lunedì 1 ottobre 2012

Doni

Avevo ventidue anni e la bellezza del somaro. Quella stolta, facile, scontata.
Però lavoravo già duro. 
Nel laboratorio mi occupavo di falegnameria. Io. Sì, proprio io.
Piallavamo le assi inconsapevolmente, su una sega combinata larga due metri e profonda quattro. Che se per caso chiacchierando spingevi la mano un po' più in là, ne ricavavi del buon macinato magro.
Piallavamo. Questo è il punto. Il plurale.
Io da una parte e Angelo (o Sulvan, Mario, Enzo, Ivano) dall'altra. Provetti artigiani del legno? No. Giovani portatori di handicap frequentanti il Centro. Handicap mentali, ritardi più o meno gravi.
Così poteva succedere che sul più bello, mentre io spingevo l'asse da piallare verso Mario, lo stesso venisse colto da uno dei suoi raptus e mollasse lì tutto, per strapparsi qualche ciocca di capelli. Ecco, per dire.
Altre colleghe si occupavano della ceramica, cimentandosi in attività sicuramente meno perigliose e audaci.
Capitava che volonterosi artisti locali decidessero di offrire qualche ora del loro tempo al servizio dei ragazzi, proponendo lezioni pratiche o tematiche. Fra questi, un pittore e scultore del quale ho perso ogni riferimento (anche Google non ne annusa la traccia). Credo si chiamasse Uanello, o Vuanello.
Ricordo questo minuto novantenne, con occhi chiari e vivissimi, dal quale le colleghe mi misero subito in guardia. Era un dongiovanni, un estimatore, un devoto. Il genere femminile lo genufletteva.
Lo incrociai una mattina nell'atrio. Nonostante indossassi un enorme camice da lavoro nero, l'artista non lesinò le lodi (che mai risparmiava al cospetto del gentil sesso) e lì per lì mi propose di posare per lui.
Le colleghe, dietro le porte socchiuse, sghignazzavano e si godevano la scena. Arpie.
Glissai, provai a sviare, tirai in ballo fidanzati siciliani e impossibilità oggetive. Ma non mollò. Per mesi.
Prima di ammalarsi, e di privarci della sua ironia, della sua leggerezza e della sua lezione settimanale, ci fece un'ultima visita. Mi portò quello che definì "un dono dei greci". La testa di Medusa.
Non ebbi mai modo di ricambiare.

4 commenti:

  1. Gioia quanti bei ricordi che hai! E tutti ricchi e traboccanti di grande umanità. Secondo me tua nonna ha una degna erede :)

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  2. Vorrei parlare di una testa di Medusa che mi hai ricordato (grazie) e forse lo farò.

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