giovedì 31 ottobre 2013

Va così

Chiedo preventivamente scusa.
Mancherò, lo so.
Non sempre sarò all'altezza.
Ma dovevo scontrarmi coi miei limiti, prima o poi. 
Ci sono persone a cui voglio bene, e che aspettano un segno. Una telefonata, un caffè, la risposta ad una mail, ad un sms. Non sono stronza, questo volevo dire. 
Solo che magari sono a scuola, a fare la spesa, lanciata in un sorpasso. Allora dico "chiamo dopo, rispondo dopo, con calma". Ma non sono mai calma, e accumulo debiti, uno via l'altro.
Mi spiace, va così.
Però torno presto.

mercoledì 30 ottobre 2013

Alberi

Vedo gli alberi, da qualche mese.
Oggi, complice un borino fresco, ho portato i bambini sotto la pioggia dorata dei pioppi.
Io non li guardavo mai, gli alberi. Ora ci sono, anche dove prima non c'erano. Mi affiancano, mi accolgono, si mostrano.
E sorseggiando il cappuccino stamattina, ubriaca di luce, mormoravo Fossati, a fior di labbra.
Perdona
se non ho avuto il tempo di imparare
se io non ho avuto il tempo
di imparare.


Se fossi un vero viaggiatore t'avrei già incontrata
e ad ogni nuovo incrocio mille volte salutata
se fossi un guardiano ti guarderei
se fossi un cacciatore non ti caccerei
se fossi un sacerdote come un'orazione
con la lingua tra i denti ti pronuncerei
se fossi un sacerdote come un salmo segreto
con le mani sulla bocca ti canterei

E invece come un ladro come un assassino
vengo di giorno ad accostare il tuo cammino
per rubarti il passo, il passo e la figura
e amarli di notte quando il sonno dura
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore

Perché l'amore è carte da decifrare
e lunghe notti e giorni da calcolare
se l'amore è tutto segni da indovinare

Perdona
se non ho avuto il tempo di imparare
se io non ho avuto il tempo
di imparare.

lunedì 28 ottobre 2013

Settimana corta

Ho trovato questa foto, scattata un anno fa, a casa della mia mamma. Ero da lei (aveva preso diligentemente nota del mio arrivo) in un giorno di bora e pozzanghere. In piena tempesta.
Oggi, dodici mesi dopo. 
Scelgo un'altra pietruzza per il mosaico. La tasto, liscia, azzurra, lucente, e la incastro spingendo appena.
Il disegno non si vede ancora, o forse si può appena intuire facendo parecchi passi indietro. Disarmante, da tanto è bello. 
Di tesserine, ne mancano ancora.
La vita sei tu, fidati di te. Così mi scrivi amica, in un messaggio dei tuoi, che hanno il sapore del vino nero che imbottigli, fruttato e mosso.
Giovedì torna il sole. E venerdì vorrei salire, nella casa fra castagneti e foglie gialle. Dormire, leggere, cucinare zucca e pancetta. 
E fidarmi un po' di me.

domenica 27 ottobre 2013

Boschi e volpi

Le volpi-cornicetta del mio sogno. Stamattina ho provato a disegnarle. Uguali!

Chiudi gli occhi bambina, e sogna.
Sogna le volpi rosse, che allargano le zampe, una via l'altra, come in una di quelle cornicette che si fanno nei fogli a quadretti. Naso nero, baffi, coda folta dalla punta bianca. Pare quasi che sorridano.
Sogna bambina. Le braccia che ti stringono sono due, il respiro che senti, uno solo, col tuo.
Sogna la casetta nel bosco, quattro travi fanno una veranda. Uno scampolo di stoffa fa una tenda. Una pentola sul fuoco fa il minestrone. Sogna bambina.
Chi ti ha detto che non si può sognare? Tu, eri così brava a sognare.
Ti ricordi?
Un asciugamano secco di bucato, steso sul marmo del corridoio. Bollicine e cannuccia in un bicchiere di vetro grosso. Fingevi di mare, di spiagge, di ombrelloni, di bibite verde smeraldo. Fingevi di tuffi, schiamazzi, risate. Invece era tutto lì, grigio e angusto: un appartamento scatola in una casa scatola, in un quartiere scatola. Odore di carote lesse, alle quattro del pomeriggio.
Ma tu, vedevi il mare.
E quando viaggiavi, seduta all'indiana sul copriletto di ciniglia marrone? In un attimo eri sopra i tetti, e tutto si faceva piccolo, risibile, lontano.
E il tavolo rotondo? Bastava buttarci sopra un lenzuolo ed ecco le mille stanze di un palazzo incantato. Guardate la principessa dai biondi capelli, guardatela scendere la scala di cristallo!
Eri brava a sognare.
Come dici? Che non c'era altro modo per sopravvivere?
Sì, forse è vero. Però ne hai creati di mondi. 
Mondi rifugio, mondi guscio, mondi ombrello, mondi scialle di lana. Bastava un niente, uno schioccare di lingua, uno sbattere di ciglia, un colpo di tacco. E via, non c'eri più.
Niente spinaci all'olio, disegni sbagliati, mani severe, ombre scure. Tu andavi, leggera, e lasciavi tutto lì. Caspita, che magia. E loro, che stupidi, pensavano tu fossi ancora lì, la testa china sul piatto.
Lo vedi, tu sapevi sognare.
Capisco, hai paura. Credi che anche questo abbraccio possa essere fatto della materia dei sogni. Un mondo dei tuoi, un luogo fatato, un posto delle fragole. Temi che sia tutto per finta, che se ti volterai appena, troverai solo grigio e polvere. Fine del viaggio: smontare dalla coperta volante, uscire dal palazzo senza scarpe, scoprire marmo freddo, là dove c'era il mare. Solo spinaci all'olio e ombre scure.
No bambina.
Guardalo questo abbraccio, toccalo, saggialo coi denti, scuotilo. E' di sasso, terra, legno, carne.
Lasciati tenere salda bambina, sciogli i ricordi, puoi restare.
E sogna, sogna di volpi e boschi.

venerdì 25 ottobre 2013

Stanca

Per Aron tutto era chiuso prima di incontrarla, il mondo non ne voleva sapere di lui. E' così che certe persone possono avvicinarsi l'una all'altra, e così era capitato a loro. L'aveva vista aprire le cose una dopo l'altra, renderle ricche, splendenti di significato. Era penetrato nel mondo delle parole.

In tutti i suoi gesti concentrava tanta luce, che ce n'era anche per lui.
(G. Tunström, L'oratorio di Natale)


Prestandomelo hai detto che era pieno di armonia e di cose che avrei capito. Non pensavo così tanto.
Mentre lo leggo, appunto qualcosa sul post-it verde mela, che appiccico leggero, per non lasciare segni.
Sono state due giornate difficili, disordinate, senz'aria, come le mie borsette dal fondo infinito in cui tutto (biglietti del cinema, una collana, un quaderno, guanti, un'arancia, pasticche) cerca spazio e luce. 
Oggi ho capito. Cos'è che mi fa pensare di non essere degna, di dovermi sempre e in qualche modo meritare uno sguardo d'amore. E di non fare mai abbastanza per tenerlo su di me.
L'ho visto papà Franco, a spremere qualcosa di geniale dalla mia piccola testa confusa. A illuminarsi felice, appagato, quando con fatica trovavo la risposta giusta, quella fuori dagli schemi, quella che mai nessun'altra bambina avrebbe dato. Bingo!
L'amore va conquistato, con impegno. Mai distrarsi, mai abbassare il tiro. All'altezza, sempre.
Però papà, adesso vorrei sedermi un attimo.

giovedì 24 ottobre 2013

Scrittori e scritture


Ieri sera prima lezione del laboratorio "Short stories". Emozione da primo giorno di scuola. Rosicchiavo la penna nell'attesa dell'inizio.
Mauro in gran splovero, più incisivo e ispirato che mai.
Sedici corsisiti, e stranamente la percentuale di uomini è alta. Il partecipante più giovane è un imberbe attore ventenne. La più anziana una cardiologa in pensione.
Una mamma col pancione, un traduttore di testi per l'infanzia, un metalmeccanico.
Presentazioni reciproche, testi di vari autori, un bel video di Baricco (qui) sul senso dello scrivere.
Interessante la citazione di Covacich: 
Non pensare a scrivere, pensa a vivere. Se vivi pienamente, se presti attenzione alle cose che ti succedono attorno, se ascolti e ti ascolti, il più è fatto. L’esperienza si trasformerà in scrittura, pretenderà una voce, una pagina.

Così oggi i miei poveri alunni si sono subiti un pippone sulla scrittura, pieno di fervore. Sulla gioia del comunicare emozione attraverso le parole. Sul cogliere, sull'esprimere, sul raccontare.
Ed ecco che qualcuno ha raccolto le sue emozioni, nere sulla pagina bianca.
Mi sono commossa.

La paura
La paura è un sentimento brutto
che viene quando c'è notte, 
che spaventa i bambini come un cacciatore che uccide un orso.
La paura ti aggancia il cuore
e ti porta all'inferno.
La paura è un sentimento primitivo.
La paura è importante, senza quella non potremmo vivere.
La paura ti porta alla tristezza, all'amore, alla felicità.
La paura è vita.

mercoledì 23 ottobre 2013

Temi importanti


Ore 10 del mattino. I bimbi di prima elementare lavorano alacremente. Dopo l'impegno della scrittura è il momento del disegno e sono rilassati, ciarlieri. Li lascio dire, se riescono ad essere rispettosi dell'impegno e dello spazio altrui.
"La mia mamma si è fatta delle ciocche bionde", dice un tipetto tutto ciglia.
"Ma se ha i capelli neri?", replica una compagna.
"E' bello per quello", risponde lui con un'alzata di spalle.
Silenzio. Attendo la replica delle due esperte in materia di bellezza, moda, tendenze del momento. Abbiamo tentato più volte (noi e i genitori) di smussare e contenere questa loro spinta verso la preadolescenza, con tutto il suo corallario di braccialetti, calze fucsia, smalti bicolore e sospiri languidi.
Niente da fare, pare ben radicata. 
Molto prosaicamente le invito a soffiarsi il naso o a pulirsi la bocca quando mangiano la cioccolata, così, tanto perchè tornino coi piedi per terra. Civettuole, si tamponano le labbra con l'angolo del tovagliolo. 
Insomma l'attesa replica arriva, puntuale.
"Quindi", dice la prima, "la tua mamma si fa la tinta? Anch'io vorrei farla...(occhi al cielo), ma non si può, fino ad una certa età".
"Pensa", aggiunge l'altra continuando a disegnare, "che io sono addirittura nata con le meches!"
L'amica, incredula e -stranamente- a bocca asciutta, mette giù il pennarello e la fissa. Cerca affannosamente una risposta che la rimetta in carreggiata.
Poi si accende, radiosa.
"Beh," dice raddrizzando la schiena "anch'io...sono nata".

lunedì 21 ottobre 2013

Prime visioni

Come mi piace andare al cinema.
Piccola sala di città, domenica sera. Alla cassa c'è la Mara, che non mi pare affatto cambiata dai giorni senza crucci dell'università. Stessi orecchini, stessa dolcevita, stesso eyeliner. Come ferma nel tempo. Lavorava qui a tempo perso per arrotondare un po', ora ci lavora a tempo pieno per vivere. Il fatto mi mette un po' di tristezza: l'immutabilità delle cose porta con sè tante domande.
Fuori è davvero autunno, piove umido e una pozzanghera riflette il lampeggiare arancio del semaforo.
Anche sullo schermo è autunno. Boschi giallo oro, che mai credevo di poter vedere. E primi piani che saturano lo schermo di pelle, pori, pupille, labbra.
E' "La prima neve"di Andrea Segre.
Tolgo gli stivali, mi ranicchio sul sedile di velluto rosso e alzo gli occhi. Incantata.

domenica 20 ottobre 2013

Le Ere del pianeta Gioia

Stamattina, mentre sistemavo due cose in casa e mi preparavo ad un pomeriggio impegnativo, pensavo a questo blog. A come mi ha accompagnata. A come mi ha accolta quando le cose da dire premevano forte. Alle persone belle, che mi ha fatto incontrare.
E mentre mi dicevo tutto questo, una folgorazione.
Oddio, una folgorazione nel piccolo pianeta di Gioia. Direttamente proporzionale.
Insomma, ho capito che questo blog, ha contraddistinto un'Era. E se un'Era geologica rappresenta il tempo trascorso fra due estinzioni di massa, potrei dire che nel mondo di Gioia, rappresenta il tempo trascorso fra l'avvistare la terraferma e il raggiungerla.
Sto lavorando affinchè molte cose trovino il loro assetto. Mi piacerebbe a gennaio, aver trovato stabilità e pace. Aver toccato terra. Se guardo col cannocchiale la vedo, ed è verde, dolce, vergine.
A quel punto, anche questo rifugio di racconti, ricordi e storie, avrà finito il suo ciclo vitale. 
Racconti, ricordi e storie. Spesso anche segreti, silenzi, persone e luoghi vestiti da altro, che non potevano prendere forma, qui. 
Menzogne? No, menzogne no. Magari solo protettive omissioni.
Voglio, dall'inizio del prossimo anno, chiudere questa casa. E poi forse costruirne un'altra. Chissà. 
Una casa luminosa, aperta, in cui ogni volto, ogni nome, ogni piazza attraversata, possano trovare asilo e spazio. In cui dare parole e gesti alle persone amate, spostandole in un cono di luce.
E' il venti ottobre. Fra due mesi o poco più, devo aver sgombrato. 
Qualcuno, ha degli scatoloni?

sabato 19 ottobre 2013

Balance


I ricordi hanno tutti un peso diverso.
Non è che i più belli o dolorosi pesano di più. No.
Forse dipende da come le cose -e i luoghi e le persone- ci penetrano. Attraverso il naso, la bocca, gli occhi, le mani, le orecchie. Più si allargano e si insinuano, passando dalle mucose, dalla pelle, dalle nostre pieghe nascoste e segrete, più restano, intatte.
Allora basta un niente. Il tintinnare di un campanello, l'odore bagnato di un venticinque aprile, l'asprezza di juta, sotto le dita.
Il ricordo si arrampica agile, senza permesso, chiede solo di prenderci. E allunga una mano, e strappa.
Non è esigente, domanda poco. Il tempo di due respiri larghi, quando è dolce. Di un'apnea cava, se incide e intaglia.
Poi salta giù, e non sai com'è venuto. Può lasciarti trafitto, amaro di nostalgia, sazio di parole mute e saliva in bocca. Oppure pago, come di carezze.
Resta quel vago smarrirsi nei gesti, vuoti, che poi passa.
Prima o dopo, dipende dal peso.

venerdì 18 ottobre 2013

Taglia, cuci

Ho riletto cose vecchie.
Che voglia di abbracciare quella Gioia spaventata, persa. In caduta libera.
Però, quanta strada.
Un anno fa, in un giovane autunno, scrivevo così.

Sono cresciuta brada, nessuno a curarsi delle mie peregrinazioni sciolte. Amicizie sbagliate, scivolate, scorni.
La redenzione per mano di un piccolo uomo fragile, spaventato.
Tutto troppo presto, tutto in corsa. La fretta di porre rimedio, di trovare riparo, cura. Casa.
Poi, d'un tratto, lo schiudersi di infinite vite.
No, sono bugie, io non ho meriti. Mi ci sono ritrovata. Mi hanno messo col muso sul dolore, come si fa con un cane e la sua pisciata anarchica. Allora ho capito, visto. 
Non potevo immaginare un'altra vita. Forse pensavo di non saperla vivere.
Così ho tenacemente ricostruito (un quadro spostato, una piccola pianta grassa sul tavolo), raccolto perline rosse troppo leste da afferrare. 
Ma ormai ero accesa. Lampeggiavo. Emanavo. Sono tornata nell'abito vecchio, e non mi andava più bene. Tirava sulle cuciture.
Impossibile, cazzo. Non ce la fai.
Perchè vuoi respirare (hai percepito per un attimo, l'odore di fuori) e ti sembra che il tempo sia troppo poco e troppe, le cose da metterci dentro.

giovedì 17 ottobre 2013

Covare


Sabato prossimo sarò in tournée con la scuolina.
Non è la prima volta, abbiamo già esportato il modello.
Associazioni e gruppi di famiglie ci chiedono di raccontar loro com'è stato possibile far nascere tutto dal niente. Niente contributi, niente struttura, niente aiuti.
Ad un certo punto è spuntata questa casina rossa in mezzo ai campi, e noi ci siamo entrati, discreti. Dieci bimbi e due maestre su qualche tavolo di fortuna. Cinque anni dopo, i bimbi sono trentacinque, le maestre quattro e c'è ogni cosa. Il bollitore per il tè, i computer, appendini colorati, lavagne, seggiole grandi e piccole.
E così dovrò parlare in pubblico. Presente pure l'assessore locale all'istruzione.
L'ho fatto in altre occasioni, anche in sale grandi, anche di fronte a molta gente. Ma tutto è cambiato così tanto, e io non so davvero se riuscirò, questa volta. Ho un gran bisogno di tenere, di non disperdere, di covare al caldo le cose, raccolta. E' una fase di dolce latenza, e silenzio.
Però lo devo a Marco, papà meteorologo e presidente della scuolina, che me l'ha chiesto.
Chissà se una volta seduta, rigorosamente senza microfono, rispolvererò le parole sepolte.

mercoledì 16 ottobre 2013

Universi

L'Ikea, questo universo parallelo.
Fino a qualche anno fa, il Friuli non era stato colonizzato. Qui siamo di tempra aspra.
Così si andava fino a Padova, pur di farsi inghiottire dal parallelepipedo blu, mettersi a tracolla il borsone giallo e acquistare (almeno) la Senap Grov e due scatoline verde acido. Pleonastiche. Ma ci andavo, altrochè.
Adesso, basta una mezz'ora per vederlo comparire all'orizzonte, luminoso e fulgido. Eppure, come ogni altro genere di luogo vastamente illuminato al neon e troppo saturo di sollecitazioni, lo evito accuratamente.
Ieri ci sono entrata con un altro passo. Leggero e deciso insieme. Qui no, qui no, qui passo oltre, qui devo vedere questo. E poi la ragazza in divisa d'ordinanza che ha preso in carico la questione era dotata di una certa ironia e di un sorriso dolce, cosa non scontata nella remota colonia svedese alle ore 18.30.
"Sai", mi dice ridendo, "pare che il signor Ingvar Kamprad sia sia divertito ad inventare i nomi più assurdi per i suoi prodotti...potrei scriverci un libro con gli strambolotti* che sento!"
Nonostante tutto, ne esco a ora di cena sfatta dalla stanchezza. Troppa luce, troppi colori, troppo tutto.
Però sorrido. E sgranocchio le mie Potatischips Gräddfil Lök, lieta di assaporare e sentire.

*strambolotti =  dal friulano "strombolot" (svarione, papera, schiocchezza)

lunedì 14 ottobre 2013

Shopping

E dopo tanto selezionare...
Era da tanto tempo che non mi godevo una serata QUI.
Come spulciare nel baule della nonna. Come entrare in una boutique sur les Quais de Seine.
Abbigliamento e scarpe retrò, che mi incantano.
Due o tre anni fa ho acquistato due abitini e un paio di stivali, in saldo. Il problema sono le spese di spedizione, perchè il sito è USA. Ma che gran soddisfazione.
Mi vedevo già a passeggio lungo un viale di tigli arancioni. Sole e cielo e foglie.
Certo, ora resisto, non è tempo di acquisti. Tant'è. Si può sognare lo stesso, no?

domenica 13 ottobre 2013

Clint sempreverde

E' cambiato egregiamente.
Perchè lui è cresciuto, non invecchiato. Prima bellissimo, poi fascinoso, poi impegnato, geniale. Ha assecondato il tempo, gli è stato amico.
E non ne sbaglia una.
In Million dollar baby 
La gente muore ogni giorno Frankie, mentre lucida il pavimento o lava i piatti.
Sai qual è il loro ultimo pensiero? Non ho mai avuto un'occasione.
Invece grazie a te Maggie ce l'ha avuta, e se morisse oggi sai quale sarebbe il suo ultimo pensiero? Ho avuto l'occasione che volevo.

Ne I Ponti di Madison County.
Non sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e neppure di possederti. E in ogni caso, non è al possesso che aspiro. Credo invece che siamo entrambi dentro un altro essere che abbiamo creato, e che si chiama "noi".
Azz. Come sono romantica, stasera. Sarà la tisana melissa e tiglio?

sabato 12 ottobre 2013

In my shoes


E' una serata bellissima, figlia di un giorno cupo di piogge e grigio di cumuli. Non sapevo che ogni nube avesse un suo nome. E sono nomi da gran signore: madama Cirri, donna Nembi, lady Strati.
Ne parla un libro scritto da Fosco Maraini (e corredato dalle fotografie di Fulvio Roiter), gran viaggiatore e conoscitore di culture: Nuvolario, ormai introvabile. Anzi, se qualcuno mi aiutasse in questa ricerca vana, godrebbe della mia eterna riconoscenza.
Insomma, ho divagato.
Dicevo di questa serata bellissima.
Di quelle che ti vien voglia di buttare due maglioni in una sacca. E andare.
Di quelle che se stai guidando, in una luce viola a gialla assieme, l'auto ti porta fuori, fuori dal traffico, fuori dalle rotte mille volte scritte, a cercare carrarecce di buchi e pozze.
Di quelle che qualsiasi scarpa potrebbe essere adatta.

venerdì 11 ottobre 2013

Qui da me


This light is pit, alive and I can see you clear
I could take your hand, and feel your breath
For feel this someday this will be over
I pull you close, so much to lose
Knowing that, nothing lasts forever
I didn’t care before you were here
A distant laughter, with the ever after
But all things change, let this remain

Oggi pensavo al tempo, che è sempre poco. Ci sono alcune persone care, che mai riesco a incontrare.
Sarà perchè quando finalmente arrivo a casa, mi costa tanta fatica uscire. Sarà che detesto i bar, i caffè, i ristoranti, le pizzerie, le enoteche e i centri commerciali. 
Allora lascio la porta socchiusa. La caffettiera carica. Una birra in frigo. Biscotti e patatine sono nella dispensa, entrando in cucina a destra. La copertina calda e bianca è sul divano, dovesse far fresco.
Prego, entrate. Sarà bello abbracciarvi.

giovedì 10 ottobre 2013

Tanta strada

Rifarei ogni cosa.
Passeggiare in quell'agosto condensato, Gloria e Marilde amiche da sbucciare, una storia dentro l'altra. La scrittura sotto gli ulivi, le notti gialle da presepe.
Perdermi in un autunno di parole e guardandomi la punta delle scarpe da tennis, cercare a tentoni l'uscita.
Disertare il Natale, per la prima volta. Sola, il maglione grigio stretto addosso.
E il delirante febbraio. Pensare che da adolescente non aspettavo altro: scorazzare vestita da Minnie sui motorini altrui. Maschere. Da mettere, da calare.
La Primavera, un oltraggio agli occhi stanchi, alla pelle diafana. Quell'orto come un relitto in mezzo al nulla, da abbracciare stanca, troppo stanca per nuotare.
Tutto rifarei, dall'inizio.
Per arrivare qui.

martedì 8 ottobre 2013

Altri altrove

Qualche settimana fa ricevo una telefonata sul numero di casa.
Silenzio. Sospiro.
Mi accingo a riattaccare (ma i maniaci del soffio telefonico, esercitano ancora?), quando qualcuno si schiarisce la voce e saluta.
Lo riconosco al volo: accento teutonico e scandire robotico.
Chiama una volta all'anno, puntuale come il fisco.
Daniele. Uno di quei personaggi borderline, ben integrati nelle comunità peasane. Degno dello stesso riconoscimento accordato al dottore, al farmacista, alla maestra. 
Quelli che continui a chiamare "ragazzi", anche quando sono in andropausa.
Il ragazzo Daniele cammina con le mani dietro la schiena, appena curvo, e parla da solo. Perde i capelli adesso, ma i baffi, radi e corti, sono intoccabili.
Era la mia ombra quando lavoravo al Centro, una sorta di assistente-segretario onnipresente e molto preciso.
"Ciao Gioia. Fatto vacanza? Dove? Al mare? Vieni a trovarmi?"
Provo a rispondere. Non riesco ad inserirmi nella raffica di domande.
Lo spiazzo, gli chiedo come sta.
Silenzio. Sospiro. Riattacca.

lunedì 7 ottobre 2013

Altrove

Troppe cose, troppe cose. Pensieri, parole, opere, omissioni.
Dimentico gli impegni, gli orari, le scadenze.
Guido nervosamente, corro, spingo sull'acceleratore imprecando.
Allora, mentre la pelle mi si stringe addosso, provo ad aprire il cassetto. Quello delle cose preziose, dei biglietti piegati, degli scontrini salvati, degli odori annusati.
C'è, il mio luogo, il mio Altrove. Quello in cui fermarmi a riposare. Quello del silenzio e del respiro.
C'è, e mi aspetta.

domenica 6 ottobre 2013

Lumini accesi

Ieri, diversi segni della grazia nella mia vita:
- Alla finestra guardare il cielo pesante, e poter decidere che sì, voglio restarmene fra nuvole e lenzuola.     
Godere un mattino di pigro non fare, finalmente.
- Una cioccolata calda nel bicchierino termico, sorseggiata sotto un corridoio di glicini, carichi di foglie.
- Un incontro casuale. Leggere, negli occhi chiari e belli di chi mi ha incontrata e frequentata quando viaggavo a pelo d'acqua, un riconoscimento. Come a dirmi sì, ti capisco, hai rovesciato la scatola, ma va bene così.
- La sciarpa grigia di lana grossa, intorno al collo, a raccogliere profumo di crema al tè verde.
- Una serata di vento freddo e chiacchiere fitte, confessioni e sigarette, sul terrazzo che immagino fiorito e curato in primavera, non più mio. Consapevolmente e dolcemente.
Oggi freddo bagnato. E penso a Serena che guarda incredula la piccola Agata sorridere di gengive, a Jessica che già pensa ai rossi decori di Natale, a Giuli che porta sottobraccio il suo dolore provando a vivere.
Mi sento nelle cose. Mi sento amata.

venerdì 4 ottobre 2013

Compere


La donna cammina morbido, come affondasse le piante dei piedi nella sabbia fine.
Oscilla gialla la coda di cavallo.
Entra nella bottega, odore di crauti e baccalà. Si spostano lenti gli occhi asciutti di un commesso vecchio come il tino scuro, colmo di fagioli secchi.
La guarda vago, e prova fastidio. E' sfacciata la giovinezza. Ingiusta.
"Pioverà", le dice, come a ferirla.
"No, il cielo si sta aprendo". E schiude la bocca rossa e mostra denti da torrone alle nocciole.
"Prego", replica lui vinto, piegando appena le ginocchia logore.
"Mezzo chilo di ardore e due etti di imprudenza, grazie".
Dal vetro sporco avanza sulle cose un sole acceso.

giovedì 3 ottobre 2013

Maestre


Meraviglia assoluta.
Regalo senza pari. Pensato col cuore e il sorriso.
Maestre larghe oppure sottili. Maestre scure, chiare, ricce, lisce, a pallini, a fiori, a spirali, a scacchi e in varie fantasie. Anche a righe e a quadretti, naturalmente. E dentro le maestre, invece, cosa c’è?

Nelle giornate buone, la maestra fa entrare nei bambini quello che serve senza perdere niente per strada, nè restare svuotata del più piccolo aggettivo. 



Oggi Riccardo non è venuto a scuola, perchè si è dilungato nel prepararsi e ha fatto arrabbiare il papà, che aveva fretta e doveva andare al lavoro. Così l'ha lasciato a casa, per fargli capire. 
E che punizione è mai questa, si potrebbe dire?
Invece lui mi manda un biglietto, tramite la mamma.
Mi sono sentito male  a non essere andato a scuola. Per me non essere a scuola è come se fosse morto qualcuno perchè mi perdo delle esperienze nuove. Nel futuro penso che deciderò di fare le cose più urgenti prima.

mercoledì 2 ottobre 2013

Cantare assieme


Quando il Giamba prende su la chitarra, spero sempre si possa cantare.
Ecchissenefrega come.
Che poi le voci si confondono, e gli occhi cercano le bocche, e si sorride. Le parole che mancano a te, sono quelle che l'altro conosce.
"La sai fare questa?", e lui prova, improvvisa.
 Vorresti non finisse mai. Perchè la voce è un po' te, e la lasci andare a dire. Di te.


martedì 1 ottobre 2013

Se telefonando...

Ho sempre avuto un rapporto complesso con il telefono. Una sorta di dipendenza affettiva.
Ai tempi delle elementari, se rincasando non trovavo nessuno venivo invasa da pensieri catastrofico-apocalittici. Contattavo quindi ansiosamente nell'ordine: la compagna di banco, la segretaria di papà, i nonni a Udine, le colleghe della mamma (che sicuramente avevano raccolto le sue ultime volontà), qualche numero a caso.
Un paio di anni dopo, nei lunghi pomeriggi solitari di bora e Nesquik, seguivo con accanimento la trasmissione di una radio locale. Ricchi premi e cotillon venivano elargiti ai tenaci ascoltatori che dopo infiniti tentativi, conquistavano la linea. Tentai e vinsi molto, la bolletta lo disse chiaramente. 
E poi più avanti, seduta per terra nel corridoio di parquet tra i libri di scuola aperti, il vecchio telefono posato alle ginocchia. Sussurri e risate nella cornetta fra collo e spalla.
"Metti giù", intimava la mamma dalla cucina, "è un'ora che sei lì!".
Ecco, in verità non sono cambiata molto. 
Mi imbarazza un po'ammetterlo.