martedì 5 giugno 2012

Scene of crime

Cosa resta dell'amore?
Le sembra sia sotto le macerie, voce piccola e flebile, che ancora può sentire. Le pare di intravederne la forma, ma è sepolto, da strati di coltri e di lana, che ne definiscono appena i contorni.
A volte, quando Marta meno se lo aspetta, quando guarda distratta, quando pensosa inanella azioni secondarie e irrilevanti, ne scorge un pezzo. E quel pezzo sa richiamare l'intero, il tutto, nella sua statuaria, incredibile bellezza.
E ricorda, e le pare di cogliere la grandezza di ciò che potrebbe essere, e si chiede come, come è possibile non rimboccarsi le maniche ed estrarlo, pezzo dopo pezzo.
Ma le cose sono lì, con la loro pesantezza di cose. Fare, alzarsi, dormire, chiedere, pagare, masticare, piangere, guardare l'orologio. 
Si rende conto (sì, è da vertigine) che le cose, una sull'altra, senza spazi, né aria, né intercapedini, si posano dicendole “dovresti”, “potresti”, “sarebbe meglio”, “è impossibile”, “non è da te”. Allora lascia che si posino.
E' così faticoso opporsi, o forse le pare troppo impavido e ardimentoso, o si sente ridicola, buttata in una sceneggiatura di scarso spessore. Di quelle che lui/lei mandano all'aria un progetto, un lavoro ben pagato, una vita, dei debiti, e svoltano.
Svoltano con i ricordi? Svoltano con dei morti sulla strada? Svoltano e in qualche modo sanno cancellare, con una piccola scopa, la strada percorsa?
Così fa andare le cose.
Non si ferma un attimo? No.
Non si chiede cosa, davvero, sotto lo sterno, sopra la milza, vorrebbe in quell'istante? In quel momento preciso, al volante dell'auto (le spalle pesanti, gli occhi lustri, la borsa della spesa sul sedile del passeggero)? No.
E mentre non chiede, non guarda, non allarga le braccia, una cosa si posa. E un'altra ancora, più densa e pesante.
Poi capita che sì, scorge un incidente. Hanno investito qualcuno, c'è un morto, coperto dal lenzuolo. Guarda, anche se non le va, e lo vede lì sotto, un povero corpo sfatto, appena distinguibile, che nessuno saprà riconoscere.
Da un angolo però, spunta un piede, fragile, ancora incredibilmente ben calzato. Porta la mano alla bocca: ha capito chi è. Lo conosce bene, ma non ricorda più il suo nome.

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