ghiaccio. Da lì in poi, fu tutto un susseguirsi di infantili e adolescenziali passioni per esseri algidi e platinati che, in quanto cloni del principe azzurro, si ritrovavano a scartare stuoli di fans adoranti.
Anche oggi, un Chris Martin saltellante sul palco, un Paul Bettany cattivo e spietato, un Brad Pitt dall'occhio languido o un british-Jude (niente cognome, ormai siamo intimi) irriverente, mi fanno un certo effetto.
Ma nel concreto, ora che sono cresciutella, la mia corteccia orbito-frontale reagisce alle posture e alle parole. Un uomo che sta bene nella sua pelle, che si muove disinvolto e libero. Che gioca nella sua imperfezione. Un uomo che parla il giusto e che non deve dimostrare nulla.
È certamente una gran dote quella di accettare serenamente di non possederne alcuna.
(G. Soriano) 
Anzi, mi sa che è questo che identifico con "bello".

Principesse lacrimevoli





One day.
Quando e cosa sia veramente il momento giusto, non è dato sapere. Sicuramente, per Emma e Dexter, il 15 luglio 1988 è il primo giorno del resto della loro vita. Quel singolo giorno diventa un oblò su una storia che attraversa vent’anni, qualche città, ma un’unica strada possibile.
Sì, oggi tiro fuori la mia principessa. Quella che ha versato fiumi di lacrime per la bella e triste storia di Emma e Dexter.
E poi, ho un debole per Anne Hathway, che trovo di una bellezza disarmante e pulita.

lunedì 13 agosto 2012

Rimpianti

Amelia, l'unica nonna che mi rimane, è assolutamente presente e vigile.
Anzi, mi sembra che la sua natura autoironica e sagace trovi ora più tempo e spazio per dirsi.
E' stata sarta, una sarta esperta, "finita", che sapeva inventare per noi costumi, abiti principeschi e bambole con le trecce. Ora vede poco, ma saggiare la consistenza di una stoffa le procura ancora un brivido, un'emozione.
Stasera sono passata a trovarla.
Si è complimentata per l'abito che indossavo, e dopo aver appurato che l'avevo cucito io, ha analizzato orli e rifiniture. Ho superato l'esame.
Ci siamo accomodate in cucina, e come accade sempre appena si abbandona sulla sedia accanto alla finestra, i ricordi si affacciano, uno ad uno.
"Non credere a quelli che ti raccontano che la vecchiaia è una bella cosa", dice amareggiata.
Poi aggiunge sovrappensiero: "ho lasciato troppe cose da fare, troppe risposte da dare. E adesso, solo adesso so cosa dovevo fare e cosa avrei dovuto dire".
La ascolto, incantata. La badante ci interrompe per chiederle se vuole qualcosa da bere, fa molto caldo e la nonna è affaticata.
Lei sorride e dice di non interromperla adesso che sta "facendo filosofia".
Pensa, poi conclude, seria.
"Credimi, fanno meno male i rimorsi che i rimpianti".

domenica 12 agosto 2012

Nuove melodie

Grazie a Noce Moscata ho esplorato territori musicali nuovi.
Ed ecco la versione dei Non voglio che Clara di un vecchio pezzo di Mina. Mi piace.



Riprendersi


“La vita senza racconti diventerebbe una grande schizofrenia in cui esplodono come in fuoco d’artificio i mille pezzi delle nostre esistenze: per ordinare e capire chi siamo dobbiamo raccontarci”
(A. Tabucchi)

"Solo quando ci si è trovati, bisogna imparare a perdersi ogni tanto, e poi ritrovarsi: premesso che si sia pensatori.
(F. Nietzsche)

Un po' come i tarocchi, che ieri sera Marilena ha letto per Laura, così io oggi leggo e soppeso ogni parola. Le alzo, le sposto, ne sovverto l'ordine, provando a farle suonare. Ma sono mute.
Quante volte questo scalpellare e ripulire, questo incidere e poi soffiare via polvere, mi ha portata lì, sul ciglio di un pianto, su un abisso liquido di nostalgia?
Mi perdo, a volte.
Allora è necessario spegnere il fuoco, lasciando in cucina un'unica candela accesa. Avvolgersi in una sciarpa che sa di buono, infilare gli stivali di gomma. E dopo aver messo qualche provvista nella bisaccia, andar per sentieri e boschi, cercando. Chiamare a gran voce.
Mi trovo, spesso.
Anche oggi guardando lontano -una mano a schermare gli occhi-, mi pare di vedere la gonnella bianca e il passo svelto di quella biondina. Si lascerà prendere, lo so.

sabato 11 agosto 2012

Un, due, tre...stella!


Dopo aver cacciato stelle cadenti stesa su una coperta nel prato, affronto l'ultimo giorno qui tra i colli.
Domani si torna a casa e non mi dispiace, quest'anno.
Un'alchimia impossibile, sicuramente originata dalla mancata condivisione di obiettivi e intenti.
Perchè sono venuta qui? Perchè sei venuto qui? Cosa cercavi? Semplice, chiaro. Ma non è stato esplicitato.
E mentre gli spaghetti scaldati e ripassati da tre pasti languono in attesa dei volontari di turno al mercatino, penso a quanto fatto.
Mangiare scarti per un'intera settimana e nutrire di codesti scarti venticinque persone, ha del miracoloso. Non è mai stata fatta una spesa. Abbiamo utilizzato unicamente prodotti in scadenza (o appena scaduti), che i supermercati avrebbero eliminato. E dover cucinare per una truppa trovandosi davanti un sacchetto di fagioli, tre casse di melanzane ammaccate, due ricotte, aneto, tre vasetti di yougurt, mezzo chilo di miglio e tre pacchi di spaghetti, richiede un notevole investimento creativo.
Dall'altra parte, provare ad esprimere il proprio disappunto utilizzando espressioni e vocaboli appropriati (nonchè decorosi) rimanendo in ascolto attivo, implica un enorme impegno sul fronte della mediazione e del controllo di sè.
Creatività + controllo. Ottima formazione per chi, da qui a qualche settimana dovrà gestire ansie adulte e moti d'entusiasmo infantili coniugando il tutto ad un apprendimento vivo ed esperienziale.
Bingo.


venerdì 10 agosto 2012

Canticchiavo oggi


Io sono qui in un mondo che ormai
gira intorno a vuoto
lontano dal tuo sole,
piove mai io qualche cosa farò
per sentire ancora
tutto il calore che ancora non ho
e avere un po' di pace
che ora non ho
e luce nei miei occhi
che ora non ho
un direzione giusta
che ora non ho
                                                                        che ora non ho

giovedì 9 agosto 2012

Un minestrone

Seduta sotto un albero, ascolto le cicale.
Sotto, la collina scende morbida, tra gli alberi da frutto.
Abbiamo pulito e tagliato la verdura. Mentre l'enorme pentolone di minestra sobbolle sul fuoco, alcuni cuciono e assemblano nel salone ombroso e fresco. Altri sono giù, al banchetto del mercato.
E' difficile accogliere la diversità, un modo diverso di stare al mondo, di sentire il peso delle responsabilità, di condividere compiti e impegni. Qui c'è tanto da lavorare, basta volere.
E capita che misuri, pesi, confronti, quando sei stanco, quando ti pare di aver già dato molto, troppo.
Guardo alcune persone qui e vedo che sono nel "fare", senza peso, col sorriso. Fanno perchè è giusto, fanno perchè hanno deciso di darsi senza riserve. Senza equità.
Guardo e capitalizzo, io sono ancora assai indietro. Ma imparo.

martedì 7 agosto 2012

Baratto


Un saltino l'ho fatto!!!! :)
Ma la disintossicazione passa per diverse fasi...è difficile smettere così di colpo. Bisogna prima diminuire le dosi.
Rimane il fatto che le possibilità di connessione sono quasi uguali a zero. E di necessità fece virtù...
Fa molto caldo qui, anche se siamo in collina. Oggi al mercatino abbiamo venduto bene: abiti usati, oggettistica, artigianato. La gente, anche se c'è crisi, si ferma, chiede, offre qualcosa.
Un ragazzo africano si è portato via parecchi capi d'abbigliamento, ma non aveva abbastanza soldi. Naturalmente gli abbiamo detto di prendere comunque tutto, che non c'erano problemi. Un'ora dopo è tornato, carico di scatolette di tonno, fagioli, pelati. Voleva ripagarci in qualche modo.
Ho incontrato vecchi amici, conosciuto persone nuove. Sono stanca, un po' intollerante, e questo mi fa bene. Forzata convivenza, forzata tolleranza.
Una cosa carina, in cambio. Mi hanno detto che ho "una bellezza inconsapevole" e mi sembra il complimento più bello del mondo.


domenica 5 agosto 2012

Mi disintossico

Ultime ore di corso. Saluti, abbracci.
Ovvio che piangerò.
Ma l'abbiamo detto, qualcosa faremo. Marilde, Gloria, Giovanna, Serena. Ed io.
Inventeremo un pretesto, uno qualsiasi, per continuare a raccontarci storie, per ritrovare queste risate, che abbiamo coltivato senza fatica. Fiori spontanei.
Ora, dietro l'angolo, una settimana di impegno e lavoro. Il campo volontariato di Manitese mi aspetta, ma rivedrò persone che mi sono care. E la sera, mentre il Giamba accarezzerà la chitarra, si canterà qualche vecchia canzone di De Andrè, guardando le stelle.

 Niente internet al campo!! Quindi, per otto giorni, chiudo davvero. 
A presto :)

sabato 4 agosto 2012

La panchina


Lei sorrideva, si schermiva.
Lui, pieni gli occhi, provava a dire cose che sempre si dicono, ma che suonavano tonde, come piccoli sassi passati da una mano all'altra. Tonde e perfette.
Lei, le gambe allungate, osservava la trama della pelle di lui: il polso, le dita.
Stavano lì, pur sapendo che la pioggia, di lì a poco, li avrebbe cancellati.

Mani in pasta

La vita può essere capita solo all'indietro. Nel frattempo deve essere vissuta in avanti.
(Kierkegaard)

Impasto impasto. Tiro con il mattarello, e intanto rido.
Scopro che Sandor Marai non è stato una rivelazione solo per me e pochi altri, mentre sguscio un uovo.
"Ma anche tu? Davvero?"
Colgo, come all'improvviso, la magrezza estrema di una donna, e mi spiego molte cose. Ecco perchè non scendeva mai a cena.
Tagliatelle diverse. Le mie sono pappardelle, larghe e grezze. Poi tagliolini e persino spaghetti.
Poi si scrive, ed è tempo di sugo.
Apparecchiare la tavola è un gioco, e la tovaglia bianca volteggia prima di posarsi, per lasciare spazio ai piatti.
Quanto bene fa, portare lo sguardo fuori da sè.

venerdì 3 agosto 2012

Venerdì


Sarà difficile salutarli dopodomani.
Capita in situazioni come questa: perfetti sconosciuti diventano presenze vitali, per quel tempo, assieme dilatato e concentratissimo.
Le distanze si annullano, e in poche ore tu sai della vita, dei sogni, delle paure.
Eccoli ancora, gli occhi colmi di pianto, che subito si stemperano in un sorriso, in una risata, nella voglia di sollevare l'altro dal suo dolore.
Caspita. Che cosa bella mi sono regalata.
E oggi, camminando nel giallo e nel verde, in un silenzio spesso e dolce, ho raccolto. Un sasso, una foglia, una foto. Un volto, una parola, un fiore.
Marilde e il suo coraggio.
Alessandro e la sua solitudine.
Mimma e le sue ombre.
Gioia ha imparato. Che esiste un posto, anche per lei.

Bernard

Bernard si chiese se fosse stata l'acqua a risvegliare in lui il ricordo.
Abbassando gli occhi, osservò compiaciuto le bianche ghette calzate sugli stivaletti di vitello nero. Piantò saldamente il bastone da passeggio a terra, e sollevò le suole alternativamente, spostando busto e testa di lato, per controllare gli appoggi, come farebbe il bravo stalliere con un purosangue.
Si chiese se raggiungere il ruscello, che ancora distintamente udiva scorrere, attraversando la boscaglia. Ma l'espressione di tedio dipinta sotto i folti baffi all'inglese palesò la scelta, ancor prima dei suoi passi.
Proseguì sulla strada maestra e colse, con fare distratto ma consapevole della poesia racchiusa in quel gesto, un fiore d'elleboro. Lo infilò all'occhiello.
Sì, probabilmente il fluire lento dell'acqua fra i ciottoli gli aveva portato a memoria un bambino magro, secco, intento a cacciare le rane. I pantaloni arrotolati fin sopra le ginocchia, la mani infangate, un sorriso incantato, che la luna scopriva.
Gli assomigliava di certo quel bambino, aveva il suo sguardo. Ma Bernard, spietato e già assente, lo inabissò fra i flutti.

giovedì 2 agosto 2012

Intoppi


Passeggio per il borgo. La consegna pare semplice, dobbiamo fotografare un dettaglio. Stringere il fuoco sulle cose piccole, dare voce ai particolari.
Un lucchetto, una ragnatela, due piume sul selciato.
Fa caldo, il sole asciuga l'acqua dai panni stesi.
Sono uscita dalle mura, e mi avvedo, come in un risveglio, di essere in cammino tra gli ulivi.
Oggi un corsista dice "tutto ha un senso, nulla è casuale". Che pare banale.
Invece no. Mentre compongo e ricompongo le mie foto, capisco. Gli accadimenti mi hanno insegnato che posso anche permettermi di non sorridere ad oltranza.
Alzo gli occhi prima di risalire.
C'è un cartello.

mercoledì 1 agosto 2012

Storie della notte


Lei è stata la fidanzata di Vasco. Quando aveva vent'anni. E glieli vedi quei vent'anni, negli occhi mobilissimi, nel sorriso che si accende, senza preavviso.
Lei invece, coi capelli scuri, vorresti essere tu, fra due manciate d'anni. Vorresti quei gesti pesanti, consapevoli, quell'ordine delle parole.
L'altra, di una bellezza luminosa ancorché antica, conserva il suo mistero e non si racconta. Però leggi alcune pagine della sua storia nel passo lento, nell'aspirare avida il fumo della sigaretta, per poi spegnerla, senza gioia, solo a metà.
Assorbo queste storie, questi occhi, e la notte non posso dormire. Il campanile batte quattro rintocchi e la vedo postarsi accanto a me, in questo buio fitto, la voglia di esserci.

Trame e vita




Prova a raccontare la tua vita tessendo.
Prova a scegliere i fili, uno per volta, tastando le matasse come fossero materia viva.
Prova a chiederti, mentre tessi, intrecci, annodi, perchè hai voluto propio quel filo, grosso e grezzo. O quell'altro, lucente e morbido. A chi hai pensato? Perchè li hai accostati così, chi si racconta in ogni filo, quale parte della tua vita rappresentano?
Mentre aggiustavo la mia trama (perchè da subito, ho pensato ad una trama, con l'ordito) e cantilenavo per non sbagliare "sopra, sotto, sopra, sotto...", ho letto tutte le risposte che il mio tessuto poteva dare.
Era tutto così chiaro, che ho versato una lacrima. 
Io, che tengo sempre alta la soglia del controllo.
Niente nodi, niente lacci, solo fili a costruirsi un sostegno. Se un filo viene a mancare, la trama non si regge.
Però ci sono gli incroci. 
E gli incontri.