martedì 30 luglio 2013

Bilanci


Un anno fa, di questi tempi.
Lo stesso cielo caldo, la stessa maglietta.
Ma io? Quanto somiglio adesso a quella donna in fuga?
Tocca fare dei bilanci, tocca mettere assieme i pezzi, di questo anno. Denso, dolce, spesso, amaro, pieno di buche, di scorci e bellezze.
Scoperte, incredibili.
Palpiti, rabbie inesplorate, gioie sconosciute. Un mondo, un universo ho messo dentro.
Lacrime, infinite.
Ho pianto per ogni anno a venire. Un dolore cattivo e tenace che riempiva gli occhi e cancellava i colori.
Persone.
Rivelazioni, setacci naturali. Quando passi oltre questo mare, ti guardi attorno. Resta l'essenza, il nocciolo duro, lo scheletro. E non hai più bisogno di dire, spiegare, smussare. Chi rimane, ti vede per quello che sei, e ti ama.
So che suona banale ringraziare. Eppure stasera, sono piena di gratitudine. Per chi c'è stato, e davvero ha riempito un horror vacui che pareva non finire, non finire mai. Per chi mi ha svelata. Per chi ha ascoltato e raccolto ogni parola, trasformandola per me.

lunedì 29 luglio 2013

Straordinaria


Negli occhi di mio padre ho sempre letto un'inquietudine. Il suo bisogno di elevarsi rispetto al quotidiano fare e dire, la sua ricerca di una vita svincolata dai lacci del qualunquismo e della banalità, sconfinavano nel tormento e nella frustrazione.
Sii straordinaria. Questo mi diceva. Attraverso i gesti, le richieste, attraverso il suo modo di stare al mondo, presente e assente, in bilico perenne.
Sii straordinaria, non deludermi mai.
Ce l'ho messa tutta. Con l'affanno e la perseveranza che hanno solo i piccoli, quando cercano un cenno, un consenso, una carezza leggera, uno sguardo che contiene.
Inscenavo parallele e strabilianti Gioie impavide, inarrivabili, bellissime, eclettiche. 
Abbigliarsi da mosca bianca è una missione difficile. Richiede sforzo ed impegno costanti.
Nella sostanza, ero pur sempre una bambina, e non particolarmente simpatica: un piccolo genio contorto, una pagliaccia, una bugiarda fantasiosa. I compagni di giochi li intrigavo per un po', poi si rompevano le palle. E mi lasciavano per i cacciatori di lucciole, le esperte di salto con l'elastico, i campioni di sputo a distanza, i conoscitori di infiniti torpiloqui. Straordinarie oridinarietà.
Affrancarsi non è stato facile. Abbagli continui, specchi deformanti, lustrini e strass, per essere accarezzata e accolta. E non capacitarmi mai di aver superato l'eterno esame. 
Sei vuoi essere amata, stupiscimi.
Ora però basta. L'abito bianco e iridescente da mosca anomala, lo lascio cadere a terra.
E indosso la vita.

Gioia morbida


I Verdena sulle immagini di Across the Universe. Che meraviglia.
La morbidezza nelle fasi della vita.
Quella fisica, del corpo che si trasforma.
Quella dei giudizi, dei pensieri che via via perdono spigoli e asperità, fino ad assomigliarci.
Quella languida di penombra calda, in questi giorni senza fiato.

sabato 27 luglio 2013

Il coraggio del coraggio


A tutti piacerebbe trasferirsi in un posto magico. Ma sono pochi coloro i quali hanno il coraggio di tentare.
(R. Alves)

Intanto ringrazio Pier. E anche Daffo. Che involontariamente lasciano piccoli segnali e pietruzze dorate. Perchè in una mattina calda come questa, in cui provo a pesare e misurare le cose dette e fatte, fra una doccia fresca ed una tazza di tè freddo, ho proprio bisogno di agganci.
Mi sono svegliata pensando al coraggio.
In una vita precedente, qualcuno mi ha paragonata ad una pecorella: dolce, bianca, remissiva e orientata dal gregge. Questo ero. Il tragitto Udine-Padova, 160 chilometri in tutto, pareva un'impresa estrema. Partivo (e partire dovevo, per forza, se volevo sostenere gli esami universitari) come per un viaggio senza ritorno. Sorpassare un camion, fermarsi all'autogrill, cercare parcheggio. Tutto complesso, difficile, spaventoso. L'unica salvezza il pensiero di rincasare in un luogo sicuro, protetto. Conosciuto.
Poi.
C'è una spinta primordiale al cambiamento. Che puoi negare, allo spasimo, ma lei resta lì. E spinge.
C'è che ogni pecora, anche la più docile e ottusa, alza un giorno gli occhi dal suo rettangolo d'erba ben recintato, e per un attimo coglie un ruscello, un sentiero, un grande faggio grondante di foglie.
Allora, a passi piccoli, ho imparato. Le incognite del viaggiare. I percorsi sinuosi e indefiniti dell'amore. Le finestre spalancate, sempre, ad accogliere venti e profumi. Rotte anomale, impreviste, luminose o scure.
Qui ed ora, ascoltare il corpo, i suoi segnali.
E seguire tracce di senso
.

giovedì 25 luglio 2013

Grandi


Ascolto, inosservata.
Nella casetta di fronte, appena cala il sole, il piccolo ritaglio d'erba verde si anima.
Un nonno, una nonna, due nipotine adorate e bellissime. Erano piccole, ed ora crescono, le gambe cerbiatte, i volti a plasmarsi su ossa nuove.
Le ho viste muovere passi incerti, dall'ulivo al gelsomino. Le ho viste sedute in una piscina di plastica gialla, immortalate dal nonno in sorrisi fermi e foto statiche, ma piene d'amore.
Ora crescono. 
Seduta in terrazza, le sento parlare. Cantano Mengoni, assieme. Lievi storie di sandali e bracciali.
E quando la nonna, che comincia a sentirci poco, ripete per due volte la stessa domanda, colgo nella loro risposta quel tono stizzito, stanco, tipico dei primi incerti voli. Sono il futuro, tengono gli occhi sul domani. Il resto è noia. Me lo ricordo bene.
Quand'è che i grandi perdono la loro patina di grandiosità? Quando si comincia a guardare ai loro limiti con disincanto?

martedì 23 luglio 2013

Ingranare


Riprendere la vita con il piede giusto, rientrare correttamente nel gioco, attenti al ritmo, lanciarsi nuovamente in questo ballo sincopato e frenetico.
Ecco, non è facile dopo dieci giorni di apnea. Perchè dietro i cancelli della vecchia scuola, gli orologi avevano un originale concetto del tempo.
E le persone, potevano solo essere quello che erano: disordinate, rispettose, giovani, meno giovani, difettose, pavide, sicure, fragili, spesse.
I pomodori rossi, l'olio denso di lago, il Custoza freddo.
Tutto chiaro, ben distinto. Il mondo fuori, la grazia dentro, così imperfetta e sghemba da commuovere.

Ora torno ai semafori rossi, alla cassiera stanca, alla raccomandata che vorrei non leggere.
Ma è nata Agata. Mi ha accolta oggi con il profumo dolce dei suoi pugni chiusi.
Ma ho bevuto una birra rossa all'ombra del platano, ritrovando volti che profondamente amo.
Ma ho cenato parole e zucchine, parole e vitello, risate e grissini.
Bentornata, Gioia.

sabato 20 luglio 2013

Elefante o farfalla?


Mi chiedo come sia possibile che il mio corpo si muova nello spazio senza prendere le misure adeguate.
In questi giorni di lavoro ho collezionato lividi e infortuni a non finire. 
Una caduta stile Paperino sul pavimento bagnato (mentre trasportavo un vassoio colmo di bicchieri), che mi ha lasciato sciancata e storta per giorni.
Alcune vesciche alle mani.
Una grattuggiata feroce ai polpastrelli, con sanguinamento sul parmigiano sottostante.
Una spallata allo stipite della porta.
Ma la cosa curiosa è che da sempre sono così. Fin da bambina. Disprassica, si dice in gergo tecnico. In quanto psicomotricista dovrei osservare che questo non prendersi cura del proprio corpo nello spazio nasconda un senso profondo.
Invece mi limito a vedermi grande e ingombrante.
Ho sorriso quando mi è stato detto che sono troppo lieve ed etera per questo mondo acuto e spigoloso. Un'elegante interpretazione colma di dolcezza.

venerdì 19 luglio 2013

Biciclettata

Lago di Garda, un'ora per me
Odio la parola "biciclettata". Mi provoca una repulsione che non so spiegare.
E' vero che sono di una pigrizia leggendaria, ma "biciclettata" è un po' come "pizzata".
Rifuggo le "pizzate" come la peste. Eppure la pizza mi piace moltissimo.
Così ho cercato ogni possibile alibi per evitare questa sgambata da 38 chilometri: i postumi della caduta di due giorni fa, la stanchezza, le tante cosa da sistemare al campo, i costumi da ultimare per lo spettacolo...
E l'ho spuntata.
Quatta quatta li ho lasciati partire, con l'idea di regalarmi un'ora di solitudine in riva al lago. Libro, rivista, risacca, brezza leggera. Un paradiso.

Arrivano i ciclisti: Olaya, Valeria, Angela, Roberto, Alberto e Flo
Ma ho commesso un errore madornale.
Perchè non avevo considerato che la pista ciclabile da noi ben ripulita e sistemata, passava proprio di lì.
Così, mentre mi apprestavo a calarmi nelle verdi acque del lago, ecco arrivare la squadra al completo. 
Sono stata giustamente messa alla gogna.
Doppio lavoro, fino al giorno della partenza! :)

mercoledì 17 luglio 2013

Sesto giorno


















Questo rituale del fuoco acceso, la sera, mi piace molto.
Perchè qui, fra gli alberi del giardino, ad una certa ora rinfresca.
Il riverbero, le scintille, un bicchiere di vino in più, e le parole si fanno leggere, morbide.
Grazie alla bella Angela, che nel suo modo improvvisato e naif, ci tiene tutti assieme.
Grazie a Giorgio e Luisa, che mi mostrano un amore senza tempo.
Grazie a Olaya, un fiore così fresco.
Grazie a Flo, che sempre si batte, impavida e giocosa.
Grazie a Valeria che mi propina De Andrè e prova a fotografarmi mentre rido.
Grazie a Marisa, all'ironia sottile che dice con le mani, mentre si sposta il ciuffo.
Grazie a Dario e Annamaria, ai loro occhi belli, pieni di dolcezza.
Sesto giorno.

lunedì 15 luglio 2013

Voci


Duro, mistico, carnale, bellissimo.
Un libro che mi gusto nei rari momenti liberi, che sembrano ora preziosissimi e perfetti.

...aveva capito, di colpo, che il suo amore per Elsbeth era solo un amore a metà. Ed è per questo che Dio gliel'aveva negata, perchè il suo affetto era fiacco e indeciso. Un ammasso di menzogne e vile tiepidezza.
Come potrebbe, come potrebbe un uomo affermare onestamente di amare la propria donna per la vita intera, se si limita ad amarla di giorno, e forse anche allora per la breve durata di un pensiero?
Era falso perchè nel sonno non si ama.
Ecco perchè aveva deciso di vivere una nuova vita: una vita di veglia. E questa nuova vita gli avrebbe portato l'amore di Elsbeth.
(R. Schneider, Le voci del mondo)

sabato 13 luglio 2013

Qui



















E' vero sì, amo le vecchie mura, le case che raccontano storie.
Ma non mi aspettavo davvero di soggiornare in una scuola dimenticata. Una maestra di campagna che trova asilo in un luogo in cui dei bimbi resta solo l'eco lontana, una seggiola rovesciata, un guanto di lana rosa.
Osservo, ascolto. Cucino, parlo.
Oggi un saluto al faggio secolare, dicono sia sacro. L'ho accarezzato, ho domandato ombra e luce sulla mia strada. Ho chiesto che mi conservi la voglia di sapere, assaggiare, toccare. 
Maestoso, ha mosso le fronde al vento, lieve.

venerdì 12 luglio 2013

Attraverso l'acqua


And we saw oh this light I swear you, emerge blinking into
To tell me it’s alright
As we soar walls, every siren is a symphony
And every tear’s a waterfall
Is a waterfall

(Every teardrop is a waterfall, Coldplay)

Penso che il filo conduttore di questo ultimo anno, che mi pare un secolo, sia l'acqua. In ogni sua forma e stato. Versata, accarezzata, accolta, sognata, fragrante di neve, dolce di fiume, sapida di mare.
Oggi sfiorerò quella ferma di un lago. Dieci giorni al campo di lavoro (e qui sento la voce scettica di Paolo che mi invita a prendere seriamente in considerazione la riviera romagnola con i suoi richiami da circo colorato): convivenza, condivisione, impegno, notti in camerata, pasti da scout, niente cioccolata.
E io, che sogno il ritiro fra i monti, mi sono lasciata coinvolgere da questa immersione totale nella vita altrui, con tutte le sue asperità e le sue dolcezze e le sue aperture.
Staremo a vedere. Sono molto curiosa.

lunedì 8 luglio 2013

Volare


Ciabattine rosse e grembiule a quadretti. Bianco-rosso per le bimbe, bianco-blu per i maschietti.
Nella foto di classe ho circa quattro anni e sono seduta accanto all'amatissimo Moreno. I miei piedi non toccano terra. Quanta tenerezza mi fa quella bambina seria, le mani composte, le tracce di eczema attorno alla bocca.
E' da qualche giorno che pesco fra le vecchie cose: lettere, disegni, immagini.
Mi ha sorpreso la limpidezza di certi ricordi. Puliti, netti.
Come quando, nel salone di quella scuola materna con pretese di modernità, intonavamo canti disarmonici sulle note di un pianoforte scordato. E una maestra di musica troppo vecchia per ricordare la pazienza, picchiava i tasti con fastidio, quando il fa scivolava in un sol.
1 2 3, 4 5 6
un saltino e sono
sulla pancia di costei
1 2 3, 4 5 6
mi permetta un morsettino
scusi non ce l'ho con lei
1 2 3, 4 5 6
il pancino adesso è pieno
ciao goodbye auf wiedersehen
Allora io volavo. Il corpo stava lì, le labbra si muovevano, ma gli occhi cercavano una via di fuga. E subito, dai finestroni che davano sul giardino, sentivo la voce degli alberi.
E' sempre stata la mia salvezza. Saper volare altrove.

sabato 6 luglio 2013

Spinta evoluzionistica


Cos'è? Ora spiego.
Da un mese a questa parte combatto una lotta feroce con queste "farfalline della farina".
Ho ripulito gli armadi, buttato tutte le confezioni aperte di pasta, riso, cereali.
Ma inevitabilmente, tornano.
Ieri notte in cucina, ne intravedo una sul muro. Prendo lo scottex, decisa a porre fine alla sua vita parassitaria. Così accendo la luce. E scopro con meraviglia che si tratta di DUE farfalline, e che si stanno accoppiando.
Dunque. 
Tergiverso.
Sbuffo.
Se si accoppiano significa che ad un certo punto deporranno le uova. Nella mia cucina. Si moltiplicheranno.
Ma io, posso? Intendo, posso con un colpo di scottex cancellare due esseri che agiscono spinti dalla forza vitale a riprodursi?
Sospiro, spengo la luce, butto lo scottex e vado a dormire.


Oggi, al distributore di benzina.
Affianco l'auto alla pompa e subito mi trovo di lato il benzinaio. Aria da Banderas stempiato e appesantito dallo stress. Saluto, non risponde. Mi fissa e non accenna a prendere la chiave che gli porgo.
"Sono messa male?", chiedo, pensando di aver parcheggiato troppo distante dall'erogatore.
Lui tace, continua a fissarmi.
Poi, con voce cavernosa, occhio socchiuso e lieve accento latino dice ammiccante: "no, sei...perfetta".
Nella mia auto si scatena  il delirio. Risate trattenute e commenti a non finire. 
Sorvolo e sorrido: "venti euro, grazie".

venerdì 5 luglio 2013

Per grazia ricevuta


Nessuno seppe mai da dove fosse arrivata.
La cavalla baia, comparve sulla piazza in un caldo pomeriggio di giugno. Come ogni giorno a quell'ora, il curato dormiva della grossa. Provava, povero diavolo, a raccogliersi in preghiera e contemplazione sulla sedia di abete, ma nonostante la scomodità forzata si abbandonava ad un sonno rumoroso e pesante.
Furono le grida, il tafferuglio, i suoni scomposti della paura, a risvegliarlo da sogni piacevolissimi e un poco lubrici.
Spalancò le imposte sulla strada.
Una cavalla rossa dal crine nero, sporca di fango e sterpi, si muoveva sull'impiantito di sassi, battendo gli zoccoli senza controllo, ora correndo, ora sgroppando, e scuotendo il crine scuro, come impazzita.
I pochi avventori dell'osteria, avevano abbandonato i tavolini sotto il gelso, per ritirarsi all'interno.
Il maniscalco e il fabbro, resi inservibili da un rosso aspro e schietto, osservavano la scena da dietro le finestre aperte.
"E' la bestia del Franco!"
"Ma no, quella è morta l'anno scorso".
"Non sai un cazzo di cavalli, tu".
"Per me, è un demonio".
Spaventati e vagamente eccitati dallo spettacolo, continuavano a colmare i bicchieri. A loro discolpa, c'è da dire che lassù, di novità se ne godevano ben poche. La processione, la festa paesana, l'arrivo dell'avvocato Giusti con l'amante e la servitù, una volta all'anno. Nient'altro.

Il curato, fatti due conti, si disse che era meglio starsene chiusi in casa. Qualcuno all'osteria avrebbe mandato a chiamare il dottore.
E così fu.
Il dottore, un omino macilento e stanco, si occupava poco di cristiani, lassù. Archiviata la profonda conoscenza delle arti mediche, si dedicava a vacche gravide, capi di bestiame da abbattere, a qualche bracco affetto da parassitosi.
Inforcata la bicicletta, arrivò in piazza spronato dalla grida della gente, che sulle soglie si assiepava, per non perdersi il primo atto di quella tragedia tanto ben orchestrata.
La cavalla correva, seminando polvere spessa, poi si femava ansante, gli occhi febbrili, vuoti, le narici aperte. E ancora si issava sulle gambe eleganti da sauro, con versi disperati e dolenti.
Il dottore, all'angolo della piazza, proprio sotto la finestra ora sbarrata del curato, pensò che l'unica soluzione per calmare la folla e non perdere in credibilità, fosse quella di abbatterla.
Un piccolo crocchio guardingo sibilava, premeva, infiammava le parole dell'incerto dottore.
"Sì, un colpo di fucile e la facciamo finita!"
"Bravo, così si fa dottore, così!"
E proprio mentre il Berto, appena uscito dal bosco con un fagiano da tre chili nella bisaccia, veniva adescato da alcune donne deliranti e concitate, Dario, un soldo di cacio di forse quindici chili, attravarsò la piazza a piccoli passi.
Il figlio illeggittimo della maestra Valenti, aveva occhi gialli da sognatore. E il corpo secco della gramigna, che tenacemente si radica alla vita.
Silenzio. Il frinire delle cicale ignare, scandiva il respiro corto degli astanti, gli occhi fissi sulla piccola figura in movimento, ormai al centro della piazza.
La cavalla scartò. Con sguardo obliquo e scuro si voltò, come annusando l'aria.
Dario proseguiva composto, nella sua direzione.
Il sole illuminò la cima del campanile, che battè le tre, quando il bambino dagli occhi gialli si fermò sotto la povera bestia affranta. La piccola mano allungata, le dita aperte. 
Il muso rosso e bagnato dell'animale, si posò lieve su quella carne bianca e sottile, fremendo.

Fu così che la Valenti, commissionò ad un esoso orefice di città un cuore d'argento finemente cesellato, per la grazia ricevuta. E che il curato, nelle sue tediose omelie domenicali, ritrovò nuovo fervore nel citare, senza riserva alcuna, il miracolo di cui lui stesso, era stato testimone.

mercoledì 3 luglio 2013

Mossa


Quando resto in terrazza, e la notte è densa, tutto tace.
Seduta al fresco mi interrogo sulle strade e i bivi e le diramazioni infinite.
Appena muovi una pedina sulla scacchiera, subito pensi che potrebbe non essere la mossa vincente, perchè hai spostato il tuo alfiere lasciando modo alla torre avversaria di scambiarsi con il re.
Arrocco. Si chiama così.
Eppure, c'è un momento in cui devi agire, in cui la mossa si rende necessaria. Puoi pensarci, soffermarti meditabondo, sorseggiare del caffè. Ma alla fine, scegli. Scegli tra le tante possibilità.
Prevale l'istinto? Una vaga preveggenza? La razionalità o la misura?
Sposti la spalla, allunghi l'avambraccio, la mano, afferri il tuo alfiere. 
Tac.

martedì 2 luglio 2013

Il rumore della speranza


Solo chi si è reso conto che la speranza è assurda ha il diritto di continuare a sperare. A quel punto, se è ancora capace di sognare, la vita ha conservato un barlume di senso. 
(R.Schneider, Le voci del mondo)

Un capolavoro questo libro.
La vita che emerge prepotente, a dispetto delle correnti avverse, contrarie.
Che pulsa, come un mollusco scoperto sul bagnasciuga, in attesa di un respiro d'acqua.
Mi dò il permesso di sperare che la casa fra i monti mi attenda. Che un giorno salirò, poche cose appresso, il mondo al di sotto una macchia vaga, sempre più lontana. 
E accenderò un lumino, sul sentiero, per chi di notte non saprà trovare la via.