lunedì 30 aprile 2012

Aria lacustre





Giornate di nuvole e colori a Riva del Garda.
Mi sento grande, anche se già da tempo lo sono. Ho trovato ogni luogo con la cartina, ho sbagliato strada, sono tornata indietro e viaggiato con quel piacere che cercavo.
Poi ho chiesto informazioni, ritrovato l'auto parcheggiata in un luogo ameno, incontrato persone, guidato tornante dopo tornante.
L'ostello spartano, le docce comuni, la camera affacciata su un corridoio in cui per tutta la notte, impazzavano idiomi e risate.
Vivere tutto questo con curiosità.
E arrampicarsi dietro la vecchia centrale idroelettrica a caccia di immagini. Un fruscio tra gli alberi, uno scricchiolare di rami e foglie. Silenzio. Guardare dall'alto (diamine, che alto!) la gente assieparsi agli imbarchi, acquistare souvenir, scattare foto ricordo sul molo.
E io, che dicevo di non amare spostarmi per viaggiare.

sabato 28 aprile 2012

Finestre

Oggi pensavo che ci sono ancora, in città, dei luoghi che parlano.
Sto leggendo ai miei alunni "Il cerchio magico" di Susanna Tamaro.
La storia è semplice, quasi banale, e come tutti i libri della Tamaro punta alla lacrima. Ma i bambini sembrano non accorgersene: si indignano, si commuovono, sono ansiosi di riprendere la lettura, ogni giorno.
Ecco, questo per dire che dietro il facile messaggio "abbasso l'Ipermercato di cemento e viva la natura", io leggo altro. La paura di perdere finestre. Finestre vere, due gerani a cercare il sole, l'infisso un po'scrostato, dalle queli provengono rumori. Quegli spazi dove ti affacci curioso, nei quali puoi scoprire persone, odori e cibi, volti.
Mi spaventa un po' la villa a schiera, e ancor di più il palazzo dalle belle terrazze ordinate, tutte uguali. Pare che ci si debba mettere d'accordo anche per scegliere le tende.
Uguali per tutti sì, è meglio.

venerdì 27 aprile 2012

Macelli

I vecchi macelli comunali sono in stato di abbandono dal 1972.
Uno spazio enorme, capannoni e strutture in mezzo al verde. Alberi, rose selvatiche, vegetazione che pian piano si mangia i colori, le porte, la strada lastricata.
Entrare sembra difficile, invece.
Invece basta sollevare un po' il cancello e richiuderselo alle spalle. 
"Vietato l'ingresso".
Aggirandosi tra le costruzioni pare di sentire ancora acuti i versi degli animali: le rotaie arrivavano fino al primo hangar e appena fuori i ganci sospesi trasportavano i quarti.
C'è nell'aria qualcosa.
Sbuca un ragazzo asiatico, guarda, si nasconde. Cosa ci fa qui?
Poi, dietro qualche finestra, qualche portone, giacigli improvvisati, coperte, cuscini. Ci vive della gente.
Come se, in questo spazio che sa ancora di morte, la vita si fosse insinuata. Un cespuglio fiorito, una lattina di birra sul davanzale, i piccioni e i gatti, re indiscussi.
Poi questa gente, sradicata e sola, che sa prendere sonno tra il razzolare dei ratti e il vicino sferragliare del treno.

Un tempo altrove, in viaggio, al di là di un vecchio cancello.
Ora, ne ho più voglia di prima.



giovedì 26 aprile 2012

Jane Goodall

 Eccola qui, un'altra ottantenne bellissima.
"Il futuro del nostro pianeta dipende da noi. Siamo noi che possiamo fare la differenza. E se riusciamo a lasciare anche il più piccolo segno, possiamo cambiare il mondo in una notte".

Prima elementare

In prima elementare ho imparato l'alfabeto.
Qualche filastrocca, un paio di canzoncine, poi mi sono imbattuta in una serie di problemi.
Suoni che non corrispondevano a segni. Perchè mai "è" si scriveva con l'accento e "ha" si scriveva con una acca davanti?
E poi.
"Cuoco" suonava come "quale", eppure era così facile sbagliare. Allora la maestra, lenta ma inesorabile, mi ha propinato le difficoltà ortografiche. Che già a definirle così, non fanno simpatia.
Ed ecco invece la mia alunna di prima, che dichiara candida di amare "scivere libri".
Quattro o cinque ore a riempire pagine e pagine fitte e dense. La chiami a ricreazione e ti dice: "preferisco scrivere".
Copertine ben curate, titoli accattivanti, testi incredibilmente corretti.
E con lei, ci siamo immersi nella scrittura, affrontando via via i dubbi, senza chiamarli "difficoltà". Un immersione nel piacere di dirsi attraverso il potere della parola scritta.


mercoledì 25 aprile 2012

25 aprile



Giornata ventosa e limpida.
Metto giù i piedi dal letto che sono le undici, ma non sono riposata.
Sento quella necessià di ossigenare, raccogliere luce, aprire i pori, che nel mio caso non si declina mai con le pulizie di primavera.
Macchina fotografica a tracolla e via con la bici a caccia di immagini.
Scopri che là fuori, mentre tu lavori, dormi, mangi, ti affanni, ci sono dei set. Qualcuno dispone cose, oggetti, colori, volti per te e tu non lo sai.
Il problema è che non durano per sempre.
A volte solo un attimo: o ci sei o non ci sei.
Come il treno che passa veloce. Da dietro il finestrino oscurato, la mano del macchinista saluta: "ciao ciao". E io a chiedermi dove starà andando, che vita avrà, che nome scriveva sui suoi quaderni trent'anni fa, a quale donna pensa. Chissà perchè ho sempre tanta sete di storie.
Campagna e campagna, poi le acciaierie dismesse.
Ecco il mio set. Chissà chi è passato di qui, per cambiare il colore di un vetro, per allestire questo richiamo di mulini ad acqua che muovevano turbine ormai ferme. La vecchia bilancia. Un glicine.

martedì 24 aprile 2012

Metodo o spinta primordiale?


Ciò che muove il bambino è evidentemente un impulso interiore primitivo, quasi un vago senso di fame interna, ed è l'impulsiva soddisfazione di questa fame che muove poi la coscienza del bambino verso quel determinato oggetto e lo conduce a poco a poco ad un primordiale ma complesso e ripetuto esercizio dell'intelligenza nel comparare, giudicare, decidere un atto, correggere un errore”.

Se si abolisse non solo il nome , ma anche il concetto comune di metodo per sostituirvi un’altra indicazione, se parlassimo di un ‘aiuto’ affinché la personalità umana possa conquistare la sua indipendenza, di un mezzo per liberarla dall’oppressione dei pregiudizi antichi sull' educazione, allora tutto si farebbe chiaro.”

E’ la personalità umana e non un metodo di educazione che bisogna considerare: è la difesa del bambino, il riconoscimento scientifico della sua natura, la proclamazione dei suoi diritti che deve sostituire gli spezzettati modi di concepire l'educazione.”

Capelli regali

Oggi, durante la merenda, Aurora e Bianca (4 anni) mi girano attorno cospirando. Ridacchiano, sussurrano, mi tengono d'occhio.
Si fa avanti Bianca.
"Possiamo farti le parrucchiere?"
Confesso che ho un debole per il gioco della parrucchiera. Anzi, direi che lo adoro. Quindi, con grande piacere, mi presto.
"Vai al bar o vai al ballo?", mi chiede Aurora, valutando le due alternative come il massimo della mondanità.
"Mah", dico pensosa, "preferirei un ballo".
E qui sciorinano tutta una serie di proposte: bionda liscia, mora riccia, castana con la treccia...
Definiti i dettagli, mi sottopongo al trattamento. Le due esperte arricciano, tirano, intrecciano.
"Però devi dirlo al principe che ti abbiamo pettinata noi" , esclamano compiaciute.
"Certo", rispondo "ma se mi chiede chi siete?"
"Eh, le parruchiere francesi".
"Francesi? Perchè francesi?", domando nascondendo a fatica un sorriso.
"Perchè siamo molto delicate".
Alla fine, chiedo il conto. Centocinquantamila. Per una principessa, anche un prezzo abbordabile.

lunedì 23 aprile 2012

Sì, viaggiare

Ho voglia di mettere sotto della strada. Di guidare, di fermarmi in Autogrill per un panino Rustichella.
Di ascoltare i cd, toglierli dal lettore e buttarli sul sedile senza rimetterli nella custodia.
Di sgranocchiare un Toblerone mentre canto e di sporcami le dita con il cioccolato.
Poi di studiare la cartina in barba al navigatore.
E di arrivare, ma con calma.
Così ho deciso che parto, magari solo per poco, magari senza cambiare troppo paesaggio, sapori, colori.
Perchè il Rustichella ha senso solo se parto.

Malaguzzi


Scrivere era per me salvifico.
Non dico nulla di nuovo, né di illuminante, lo so. Ma quella bambina di otto anni che narra provando gioia, piacere, che naviga leggera nei suoi luoghi di parole, continua a sorprendermi.
Il breve racconto di una famiglia povera e numerosa (alquanto lacrimevole e poco credibile), in cui i protagonisti scalzi e malvestiti si muovevano su uno sfondo di infinita tenerezza e amor filiale, strideva fortemente con il mio mondo di matrigne, affidi e divorzi. Eppure mi valse la menzione d'onore.
Ecco la piccola maestra Anita che legge nell'atrio della scuola il mio scritto. Ecco i compagni, muti e attenti, che entrano a cavallo delle parole nella fredda, misera bicocca, tra le scodelle di latte fumante e i tanti fratellini seduti intorno al fuoco.
Sublimavo? Forse.
Ma in questo sublimare c'era, e lo sento con chiarezza, una spasmodica voglia di plasmare vite, volti, odori, per me inesplorabili.
Il grandissimo e compianto Loris Malguzzi, ci ricorda che il bambino è fatto di cento. “Cento lingue, cento mani, cento pensieri, cento modi di pensare di giocare e di parlare. Ma gliene rubano novantanove.”

domenica 22 aprile 2012

Pere e cioccolato

Una cara amica ci ha fatto (e portato) una meravigliosa torta al cioccolato e pere. La pera morbida e fresca si confonde con i pezzetti di cioccolata fondente, ben amalgamati ad un impasto soffice e delicato.
Ce la siamo mangiata ascoltando le chiacchiere, le serietà, le facezie di due diciassettenni con molte cose da dire, da raccontare e della suddetta amica ventenne.
Un piacere vederli, sentirli, riempirsi delle loro parole piene di senso.
Non c'è nulla da dire, io questi ragazzi li trovo strepitosi e vivi.

sabato 21 aprile 2012

Montessori e libertà

Di montessoriane qui in giro ce ne sono poche. E  io, che a dispetto del ruolo non mi definisco tale, vado ad assottigliare le fila del già esiguo numero.
Oggi mi sono fatta una lunga chiacchierata con una montessoriana doc: formata, preparata, certificata. E' stanca, sente di remare contro vento. I genitori si entusiasmano all'idea, iscrivono i bimbi pieni di aspettative, di curiosità.
Poi però cominciano a chiedere. E i compiti? E la bella grafia? E il problema di matematica? E la data in cima alla pagina?
Già, non conta che nelle nostre scuole i problemi matematici sono funzionali al vivere, che i bambini li affrontano con l'entusiasmo della scoperta e non con la stanchezza della ripetitività. Conta che non si mettono per iscritto in modo ordinato e metodico. Che la creatività è caos.
Non conta che i pensieri dei nostri bambini sono profondi, personali, originali. E che fanno riflettere anche i grandi. Alla fine, ciò che salta all'occhio è una grafia meno controllata, precisa.
Che poi, mi chiedo, li vogliamo ordinati, metodici, controllati e precisi? Va benissimo, ma sappiamo che la cornice che noi imponiamo (riassunto, verifica, prova, colore dentro i bordi, disegni su commissione...) tende a spegnere? E' più facile incastrarsi nella cornice che esporsi con i propri talenti, mi sembra ovvio. Ma evidentemente, non è così ovvio.

Aspirapolvere di stelle (Stefania Bertola)

La nostra eroina, Arianna, si reca dalla cartomante.
"C'è un tipo che mi fa impazzire Zamira, e voglio una storia con lui. Una breve passione che non metta a rischio il mio matrimonio ma resti come un ricordo che illuminerà il resto della mia vita".
Zaira la guradò sospettosa.
"Tui hai ricominciato a leggere gli Harmony".
Arianna si mise sulla difensiva.
"Che c'entrano gli Harmony?"
Zamira sospirò. Per fortuna il suo conto in banca cresceva con quieta determinazione. Tra non molto avrebbe potuto comprarsi una casa sulle rive del Danubio e abbandonare al loro destino queste immorali consumiste.
"Ascoltami bene Arianna...vedo una realizzazione, in fondo al tuo percorso: l'impiccato lo indica con chiarezza. Ma c'è anche la luna nera, quindi il percorso sarà tortuoso e ingannevole.  L'ostessa qui a sinistra è il segno di un momento di incertezza di fronte al bivio. Ma non sempre il bivio è davvero un bivio. A volte, una delle due direzioni è semplicemente il riflesso dell'altra. E lo specchio sei tu".
Arianna lo sapeva già. Mai e poi mai, in tutte le volte che l'aveva consultata, Zamira le aveva detto qualcosa di comprensibile. Però, lei usciva sempre con una confortevole sensazione di progresso.

venerdì 20 aprile 2012

Vorrei

Ora vorrei.
Un gelato di crema e porto affogato al caffè.
Essere in viaggio.
Un massaggiatore giapponese asettico e professionale.
Un cane che mi aspetta per la passeggiata notturna.
Bere del chinotto.
Rivedere "Un bacio romantico" sotto le coperte.
Essere ad un pigiama party e avere dodici anni.
Una barretta Kinder cereali.
Immergermi in una pozza d'acqua calda. Fuori solo il bosco.
Rivedere Moreno. Che faceva il cow-boy per me, con tutte le sue lentiggini.


giovedì 19 aprile 2012

Accontentarsi


Una bambina oggi scrive:
C'era una volta un signore che era un pomodoro. Tutti lo chiamavano Signor Pomodoro. Un giorno si stufò di quel vestito. Provò il viola melanzana ma non gli piaceva. Provò il rosso fragola ma gli ricordava il suo vecchio vestito. Provò e riprovò i vestiti vari, ma visto che nessuno gli piaceva rimise il suo e visse felice e contento. 
E noi qui ad interrogarci notte e dì.

Emozione


mercoledì 18 aprile 2012

Daphne Selfe

Daphne Selfe ha 83 anni e fa la modella. Senza trucchetti.

Stamattina ero un po' tardi.
Una dolce signora alle soglie dei settanta, mi incrocia sotto casa e dice inclinando la testa di lato: "sei proprio luminosa oggi!". Saluto, sorrido, accenno alla mia capigliatura indomita e arruffata, faccio per salire in macchina caricando qua e là le numerose borse.
"Pensa", aggiunge lei incamminandosi, quasi tra sè, "stamattina ho ricevuto al cellulare il messaggio di un coetaneo. Sai come ha esordito? Dicendo 'ciao bellissima'!". Scuote la testa alzando entrambe le mani.
"Accidenti", dico io, "che uomo ardito!"
"Evidentemente intorno ha poca scelta", risponde lei ridendo allegra, e si allontana.

La nostra scuola ha da sempre una madrina d'eccezione. Una donna speciale, preparata, determinata, che ha saputo far crescere il metodo. Nonostante sia allieva di una pupilla di Maria Montessori e abbia superato i settant'anni, non è mai ancorata al passato e vive esattamente nel "qui e ora", cogliendone sfumature, echi, suggestioni.
Guardarla parlare ai nostri bambini decisa, ferma, in quel suo modo misurato, lento e capire che i bambini modificano il loro registro (linguaggio, movimento, sguardo) per adattarsi al suo, ha sempre il sapore del miracolo.
E' una donna con qualche problema di salute, a volte stanca, altre affaticata. Ma quando la fai accomodare, le porgi una sedia, le avvicini lo zucchero, ti informi della nipotina, non senti mai un briciolo di compassione per l'età che avanza o i suoi acciacchi. Non diventi protettivo. Sa rimanere, a dispetto di tutto, una presenza che riempie e colma.

martedì 17 aprile 2012

Earth day

Il 22 aprile si celebra la giornata mondiale della Terra.
Chiedo ai bambini cosa pensano si dovrebbe fare, per festeggiare degnamente Mamma Terra.
Sì, perchè sono loro a dirlo: la Terra ci offre il cibo, il calore, luoghi in cui vivere e ci abbraccia, ci culla, con i mari, i boschi, la savana. Una mamma vera. E le mamme vanno difese, protette, tenute in salute.
Così, si sbizzarriscono. E propongono, per un giorno, gesti di massimo rispetto. Usare solo la bicicletta, spegnere i cellulari, riciclare, ripulire le spiagge.
"Però", chiede Lucia "tutti sanno che è il giorno della Terra? Perchè secondo me potremmo scendere in piazza, portare il cartellone e parlarne alla gente che passa". Sto crescendo dei dissidenti.

Non sembra una scuola


Il campanello dell'ingresso ha suonato.
I miei bambini tutti affacciati alle lunghe finestre, vocianti, ad incontrare altri occhi di bimbi. Una scolaresca numerosa, in gita all'adiacente Azienda Agraria Universitaria, ha pensato di farci visita.
Li abbiamo accolti con gioia: abbiamo trasformato un imprevisto in un'occasione di incontro.
E' stato bellissimo vedere gli ospiti aggirarsi per le aule a naso in su, sussurrando fra loro "questa sì che è una scuola...perchè non sembra una scuola", o "fanno tutto il lavoro con un sacco di cose".
I miei bambini, orgogliosi e sorridenti, hanno voluto mostrare, illustrare i lavori fatti, esibire concentrazione e impegno. Bellissimi da vedere, così consci della grande opportunità che gli è toccata in sorte.

domenica 15 aprile 2012

Pozzanghere a 40 anni

Oggi una cara amica ha festeggiato i suoi 40 anni.
L'invito specificava che era preferibile un abbigliamento comodo e confortevole.
E io che avevo appena comperato le scarpe primaverili nuove! Con il tacco, per giunta.
Premetto che, dopo lunghi anni di laboratori e stage di formazione personale improntati sull'incontro empatico, lo scambio e la conoscenza reciproca, mal tollero quelle situazioni "forzate" in cui ti ritrovi costretto a giocare e condividere (anche attraverso il corpo) con perfetti sconosciuti.
Così, quando mi hanno sistemata in un cerchio con altre quaranta persone, ad ascoltare le regole di un gioco  in cui sembrava necessario sedersi ripetutamente sulle ginocchia di oscuri e ignoti vicini, ero tentata di battere in ritirata.
Ma non l'ho fatto!
Ho giocato, mi sono posata sulle ginocchia di gracili signore attempate, di bimbetti sorridenti, di uomini d'ogni stazza e alla fine, quando mi stavo divertendo, ho sperato pure di vincere.
I giochi si sono susseguiti, abbiamo assistito ad ingiurie, proteste e rischieste formali di risarcimento, da parte di insospettabili impiegati e inappuntabili nonne.
Una bella, bella festa.
E il nostro regalo (un paio di coloratissimi stivali da pioggia) è stato molto apprezzato dalla neo-quarantenne.
GRAZIE ELENA per averci messi in gioco!




Casa Robinson

La voglia di mare avanza.
Pur vivendo relativamente vicina alla costa e godendo di una casina per le vacanze a pochi chilometri da casa, io sogno quei fondali di piccoli sassi, quelle spiagge strette e impraticabili, ulivi e macchia a toccare l'acqua.
Tre anni fa l'abbiamo trovato. Il luogo dei sogni.
Si presentava come "casa Robinson": un generatore per la corrente, frigorifero a gas, dieci chilometri di strada sterrata a separarci dalla civiltà. E una spiaggetta bianca (vedi foto in alto), solitaria e silenziosa.
La piccola agenzia croata contattata al telefono però, aveva omesso alcuni particolari piuttosto importanti.
Innanzitutto, non eravamo soli. No, perchè la casa era abitata da un donnone grande, grosso e bellicoso con problemi di incontinenza che non praticava l'utilizzo di detersivi e saponi.
Inoltre, i dieci chilometri che ci separavano dalla civiltà, si sviluppavano su un sentiero stretto, ripidissimo e ghiaioso, a picco sul mare.
Non era auspicabile, una volta arrivati, ripercorrere il percorso a ritroso per acquistare viveri di prima necessità. E l'acqua di rubinetto non era propriamente bevibile.
L'auto, giunta a destinazione, ha dato forfait.
Ma nonostante tutto vorremmo ritentare. Opteremo per qualche confort in più (che ne so, acqua potabile, ospiti meno invadenti...) e per una terra che ancora non abbiamo esplorato: la Grecia.


venerdì 13 aprile 2012

Peccato

Il professore è giovane, trentacinque anni al massimo.
Si dice che sia preparato, che ami la storia, la letteratura.
Eppure, sa solo dire: "non partecipano, non alzano la mano, non intervengono". Ma si chiede perchè? Qualcuno ha mai detto a questi ragazzi che hanno il diritto di parola e pensiero? Qualcuno, li ascolta?
Aggiunge: "il ragazzo è bravo sì, ma vola basso, non fa nulla in più di quello che gli viene chiesto. Peccato, perchè ha una buona testa, è intelligente, scrive bene, sa un sacco di cose...potrebbe avere un bel nove e non un misero sette".
Peccato che quel "sacco di cose" le abbia imparate leggendo libri che nessun insegnante gli ha mai consigliato. E peccato che "scrive bene" solo per sè, visto che nessun professore lo ha mai onorato di una lettura, di un commento, di un apprezzamento.
E infine peccato perchè lui, che ha una "buona testa", della scuola si sta stancando.

Libri che fanno star bene

Quando la pila dei libri da leggere va estinguendosi, volo dalla Francesca, bibliotecaria sopraffina, colta ed estremamente simpatica. 
Appena prendo un libro in mano, si avvicina furtiva e mi sussurra alle spalle "no, mettilo giù! Quella lì è robaccia!". 
A volte mi capita di aver proprio voglia di ridere. Di leggere qualcosa che mi faccia fare delle risate piene, di quelle che ti lasciano spossato, senza fiato.
In tal caso vado sul sicuro: Nick Hornby e Stefania Bertola (bravissima autrice di testi comici...scrive anche per Luciana Litizzetto).
Letture "leggere" sì, ma che sanno tenerti lì e che tra una risata e un sorso di tè riescono persino a dirti qualcosa.
L’impressione che ho ora è che essere umani sia in sé già abbastanza drammatico; vale per chiunque: non c’è bisogno di essere un eroinomane o un poeta da reading per vivere situazioni estreme. Basta amare qualcuno. 
 "La mia famiglia, penso, solo questo. E poi: posso farlo. Posso viverla, questa vita. Sì, posso viverla. È una scintilla che voglio alimentare, un crepitio di vita nella batteria scarica."
(Come diventare buoni, Nick Hornby)
"L'uomo che legge romanzi d'amore preferisce pensare che la donna sia naturalmente priva di peli."
"Le decisioni sono soltanto cose che si dicono."
(A neve ferma, Stefania Bertola)
                    

giovedì 12 aprile 2012

Le parole

Il potere delle parole.
Le parole scritte sanno accarezzare. Quanto mi piace lasciare che le parole mi sollevino, mi trattengano, mi sfiorino. A volte è un bisogno, un bisogno della pelle, non della mente. Perchè sento, quando sono belle e fatte per me, che le parole non fanno in tempo a raggiungere il pensiero, la ragione. Toccano le mani, salgono alle braccia, si posano sulle spalle. Mi chiedono gli occhi.
Vorrei raccoglierle sempre delle parole così. E magari anche spargerle.

Matematica light




Oggi una bimba mi chiama, eccitatissima.
"Maestra, vieni, ho scoperto una cosa... ma non l'ho ancora detta a nessuno!"
Mi prende per mano, si guarda intorno, si accerta che nessuno possa aver sentito.
Eccoci davanti alla mensola che ospita le catene dei numeri. Ogni bastoncino di perle è ripetuto fino a formare il quadrato del numero. C'è la lunga catena del 10 (10x10), quella più corta del 9 (9x9) e via così, fino al piccolo 1. 
"Vedi", dice concitata, "ho appeso le catene da tutte due le estremità. Ho scoperto che le catene dei numeri dispari formano una specie di ponte in fondo. Invece le catene dei numeri pari fanno la punta. Sempre maestra, sai? Puoi andare avanti all'infinito!"
"E' una bella scoperta! Importante!", dico raggiante.
Si illumina tutta, guarda la sua "opera".
"Mi piace la matematica, forse da grande la saprò tutta".

mercoledì 11 aprile 2012

Paris


E' arrivata a Parigi una domenica di maggio.
Il lungosenna gronda. Scendono dalle scalinate, dai bateau, migrano e vociano, a volte con la Nikon al collo, altre con il giornale sotto il braccio.
Cani, bambini.
Paolo ha nelle mani l'entusiasmo, mentre dice di cose, di progetti. E le travasa il sorriso nella bocca, lo stupore dentro gli occhi.
Una soffitta da cui si vede la cima bianca della Sainte Chapelle. Sullo stesso pianerottolo una coppia di architetti spagnoli, che di lunedì offre sangria sul terrazzino. Piccoli lumini tra le piante d'alloro.
E ancora Francesco e le sue bruschette, in quel locale italiano con le tende gialle, qualche gatto macchiato di grigio tra i tavoli.
“Non è bellissimo?”, e Paolo ha fatto un gesto tondo, mostrando tutto quel colore, quella vita che bastava un sì.
Quel sì raccolse Parigi sul palmo della mano, mentre loro decidevano di chiavi, di biglietti, di lenzuola, tra le briciole di pane.

martedì 10 aprile 2012

Si torna a scuola!

Mi sembra bello rientrare dalle vacanze di Pasqua citando la mia saggia e autorevole icona, Maria Montessori:
 “La scuola è quell’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio“.
Trovo che non ci sia nulla di più vero. E' questo che mi spinge ogni giorno a dire ai miei alunni che sono pronta a camminare con loro, dismettendo ogni certezza, ogni facile approdo legato al mio essere grande, arrivata, capace di decidere cosa sia bene e cosa sia male.
Siamo in viaggio accidenti! 
Grazie bambini, a domani.
 

lunedì 9 aprile 2012

Pollici amorevoli


Abbiamo degli amici belli da frequentare. Ovvio, si dirà, altrimenti non sarebbero amici.
Ma non tutti gli amici hanno la stessa capacità di farti sentire a casa, di ascoltarti con sano interesse, di mettere sempre le cose nella giusta prospettiva.
E come se non bastasse, questi amici usano le mani con profitto e nel loro giardino prende spazio la vita: fiori, zucchine, insalate tenere e verdine, arbusti gentili, bonsai pazienti.
Non ho il pollice verde, tutt'altro. Fatico a condividere il mio tempo con una vegetazione che dipende da me. Ma proprio per questo trovo ancora più dolce il miracolo dell'attesa, della pazienza, della comunione con la terra.
E pensare che queste mani esperte e amorose appartengono ad un piccolo imprenditore e ad una laureata in economia. Si direbbe: nessuna affinità.
Invece.
Invece il giardino e il giovane orto che oggi mi hanno dato il benvenuto raccontavano la fatica del proteggere, dell'accudire, dell'umile inginocchiarsi alla vita.

Scarpette

Era da tempo che non eravamo tutti qui.
Cena di Pasqua. Esiste?
Non lo so, ma credo abbia poca importanza. Conta che le risate dei piccoli suonavano attraverso le parole dei grandi. Conta che i ricordi non sapevano di stantio e polvere, ma passavano di mano in mano e parevano nuove storie da ascoltare. Conta che io ero io, senza paura. E che le mie scarpette da tango scivolavano leggere dal salotto alla cucina svelando senza ritegno tutti i miei sogni.

domenica 8 aprile 2012

Pedro Salinas

La forma de querer tù...

La forma de querer tù
es dejarme que te quiera.
El sì con que te me rindes
es el silencio. Tus besos
son ofrecerme los labios
para que los bese yo.
Jamás palabras, abrazos,
me dirán que tù existías,
que me quisiste: Jamás.
Me lo dicen hojas blancas,
mapas, augurios, teléfonos;
tù, no.
Y estoy abrazado a ti
sin preguntarte, de miedo
a que no sea verdad
que tù vives y me quieres.
Y estoy abrazado a ti
sin mirar y sin tocarte.
No vaya a ser que descubra
con preguntas, con caricias,
esa soledad inmensa
de quererte sólo yo.

sabato 7 aprile 2012

Gioie della Pasqua


Quando la mamma faceva le scuole serali, mi portava da una vicina di casa piuttosto gentile, alta e segaligna, che mi faceva da baby sitter condividendo con me la cena, finchè il papà non passava a prendermi. Avevo quattro anni.
Ricordo i pomeriggi invernali scuri e tristi di giochi solitari, che si concludevano con la breve passeggiata fino a casa della signora Premru. Il nome saturo di consonanti parlava della sua origine slovena, comune a quella di tanti triestini.
Entravo in un mondo di solide certezze, odore di brodo e minestrina, pattine ai piedi e cera Liù. Mi piaceva.
A volte arrivavano in visita due nipotini poco più grandi, che (forse un po' gelosi della nonna) facevano a gara per farmi dei tremendi dispetti.
Una sera, poco prima di Pasqua, un'amica della signora passò a portare cinque o sei pulcini gialli e neri, per farceli vedere e accarezzare. Ero felice ed emozionata, non sapevo come toccarli: ricordo la gioia pura e i gridolini di eccitazione quando i piccoli animali cercavano di liberarsi, becchettando e muovendo le zampe.
Adriano, il più grande dei due, senza farsi sentire dalla nonna, mi convinse che quei poveri pulcini avevano bisogno di essere covati un po' perchè sentivano la mancanza di mamma chioccia. Ascoltai compunta e decisi che io ero abbastanza grande per accudirli a occuparmi di loro.
Fu così che mi sedetti sui pulcini. Li salvarono tutti, tranne uno.

Inciampare


Alla fine, noi riconduciamo sempre tutto alle azioni, ai gesti, ai fatti.
Invece non è sempre così.
Chiaro, un fatto c'è all'inizio. Magari un fatto di poco spessore, anche irrilevante. Un fatto che magari, neppure è mai esistito, o esiste solo nell'immaginario di chi ci ha ricamato sopra dei pensieri. Ma sai com'è, un pensiero ne acchiappa un altro, un' immagine ne evoca un'altra, e arrivi così lontano dalla fonte, dall'origine, che ti chiedi quali strade tortuose e sconosciute ti hanno portato ad un'illuminazione finale.
Una cosa fondamentale ho imparato quando sento che qualcosa stona, gratta, tocca: mi fermo, metto le quattro frecce, vado in stand-by. E' una percezione netta, pulitissima; la sensazione che in quel momento ho preso contatto con un dolore.
A volte dura un attimo, e verrebbe quasi naturale sorridere, darsi una ravvivata ai capelli e andare oltre. Perchè fermarsi, perchè (per l'ennesima volta) armarsi di scalpello?
Perchè, l'ho capito a mie spese, quel dolorino lì, quel piccolo buco che ti fa inciampare e perdere l'equilibrio per un momento, è un appello. Un appello ad occuparti di te, a prenderti cura di ciò che veramente è importante.

venerdì 6 aprile 2012

Incipit 2


E' sbucciando un'arancia o aprendo la cassetta delle lettere.
Sì, gesti così, che scendono nel filo della giornata come perle: rosso, giallo, verde, blu. E ancora rosso, giallo, verde, blu.
Ma più spesso capita nella dolcezza di un sabato, nel languore di una domenica. L'indice a girare la ciocca di capelli, le gambe raccolte, un libro che si lascia sfogliare.
Allora il pensiero è sostanza, carne.
Le parole scritte si raccolgono luminose tra le mie mani, le guardo, sono belle. Leggere ma pesanti, le avvicino al viso. 
Ad occhi chiusi affondo il naso, la bocca, lascio che mi sfiorino la fronte.
Vorrei si facessero ossa, pelle, qui, adesso.
Così mi cambio, allaccio le scarpe, infilo i guanti, la cuffia.
Corro. Ad ogni passo lascio una scaglia di me, iridescente, che si confonde tra un mozzicone di sigaretta e una foglia secca.

Angoli



Angoli di Ljubljana.
Mi sono innamorata del negozio di ombrelli. Anzi, di ombrelli rotti.
E gli alberi-pennello?
L'omino giallo di nome Kuponko in attesa alla fermata del bus (con ombrello), non è un manichino. Curiosa la ragazza che ostenta disinteresse.
Oggi giornata piovosa dalla luce surreale.
Passeggiato, scoperto alcuni negozietti molto interessanti, mangiato un burek al formaggio di capra e un ottimo dolce di riso e vaniglia del quale dovrò cercare la ricetta.
I parcheggi in città sono un salasso, quindi la prossima volta lasceremo l'auto in periferia.
C'era da pensarci prima.
Appena rientrati, stanchi, per nulla pronti ad affrontare i parenti venuti dall'Argentina.