sabato 31 agosto 2013

Prima, dopo

Il nonno Giovanni e la nonna Felicita
Wake me up when September ends
(Green Day)

Ho ferito, lo so.
Ho causato dolore.
E' stata pura sopravvivenza. Si può immolarsi o smarrirsi per un'altra felicità?
Vorrei poter chiedere perdono. Stavo annegando, ho dovuto salvarmi.
Allora mi viene da pensare alla Gioia di prima, alla Gioia di adesso. Ed è sbagliato. Non ci sono una prima vita ed una seconda vita, c'è solo una strada: di asfalto, di roccia, di sabbia, d'erba. Era tracciata, l'ho vista, l'ho percorsa. Poi il bivio, il doppio cartello, la possibilità di raccogliermi o perdermi per sempre.
No, nessuna schizofrenia, nessuna dissociazione. Solo la strada.

Alberi e musica


Un esercito di alberi al vento,
sei tu,
proteggi la mia testa,
dai pensieri inutili e mi basta,
un esercito di nuvole d'argento,
sei tu,
fai diventare il cielo,
magnifico anche se non è sereno,
e non serve capire...
esplode il mio cuore come una preghiera,
trovo una ragione che non conoscevo 

ad insegnarmi cosa c'è che conta davvero.

Che brava. Ieri sera c'ero anch'io ad ascoltarla, sotto le stelle e la vecchia farnia. 
I capelli finalmente sciolti, l'erba bagnata del primo fresco a inumidirmi i piedi, e la voce di Cristina a cucire le parole.
Così oggi, sono stata capace di vedere, stesa sulle foglie.
Un sasso tartaruga che pareva messo apposta lì in bilico da chissà quale mano.
Una ragnatela stesa fra due alberi curvi, sotto il sole in cammino sulle trame, sugli orditi. Il sole si sposta e lei non c'è più.
Il bosco che scricchiola, schiocca. Uno schiudersi costante di legni, la mutazione continua del verde, che si fa giallo, marrone, e poi si spegne, nel sottobosco bagnato di vita.

mercoledì 28 agosto 2013

Ghosts


Mi capita di essere così satura di fantasmi da pensare che fin che avrò vita non staccherò.
E' un'idea assurda, lo so.
I fantasmi sono brutte bestie però.
Mi fanno credere, ad esempio, che l'amore e gli affetti abbiano una scadenza. Che io sia destinata a commettere l'errore fatale (ma relativo, come presentarmi spettinata e senza rimmel rivelando il mostro che sono, o invecchiare, o deludere un'aspettativa banale, che per definizione è un investimento sull'altro non richesto), quello decisivo, che farà dire a chi mi voleva bene "ecco, è giunta la tua ora".
Scartata, buttata via.
E non c'è razionalità che tenga. Posso ben dirmi che sono una brava maestra, una buona amica, un' ascoltatrice attenta, una donna graziosa e dotata di viva curiosità. Posso mettermi davanti allo specchio e ripetermi come un mantra "forza Gioia, tu vali, sei degna di essere amata". Posso anche chiamare le persone care e lasciare che mi sazino di cose belle, di parole dolci e affettuose.
Io faccio tutto questo, quando sto male. Eppure, i fantasmi sono lì, e se la ridono. Perchè sanno di avere la meglio. Sfoderano volti, risate, apnee, dita puntate, silenzi. Mi portano esattamente là, dove loro vogliono.
Allora mi viene da scappare. E' così grande e così torbida la paura, da indurmi alla fuga. 
In cima ad una montagna, in un eremo silenzioso, potrei mai deludere qualcuno? Potrei mai rischiare l'abbandono? Niente amore, niente paura.
Invece resto. Sì, resto. E li invito a cena, i fantasmi bastardi. 
Bisogna conoscere a fondo il nemico.

martedì 27 agosto 2013

Luoghi e stupori


Era da tanto che volevo vederlo, fotografarlo.
Il vecchio cotonificio Amman di Pordenone risale al 1875: una serie di padiglioni a capanna ormai in stato di totale abbandono.
Oggi mi accompagnava un quattordicenne dagli occhi vivaci e curiosi. L'Andrea. 
La zia di Andrea ci ha lasciati all'ingresso. Ingresso. Un buco largo mezzo metro in uno sbarramento di legno.
E noi siamo scivolati dentro.
L'Andrea, che faticano a tenere tranquillo, che scrocca sigarette alle amiche della mamma, e scappa di notte calandosi dal terrazzo, ama la fotografia. Vede le cose, coglie i dettagli, si stupisce.
Sapevo che si sarebbe entusiasmato, che avrebbe amato la bellezza delle cose dimenticate.
E scattava, e si infilava in ogni porta semiaperta, e mi chiamava a gran voce mostrandomi oggetti, spiragli, colori.
"Stai attento a quello che fai", gli dico mentre si arrampica su una scala improbabile che sale verso il nulla.
Lui si volta.
"No, tu non puoi dirmelo!", risponde ridendo.
Ecco, prendi e metti via. Mi tocca tacere e fotografare la sua gioia.

domenica 25 agosto 2013

Notte di donne

In questa notte di gocce e vento, accolgo i piccoli rumori della casa, che mi chiama.
Non ho paura a stare sveglia in un tempo da lenzuola, o di aver chiuso la porta al sonno. Va così, e basta.
In questa notte di pensieri e chiarezze, sorrido a due donne.
Una è piccola, così piccola. Ha preso forma di pancia mentre io camminavo nella tempesta. E' stata per me un richiamo alla vita, mentre guardavo alla consolazione del silenzio totale. Ora si fa spazio coi suoi bisogni primordiali, chiede ascolto e rispetto. E trova braccia, parole, nutrimento. L'ho vista perdersi di stanchezza mentre parlavamo, dentro la mano sicura di mamma.
Ciao piccola Agata. Vorrei solo camminare con te.
L'altra donna è grande. L'ho imparata guardandola piangere, chiusa in un dolore tanto vasto che il mio ci stava dentro due volte. Ho ammirato la sua bellezza di guerriera, senza sapere che la guerra l'aveva attraversata e attraversata. Conosco le sue mani forti e la sua casa aperta, che non ti annunci mai, ma entri e ti siedi, trovando asilo. Ed un bicchiere di buon Franconia.
Ciao Giuli. Buon compleanno.

sabato 24 agosto 2013

Scalata

Catherine Destivelle
In previsione della lunga ed impegnativa scalata che metaforicamente mi attende a breve, pensavo che avrò bisogno di allestire il mio personale campo base.
Il campo base è un luogo permanente (sebbene provvisorio) per approssimarsi all'ascesa di una montagna.
La tenda sarà realmente la nostra casa, e in breve ci sembrerà il posto dove abbiamo sempre vissuto.
(S. Mondinelli, Alpinismo d'alta quota)
Dunque. Per allestire il mio spazio, devo tener conto di alcune variabili (naturali) e fondarmi su alcune certezze (assolutamente umane). 
Il mio campo vuole luce. Vuole acqua. Vuole uno spazio protetto in cui accendere il fuoco.
Io necessito di buon cibo, di un luogo sicuro che accolga un sonno dolce, di abiti giusti, che tengano stabile la temperatura del mio corpo.
Allora provo a radicare la fatica che verrà, sulle piccole e grandi cose che potrebbero rendermi più forte, più strutturata, più sicura.
Respirerò. Lascerò che la luce dell'autunno, più obliqua e pura, mi sfiori i capelli, mentre bevo il primo caffè.
Troverò il tempo e il modo di accendere quel fuoco che schiocca baci di conforto. L'aspro di fuori dà spallate, ma la fiamma accesa tiene insieme legno e pietra. Finchè brilla nel buio, la casa è una fortezza. (E. De Luca, Il peso della farfalla).
Porterò buoni libri e buoni volti, per le notti più lunghe.
E se è vero, come dice Massimiliano, che ipotecare il domani è un dispendio energetico inutile, io non farò altro che osservare la cima, attrezzarmi e vivere.

venerdì 23 agosto 2013

Il presente, le parole

Che libro.
E non è un libro.
Allora, che poesia.
E non è neppure questo, non è poesia.
Devo calare ogni singola parola, perchè se le mando giù in fretta, sento dolore.
Invece, se cautamente le sciolgo in bocca, una alla volta, posso percepirne il sapore, la consistenza grezza o fine, la sapidità. Fanno tutto da sole poi. Raggiungono il centro, attraversandomi tutta.
Ieri sera in terrazza, le persone mie più care strette sulle sedie rosse, si diceva che i libri ti scelgono. Invece questo libro è stato scelto per me, e mi parla della vastità che io non so respirare. Dell'attimo presente che sempre fatico a vivere.

Sono scarsi i sensi in dotazione alla specie dell'uomo. Li migliora con il riassunto dell'intelligenza. Il cervello dell'uomo è ruminante, rimastica le informazioni dei sensi, le combina in probabilità. L'uomo così è capace di premeditare il tempo, progettarlo. 
E' pure la sua dannazione, perchè dà la certezza di morire.
L'uomo non sopporta la fine, dopo averla saputa si distrae, spera di aver sbagliato previsione.

Le bestie stanno nel presente come vino in bottiglia, pronto a uscire. Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di uomini, e non prepara alla prontezza.

giovedì 22 agosto 2013

A passo di danza


 Va bene, presto il fianco.
Forse piacciono solo a me. Caspita però, quanto mi piacciono. Mi paiono perfette.
E sono blu. Blu. Cosa c'è di più invitante di una scarpa blu bordata di beige?
Persino d'inverno le indosserò, con le parigine e un soprabito.
Voglio vedere se Pier osa contraddirmi.
Costano come due pizze, poco più. In realtà sono un'economa ed un'amministratrice dei miei beni assai poco oculata, ma spendo in modo settoriale. Per abbigliarmi ho sempre investito poco. Ma con enormi soddisfazioni.
Bene. Chi è pronto per il boogie?

mercoledì 21 agosto 2013

Montagne verdi

A Pesariis ho compiuto i miei undici e i miei dodici anni.
Un telegramma di papà che mi faceva gli auguri. Io, la cuginetta e i fiori raccolti con la nonna. Battaglie e sassaiole tra bande rivali che su di noi, bambine civilizzate, esercitavano il fascino selvaggio dei giochi primordiali. La "signorina" Ester, che mi pareva centenaria e probabilmente non arrivava a sessant'anni.
Oggi ho cercato la stalla con le due mucche, dove andavamo a prendere il latte. Non c'è più. 
Invece la casa della Ester è sempre lì, adagiata su altri muri, su altre finestre, che non le daresti un soldo. 
Oggi.
Un camino che fuma, il primo della stagione.
Una fetta di torta al cioccolato, che la forchetta divide e divide. Una torta così buona.


domenica 18 agosto 2013

Luminosa


Insomma. Odio quelli che raccontano le loro magagne. Ma, come fanno i miei bambini quando gareggiano su infortuni e sbucciature (e corollario di cerotti ora piccoli, ora enormi), stamattina mi va di condividere anche questo.
Ieri sera pensavo di starmene a casa. Invece poi. L'aria dolce, la camicetta leggera e Vedder rauco che canta Guaranteed, solo per me.
If ever there was someone to keep me at home
It would be you...
Mi faccio condurre e si parla, mentre passa dai finestrini un cielo che cambia e sospinge le sue prime comparse. Alzo gli occhi, cerco la luna e mi accorgo che una macchia nera occupa parte del mio campo visivo. Non dico nulla, provo a non spaventarmi, guardo a destra e a sinistra.
Cazzo. La macchia si allarga e si popola di piccole luminescenze. Una sorta di aurora boreale che riempie tutto. Non ci vedo quasi più.
Formicolio alle mani e ai piedi, le esortazionni a respirare in modo controllato, la corsa al Pronto Soccorso.
Mi fanno entrare subito, il medico di guardia è molto giovane e pare quasi spaventato.
Lo rassicuro come posso.  
Secondo me è la retina, dice incerto.
Non credo, perchè ha colpito entrambi gli occhi, rispondo.
In effetti, dice lui, meglio se facciamo un piccolo esame neurologico.
Lucetta, riflessi, equilibrio, smorfie. Nel frattempo la vista è tornata. Ma l'adrenalina mi ha lasciata sfinita, a pezzi. Potrei addormentarmi sul lettino freddo e duro.
Ebbene, la diagnosi. Attacco emicranico con aura. Bomba di antidolorifico, e via.
Esco sulle mie gambe un po' pesta e traballante, in questa sera pedemontana. L'eco di una festa paesana ci porta un valzerone.
Un tè caldo sulle panchine dell'ospedale, un vago senso di ubriachezza e si ride, di questa serata molto, molto alternativa.

venerdì 16 agosto 2013

Creativa estiva

 
Passeggiando per Trieste mi imbatto in una libreria antiquaria che in vetrina ospita le opere di un bravissimo illustratore per l'infanzia:  Fabio Dose, origini friulane e vita belga.
Pezzi unici. Scrigni da cui escono magicamente abecedari colmi di personaggi strampalati e storti, o morbidamente infantili. Parole francesi che sono musica: herisson, danseuse, bateu, souris. Comprerei tutto, ma i prezzi sono proibitivi.
Dopo un'intensa, ma breve riflessione, considero che quest'anno nei saldi di fine stagione non ho comperato assolutamente nulla. E che mi merito un regalino. Trenta euro di orchi ed elefanti in gonnella.

Il libraio sorride del mio entusiasmo e mi racconta qualcosa di Dose.
"Certo", dico io, "che mi piacerebbe pensare ad un laboratorio per i miei alunni...".
E lui, in un allegro slancio, prende il telefono per chiedere a Dose quando potrebbe essere in transito per il Friuli.
Parla. Sorride. Parla. Dice "benissimo". Riattacca.
"Incredibile", esclama, "sta passando ora davanti al negozio".
"Piacere ciao, sono Fabio Dose".
Caso? Destino? 

 


Una volta a casa, approfitto del fuoco creativo che alberga in me, e tento di prendere spunto.
Come primo esperimento tento il pezzo grosso, un compendio graziosissimo degli animali e delle forme di vita specifici di un ambiente naturale: mare, montagna, prato.
Taglia, incolla, disegna, scrivi.
Mi mancava. Sì, mi mancava il bel fare.





giovedì 15 agosto 2013

Guardare e vedere

Non so fotografare la vastità.
Anzi, non la so vedere. Mi toglie il fiato, mi sazia, fatico a trattenerla.
Sono per le cose piccole, i dettagli insignificanti, gli oggetti dimenticati. Come buchi della chiave sui quali posare un occhio, come varchi angusti verso mondi sconosciuti.

Foto di Gioia. Vecchio albergo Europa in stato di abbandono.
Mi parli di spazi, cieli, grandiosità. Li hai visti, digeriti, fotografati, ed ora me li passi come un bolo morbido e leggero.
Provo a non perdermi, trattengo il fiato, e poi sì, vedo anch'io. Cazzo se vedo.

Ansel Adams
Quanto più guardiamo, tanto più vediamo e quanto più vediamo, tanto più reagiamo.
(A. Adams)

Poisson

Un giorno di due o tre anni fa camminavo con un amico al parco.
Lui pensoso, attento, come sempre: accoglie, trasforma e mi restituisce quello che gli consegno pieno di nuovo senso.
Misuravo i passi e le parole, non volevo dire per dire. Volevo dare la giusta forma a quello che sentivo muoversi. Pesci rossi sotto le costole.
"Sai", gli dissi guardando davanti a me, "ho l'immagine di un tandem. Sono stanca di segnare il ritmo, il tempo. Voglio smettere di pedalare e farmi portare. Magari solo per un po'".
Ricordo che soppesò e sorrise.
"Mi piace", rispose.
Oggi, abbandonati tutti gli ormeggi, dimenticati gli specchi e i riflessi, la buccia e gli inganni, io ero lì. C'ero tutta. 
E mi sono concessa di chiudere gli occhi. Come quando da piccola, mi lasciavo cadere all'indietro, senza paura, tra le braccia di papà.

martedì 13 agosto 2013

Casa dolce casa


Quando torno dalle vacanze e rientro a casa, le cose mi appaiono diverse.
Più nuove. Più grandi. Più disordinate. Un po' meno conosciute. Vagamente estranee.
Ieri ho posato i miei borsoni nell'atrio e mi sono guardata attorno.
Sarà che quando le stanze non respirano da un po', riemerge la presenza beige della bisnonna, che abitava qui. Un sentore misto di naftalina e brodo, che svanisce non appena spalanco le finestre.
Sarà che sono caotica e che quando nel mio caos mi muovo, non riesco a sentirne il peso.
Fattostà che mi sono sentita annaspare.
Ho arieggiato, fatto entrare la luce. Ma non bastava.
Allora, una volta disfatti i bagagli (una delle incombenze più detestabili che esistano), ho messo giù due o tre buoni propositi su un post-it giallo:
1) pulizie approfondite (non so bene come si faccia ad approfondirle, ma mi sto documentando)
2) smantellamento palestra in veranda (oddio, "palestra" è una parola grossa...)
3) riordino terrazza con eliminazione albero di Natale secco (sì, era ancora lì)
Durissimo rientro.
Stasera ho iniziato con le pulizie. Ero scalza e col pareo. Non è una buona premessa, la tenuta non si addice alla missione. Difatti, ho rotto una lampadina col manico della scopa e ho pestato un vetro col piede destro.
Mi sono presa una testata sull'armadio alzandomi da terra, mentre passavo il pavimento in ginocchio, visto che lo spazzolone era fuori e mi rompeva andare a prenderlo.
Ecco, non so se passerò al secondo punto. Magari la prossima settimana.

venerdì 9 agosto 2013

My place

I was scared, I was scared
tired and under prepared
but I wait for it
If you go, if you go
leave me down here on my own
then I’ll wait for you


 
Vedo il lago sparire nello specchietto retrovisore, scuro di nuvole piene.
Primi di agosto, un'aria che pare melassa.
Solo un paio di mesi fa guardavo a settembre come ad una scatola nera colma di segreti, rotte sconosciute, vuoti che miracolosamente si sarebbero riempiti e pieni che avrebbero perso consistenza. Ora è già lì che bussa.
Porta una tracolla lisa, che apre sull'uscio come un venditore ambulante di sogni.
Infilo la mano sernza paura, le dita a sondare e sentire.
Ne cavo una foglia brillante e verde, che intreccio fra i capelli.

mercoledì 7 agosto 2013

Ieri, oggi, domani

 
 
Ti penso sempre: pur non avendoti conosciuta prima mi è sembrato di intuire che la tua attuale vitalità sia ancora più esplosiva per una ritrovata libertà, per un desiderio di recuperare tempo perduto portandoti dietro il buono della tua Prima Vita.
Un percorso accidentato...non farti male. 
Così mi scrive un'amica, che mi vede adesso, così come sono, e non sa della mia preistoria.

Ieri, dopo un pranzo leggero in un vecchio locale ombroso e lento, come lo sono questi luoghi pre-montani, esco e cerco posto sotto un acero. Accendo una sigaretta.
Poco più in là, una vecchia e bella signora dai capelli candidi, elegantissima, si dedica alla stessa occupazione. Mi osserva.
"Dopo mangiato", dice sorridendo "non si può farne a meno".
Disquisiamo. Sul fumo, sulla vita. Lucida, brillante, mi mette giù civettuola i suoi ottantaquattro anni, e piega appena la testa di lato, pronta a raccogliere il mio stupore.
"Sa cosa facevo nella vita?", chiede.
Mi vien voglia di azzardare, ma capisco che gode di questo raccontarsi.
"Facevo la maestra, qui sul lago".
Sorrido. Ecco, lo sapevo.

martedì 6 agosto 2013

Letture sul lago

Hanning Mankell   Scarpe italiane
 L'avevo tradita perchè avevo paura di essere tradito a mia volta.
Mi ero sempre tirato indietro per la mia paura di legarmi a qualcuno, di non essere in grado di controllare sentimenti così profondi. Non so perchè fosse così. Ma sapevo di non essere il solo. Vivevo in un mondo in cui molte altre persone erano in preda alle mie stesse paure.

Per tutto il tempo speravo che Dio mi apparisse e mi parlasse. Ma non ho mai sentito la sua voce, era troppo bassa. Per tutto il tempo c'era qualcuno in sottofondo che la copriva.
Ho imparato che Dio sussurra, mentre il diavolo urla. Non c'era posto per me nella battaglia che si svolgeva fra loro.

Il cibo senza segreti riempie lo stomaco di delusione.

Se mi è piaciuto questo libro. Lentissimo, una distesa bianca e infinita. Ma qua e là, tocchi di colore acceso. Le scarpe rosse e brillanti di Louise. Un nastro lucente, attorno al collo di un povero cane orfano di padrone. Il sangue denso e scuro di Sima. 
Vita e morte. Fusioni e perdite.
Pianure a perdita d'occhio e poi, inattesa, la terra si erge e mostra il cielo.

domenica 4 agosto 2013

Torride parole


You are all I need
You are all I need 
I'm in the middle of your picture
Lying in the reeds

Le previsioni dicono "giornata torrida".
Ascolto questo pezzo e per un attimo l'aria mi solleva il vestito di garza sottile.
 
 
Le parole, quelle che diciamo nel corso di una vita, sono depositate in un serbatoio? Sono lì, silenti, in attesa che qualcuno attingendo, le renda pronunciabili e rotonde?
Perchè persone diverse, con diverse parole, ci rendono capaci di nuove espressioni, originali combinazioni di lettere mai udite prima?
E' come se ogni cosa espressa attendesse il suo momento. Un luogo, una voce, un tempo. Ma più di ogni altra contingente occasione, sono gli incontri a produrre questo schiudersi miracoloso.
Siamo tutti pescatori delle altrui parole, cacciatori bramosi calati in miniere segrete e profonde. E come scimmie davanti a un formicaio, infiliamo lenti il nostro filo d'erba nella speranza ritrarlo colmo di nutrimento.

sabato 3 agosto 2013

Novità e altre facezie

La novità è che da ieri ho piantato le tende al camping sul lago.
Ultima piazzola rimasta, sole cocente e a picco dalle 8 alle 20.
Due bambini piccoli nei camper attigui che alle sei del mattino vocalizzavano allegri.
Eppure mai avevo visto la luce danzare così sulle mie gambe.

Altre cose, minuscole e grandi.

Ho ritrovato questo piccolo neo sul braccio e mi sono ricordata che la mamma, quando ero piccola, me lo aveva cerchiato con la penna. 
Ho rubato le more con la Claudia, nel giardino dei due meccanici che sono fratelli ma non si somigliano affatto. 
Buone, ma così buone che non riuscivamo più a venire via. Tanto grosse, dolci e succose da fare le dita e la lingua viola.
Due bambine instupidite dal caldo.
Amiche dai primi orecchini col buco.

giovedì 1 agosto 2013

Mi piace, non mi piace

Uno dei primi esercizi di scrittura libera che propongo ai miei bambini, è il gioco del "mi piace - non mi piace" (vedi il meraviglioso e introvabile libro di E. Bing ...Ho nuotato fino alla riga). Un foglio, una riga in mezzo, due colonne.
Viene fuori di tutto. Appena chiedo loro di lasciare il terreno sicuro dei gusti alimentari e televisivi, dopo un iniziale smarrimento, spaziano e sognano e regalano quadretti pieni di poesia.
Mi piace stare sulle ginocchia della nonna che ha odore di cipolle.
Non mi piace quando la maestra mi guarda con gli occhi arrabbiati.
Un giorno mi hanno chiesto di scrivere assieme a loro, e di condividere, come facciamo sempre alla fine del lavoro, i nostri "mi piace - non mi piace".
Non ricordo cosa scrissi. La verità, ovviamente.
Oggi ho voglia di riprovare.

Mi piace.
Alzarmi la mattina presto, bere un caffè, e tornare a letto.
Stare scalza, sempre.
Quando l'amore è profonda leggerezza.
Bere una birra, fumare e parlare guradando uno spazio aperto. Tutto asssieme.
Quando le persiane accostate raccolgono l'ombra, nei pomeriggi di luce e cicale.
Il pareo allacciato su un fianco, la cavigliera che tintinna.
Cantare, come viene, da sola o in compagnia.

Non mi piace.
Giocare a Risiko.
Ascoltare qualcuno che in fondo, non sta dicendo nulla. 
Fare la spesa all'ipermercato.
Indossare le scarpe con le zeppe.
Il mare, quando c'è gente.
Assistere ad un litigio, l'ansia che sale.
Pensare a quello che sarà. Ma non posso farne a meno.