Ho fatto un sogno incredibile.
Tu dici. Sono grande, ormai le cose dell'infanzia sono andate, ne sono passate di lune. Anzi, dici anche altro.
Per esempio che è poco produttivo stare su un ricordo amaro, se non lo sai rielaborare un po'. Insomma, ti dici che devi crescere, guardare avanti.
E siccome io mi ascolto, normalmente sublimo. Bè, sublimo. Magari passo oltre.
Insomma, eravamo al sogno.
Esco di casa, bella fresca in un vestito leggero. Vedo, uno a fianco all'altra, venire verso di me i miei genitori. Ma giovani, belli, sorridenti. Complici.
Ecco. Già questo sarebbe di per sè assurdo. I miei si sono separati quando avevo otto anni e hanno praticamente smesso di comunicare. Persino di salutarsi se si incrociano, sullo stesso marciapiede.
Io, non sono più io. Corro incontro a mio padre, come se avessi dieci anni e gli getto le braccia al collo. Lui mi spettina un po', mi dice qualcosa come "ciao stella".
Impossibile. Noi non siamo più padre e figlia. Siamo due estranei.
La mamma ride, mi guarda felice.
"State andando a casa?", chiedo.
"Sì, abbiamo fatto la spesa", risponde la mamma, e solleva una borsa di nylon, colma.
"Non posso accompagnarvi in macchina, ho un appuntamento", dico sconsolata.
Al che la mamma, alle spalle di papà, mi strizza l'occhio, come a dire "non preoccuparti, vai tranquilla, che noi abbiamo voglia di star soli".
Mi sono svegliata col sorriso.
Difficile crescere.
Nessun commento:
Posta un commento