domenica 13 maggio 2012

Ancora incipit


Era quel modo di tenere le spalle, erette anche quando sedeva mollemente, che le piaceva. Come se ci fosse sempre una parte di lui vigile, pronta. Come se il busto imponesse anche ai pensieri una sorta di attività incessante.
A volte, mentre leggeva o stava al sole, se ne usciva con qualcosa di anomalo e sbilenco, la coda di un pensiero, il rimasuglio sfatto di un'idea. Alzava gli occhi, la guardava.
“Ma quando la portinaia ha il giorno di riposo, dici che resti comunque lì seduta al buio, con le persiane calate?”
Claudia rideva, rastrellando le foglie o potando le rose, e non rispondeva.
Sembrava assorto, vago, incapace di concretezze. Invece poteva sorprenderla con un sugo dagli accostamenti improbabili, che spadellava con le penne al dente. Così, senza fatica, un canovaccio posato sulla spalla.
Lei entrava, Paolo le metteva in mano un bicchiere di vino, poi correva ad aggiustare di sale.
E anche nel toccarla, lui era corpo, istinto. La sua vacuità spazzata via da gesti precisi, a volte duri, guidati da un sapere antico. Stentava a riconoscerlo quando le teneva gli occhi e la colmava.

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