domenica 29 settembre 2013

Cucina e paure


Ho riascoltato Samuele Bersani, vecchi e nuovi pezzi, grazie alla piccola e grande Astrolabia.

Se non ti spaventerai con le mie paure, 
un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle.
In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore 

e su di me puoi contare per una rivoluzione.
Tu hai l'anima che vorrei avere


Piove a dirotto, tira vento. 
Mi sono alzata presto, ho fatto una torta per il compleanno della nonna (93 anni di lucida consapevolezza), ho impastato un po' di piadine perchè non ho più pane.
E la cucina si è riempita di profumi, tegami, pensieri, musica.
Le paure. Puoi ben vedere da dove sgorgano, ed è già una gran cosa. Hanno nome e cognome. 
Poi le sezioni bene, le apri, con la punta del coltello.
Qualcosa inevitabilmente scarti. Le tossine, le spine, la parte marcia.
Quello che tieni, va ben collocato dentro, ad incastro. E' monito, ricordo, radice, segnale di fumo, scoria inattiva, campanello d'allarme, coscienza.
Direi che sono ancora al coltello. Pronta ad incidere.

Domani, dopodomani, appena dietro l'angolo



What if there was no light
nothing wrong, nothing right
what if there was no time?
And no reason or rhyme?
What if you should decide
that you don’t want me there by your side
that you don’t want me there in your life





Da qualche giorno la città tace sotto un ombrello di nubi basse, dai vapori spessi. I rumori si fanno di talco bianco, il tempo cambia, si espande e si contrae, come un respiro corto.
Ieri ho deciso che farò quel corso. Short stories. Mauro è bravo, sa condurre, sa leggere e usare le parole. Con lui questa volta, anche Pino Roveredo, lo scrittore. Sono passati due anni dall'ultima volta, e mi sembrano cento. Raggiungevo la Feltrinelli in bici, il sabato mattina, con la tracolla piena di incipit, dialoghi, vite immaginate e raccontate. Non sapevo che tutto il mio mondo fosse prossimo al collasso.
E ora sono qui, imbastita col filo grezzo, intera.
Domani dimettono la mia amica: torna a casa. Stanca, provata, ma il primo passo è fatto.
Sarà una settimana di piccole e grandi cose. 
Cose che mi portano proprio là, dove la luce è accesa.

sabato 28 settembre 2013

Scrivere con i piedi


Le strade hanno una voce, ne son certo
le scarpe son fatte per sentirla.
La narrazione è figlia del cammino
non è con una penna o con le mani
ma con i piedi che credo si scriva.

Io guardo nei gesti. Nei fondi di caffè. Cerco invisibili tracce di straordinarietà: bracciali di perline sotto polsini inamidati, ciocche fuggite a crocchie troppo strette, infiniti addii nelle pieghe di un sorriso.
Scopro adesso uno sguardo ampio, largo, che spazia e raccoglie. Un contemplare lento e pieno, cadenzato da passi leggeri, e solidi. 
Sì, ora vorrei che le mie parole fiorissero dal ritmo dolce di quel camminare. Pulite.

giovedì 26 settembre 2013

Fidarsi



Oggi con i bambini abbiamo lavorato sulle emozioni.
Cos'è un'emozione? Dove la sento? Quando? Quante sfumature hanno la felicità o l'amore? E alla rabbia, o al dolore diamo pari dignità?
Devo mantenere un'espressione neutra e partecipe, mentre ipotizzano e si pongono domande.
Sorriderei e li abbraccerei, per questo loro esplorarsi dentro.
Il più grande, figlio di atei convinti, mi dice sognante: "il momento in cui sono stato più felice è quando mi sono battezzato, l'anno scorso".
"Cos'hai sentito?", gli chiedo.
"Eh maestra, ero più nel mondo di Dio".
Puliti, capaci di sperare, di affidarsi senza troppe domande o resistenze.
Daffo oggi posta qualcosa che mi muove e mi entra.
La calma è uno dei modi per dimostrare all'Universo che abbiamo fiducia in lui.
Accidenti.
Io, che vorrei posarmi un attimo, dopo questo lungo volo. Io, mi fido dell'Universo, credo che mi condurrà in qualche modo su quel filo teso, a ripulirmi le ali?

martedì 24 settembre 2013

Odette

Scende la sera.
Nel corridorio in penombra, Odette indossa il cappotto nero. Stringe fra il pollice e l'indice un grosso bottone, lo accompagna verso l'asola che si schiude e accoglie, bocca vorace, occhio sgranato.
Solleva lo sguardo pago nel suo, giallo.
Scendono le scale, l'andare dissonante e silenzioso di chi ama, del corpo provato e molle.
La porta dell'androne si apre, fa entrare la strada, odori e rumori e luci.
Stretti nei palmi delle mani si incamminano, in un tintinnare di chiavi nella tasca, che nessuno sa.

domenica 22 settembre 2013

Domenica sera


Non sempre è facile, non sempre respiro.
Ma capita più di rado. Che io respiri corto, intendo.
Ancora perdo il senso delle cose, come succedeva, ma lo ritrovo nel tempo di mettere su un caffè.

Giornata senza tempo, passata a Pordenonelegge, la mitica festa del libro con gli autori. Magris, Avallone, Mastrocola, Veladiano e altri nomi belli, tutti lì a chiacchierare con i lettori, ad autografare libri, nelle logge assolate o nelle sale dei vecchi palazzi. Pennac è un bel professore dalla battuta pronta, curioso, ironico. E insieme profondo.
Volevo la frittella, ne ho inseguito il profumo grasso e zuccheroso, ma nulla di fatto. Nessuna traccia del chiosco. Però la pizza con la bufala, tagliata a spicchi e consumata sulla panchina verde, l'ha egregiamente sostituita.

Domani è lunedì, si torna a scuola. Riccardo, che ha sei anni ma sembra tanto piccolo, venerdì mi è venuto vicino tutto fiero. 
"Guada maestra", ha detto. E si è voltato, mostrandomi la nuca.
Spiccava netto sulla pelle chiara, uno di quei tatoo che si applicano con la spugna. Qualcosa di tribale, che già stava scolorendo.
Non ho fatto in tempo a replicare, che lui già esclamava sorridendo: "come te, l'ho fatto come te!".
Accidenti. Non so se devo andarne fiera.

sabato 21 settembre 2013

Capolavoro



Chi mi ha regalato questo libro, sapeva.
Non c'è una parola fuori posto.
Evoca ed evoca.
Mi porta dritta al sogno.

Intinse l'indice dentro lo yogurt
lo mise dentro la bocca dell'uomo
rimasta spalancata di stupore
poi lo pulì con la lingua e gli mise
i piedi scalzi ben sotto il maglione
passando sotto il tavolo ricolmo
e sussurrò con voce rugginosa
"Io traccerei una pista nel bosco
solo per bere alla fonte che celi
sotto l'orecchio fra il collo e la barba".

Lei disse "Sono terra, prendo tutto
di me puoi fare ciò che vuoi"
ed era strano che dicesse "terra"
lei che era figlia dell'acqua e del vento.

Lui si girava sul lato sinistro
e Masa si incantava di quel mantice
che regolare saliva e scendeva
poi gli aderiva col grembo da dietro
per trasformare se stessa in alcova.
A lui che non sentiva disse "Il tuo
respiro mi accompagna nella notte
e toglie al mio cammino le paure".
(P. Rumiz, La cotogna di Istambul)

giovedì 19 settembre 2013

Nient'altro

C'è un momento in bianco e nero, strappato da un fotografo di turisti spaesati, in piazza San Marco.
Venezia, autunno. Svariate sfumature di grigio.
Io pallida, bionda e col caschetto, un cappottino lungo blu. 
Il profilo buono della nonna Felicita, sorridente e fresca di messa in piega, nel tailleur fondo crema e geometrie.
Il nonno Giovanni spavaldo, aperto, completo scuro e camicia bianca, a tenermi le spalle.
Colombi grassi attorno.
Non so perchè, ma mi mette addosso una gran malinconia. Mi ricorda la nausea da tragitti in auto, l'odore del Labello e il sapore delle Golia, dure sotto i denti appena faceva freddo.
Per i nonni ero il centro. 
Una ballerina in tutù, che appare da dietro le tende acriliche del salotto, e si inchina. Oceano di applausi.
Una cacciatrice di lucciole sul far della sera, che saltella leggera, il bottino in un bicchiere rovesciato sulla mano.
Una talentuosa pianista da Bontempi, lunghi e vibranti canti stonati sotto un albero di Natale sintetico. Verde smeraldo.
Mi chiedevano di essere quello che ero. Nient'altro.

martedì 17 settembre 2013

Appartenere

Ho controllato se avevo già postato qualcosa con questo titolo.
No. 
Strano.
Perchè "appartenere" è una parola che mi appartiene. Molto.
La scorsa primavera, cena fra amici. Discorsi di vacanze, famiglia, luoghi. La sensazione di guardare tutto da un angolo, di non meritarmi quel posto a tavola.
Appartengo a. Non appartengo a.
Senza involucro e ormeggio, oltre il rassicurante passo cadenzato delle abitudini, ero poco più di niente.
Stasera, raccolta nella mia terrazza, con la dolce cicca del dopocena, ho visto le luci accendersi e poi spegnersi, nelle case attorno. Accendersi. Spegnersi.
Un cielo del nord a strisce e stelle, le braccia fresche.
Io appartengo alle cose. Le cose mi appartengono.


domenica 15 settembre 2013

Libri che ci svelano


Certi giorni sono diversi.
Potrebbero sembrare giorni qualunque.
Ma hanno qualcosa in più.
Non molto.
Solo un dettaglio.
Minuscolo.
Di solito, non ci si fa caso.
Perchè un dettaglio non è fatto per essere notato.
Ma per essere scoperto.
E se ci concediamo il tempo di vederlo...
...appare.
Qui o là.
Minuscolo.
Ma all'improvviso così presente...
...da diventare immenso.
Un dettaglio è un tesoro.
Un vero tesoro.
Non c'è tesoro più grande di un piccolo dettaglio.
Un solo, minuscolo dettaglio può illuminare una giornata.
Un solo, minuscolo dettaglio può cambiare il mondo.
(Gli uccelli, G. Zullo, Albertine)

Grazie dolce Lalla. Stasera questo regalo, ha così senso. Così senso. E' stupore e meraviglia.

sabato 14 settembre 2013

Vita a fior di pelle

Sì, in effetti potevo aspettare per postarlo. Almeno qualche giorno.
A guardarlo bene, il tanto desiderato tatuaggio risulta ancora incremato e in fase di stabilizzazzione.
Ma sono come una bambina che ha appena scartato il regalo più bello, quello dalla carta rossa. Non sto nella pelle.
E quindi...da-daaaan: ECCOLO QUI!!!
Significato dell'ideogramma cinese è un cuore colmo di pena. L'ideogramma viene utilizzato per definire l'"amore". Ma attenzione.
Nel nostro vocabolario la parola "amore" ha un significato del tutto diverso (amore sta per "a mors", quindi "non morte"). 
Vita. L'amore come l'antitesi della morte. 
Anche per gli orientali l'amore è vita, ma vivere per qualcosa porta sofferenza, struggimento e a volte dolore.
In oriente, rifacendosi alla cultura buddista, la vita è anche sofferenza e la sofferenza è amore (come lo stesso Buddha professava: amore verso le persone e le cose).
Ecco che quindi, sintetizzando, mi sono tatuata l'amore per la vita.
Evvai.

venerdì 13 settembre 2013

Music and peace


Joni Mitchell. Non credevo potesse piacermi. Perchè si va a settori, a scomparti, e lei era archiviata nel file "cantautori folk anni '70". Roba di chitarra malinconica e denuncia sociale, troppo lontana da me.
Come siamo chiusi, prevenuti. Poco curiosi.
Invece mentre viaggio, la sua voce mi mostra il bello. La luce settembrina che declina dolce, i grandi platani sul viale, un sentore di mandorle caramellate, dal finestrino.

Stamattina Marco trattiene qualche lacrima, mentre lascia la mamma.
Si avvicina, l'occhio lucido, mi tira la manica.
"Maestra, siccome oggi mi mancherà tanto la mia mamma, potrò stare vicino a te?"
"Quanto vorrai", rispondo. Lui si asciuga la faccia, poi con la mano salutiamo l'oggetto d'amore.
Ciao ciao.
Poco dopo, lo guardo ridere di gusto mentre Tommaso fa le facce buffe. 
Passo, gli spettino i capelli. Tutto passato.

mercoledì 11 settembre 2013

Two days

Una vacanzina per riposare, fare il pieno, prima dell'inizio. 
Due giorni.
Due giorni che valgono un'estate intera. Un concentrato di cose belle.
La scoperta di una vecchia casa abbandonata in cui tutto, ma proprio tutto, pareva lasciato lì da una famiglia fuggitiva e braccata.
Un uovo sodo per pranzo, il tempo dilatato del niente.
Una merenda in riva al mare. 
Un bagno quando fa buio e quasi piove, le luci del paese lontane.
Un sonno lungo, ma lungo, che quando apri gli occhi ti chiedi dove sei.
E rientrando, passarmi le dita fra i capelli, dividerli in ciocche e intrecciarli, come quand'ero bambina.

lunedì 9 settembre 2013

Si parte

LA MIA AULA
Prima assemblea dei genitori a scuola.
La sola idea mi stanca: nella memoria, inanellati, gli ultimi incontri con le famiglie in cui lo spettro di me stessa, privo di peso e pace, cercava le parole senza trovarle, sistemandosi nervosamente i capelli.
Oggi, dalle finestre in alto guardiamo le famiglie nuove arrivare. 
E' bello essere qui con le colleghe, che sanno così tanto di me, che hanno ascoltato, accolto. Sento di appartenere.
"Hai visto, ti ho preso i biscotti al cioccolato per la pausa di giovedì!", mi dice Linda complice.
Sì, ho visto eccome.
"Ne ho già mangiato mezzo pacchetto!", rispondo, e rido.
Papà Glauco mi offre una sigaretta prima di cominciare, e ce la fumiamo in strada, come due carbonari. 
Gesti facili e lievi, mentre abbraccio e saluto.
Nella stanza troppo piccola l'assemblea ha inizio, e tutto prende colore, senso.
Fuori diluvia fresco: mi aspetta un'aria di erbe e legni che ha viaggiato così tanto, prima di arrivare a me.

domenica 8 settembre 2013

Io e la mia piastrella

Ecco, e con questo vorrei concludere la diatriba sulla piastrella.
Perchè riflettendoci, in realtà, io quella piastrella, non la cambierei.
Ha quell'aria rassicurante e familiare. Senza pretese.
Non è sgargiante o eccentrica. Un po' di giallino, un po' di verde, un po' di bianco.
Forse appena complicata nell'arabesco, nella fuga di riccioli e cornici. Ma poi, in sostanza, chiede solo di stare lì, tranquilla, mentre le lampadine saltano, i tubi si ingorgano, i piatti doccia si incrinano.
Fosse, che ne so, una satinata piastrella viola cardinale, darebbe certamente un sacco di grattacapi. E poi, dopo qualche tempo, non verrebbe forse a noia?
Insomma secondo me, la mia piastrella mi somiglia. E quindi, mi sa che resta lì.

sabato 7 settembre 2013

Cambiare, crescere

Non sopporto. Davvero.
Qualche settimana fa incontro al supermercato un vecchio amico, ormai perso di vista.
"Sei sempre uguale!", mi dice, ottemperando al rituale tipo del madaquantianninoncisivede?.
Questo implica che avrei dovuto essere diversa, che poteva aspettarsi il peggio? O che mi devo compiacere per questa inossidabilità? La nostra bacata testa occidentale malata di cerone e ritocchi, gode come un riccio quando l'involucro pare non cedere al tempo. Follia.
Anche perchè siamo vivi, cazzo. Si piange, si ride, si soffre d'insonnia, ci si ubriaca, si prende il sole, si cresce. Perchè, è vietato cambiare?
No, ma ci abituano a questo. Hai una bella (o brutta) cera. Lo diceva mia nonna, interrogandomi alla larga sulle vicende di cuore. L'ho trovato invecchiato. Certo, erano dieci anni che non lo vedevo.
Poi un giorno capita che arrivo a scuola, qualche notte troppo corta alle spalle, e una mamma incrociandomi sbianca ed esclama "ma cosa ti è successo? Hai una faccia..."
Al che, corro di sopra ad analizzarmi la profondità delle occhiaie. Eppure, non mi pareva di essere tanto male.
Possibile mai che non si possa guardare oltre? Oltre il pallore, la ruga, il taglio dei capelli? Sarà un concetto banale e frivolo, ma perchè non sappiamo cogliere l'emozione? Quella, parla nel sorriso, negli occhi, nei gesti.
"Grazie. E tu mi sembri felice", rispondo al vecchio amico, mentre saluta e si allontana con le sue buste della spesa.

venerdì 6 settembre 2013

Ordine


Dici che sono capace di leggere nelle storie. Di ascoltare, di raccogliere, di mettere ogni pensiero in ordine, da grande a piccolo, da leggero a pesante, per colore, forma, spessore.
Dici lo sai fare, con gli altri.
Sorrido, non mi pare così.
È vero, i miei, si affollano. Spingono, premono, a cercare più luce, più spazio. Salgono, scomposti, finchè non li sento, finchè non trovano un varco. E allora gridano tutti assieme.
Non so essere una brava teacher con i miei molesti, indisciplinati pensieri. Hanno sempre la meglio.
, ripeti guardandomi, lo sai fare davvero.

giovedì 5 settembre 2013

Intera


Lei cammina provando a misurare l'ampiezza del passo.
Ha gambe lunghe, da bestia in fuga.
Tiene il pensiero su quell'andare, sulla falcata. Stacco da terra, passo, atterraggio. E ancora.
La luce implacabile di mezzogiorno che apre ogni cosa a metà. Il colpo secco del coltello su una mela rossa. Zac. Spalancata.
L'erba verde, troppo verde, accoglie il suo peso vivo, troppo vivo. Un vestito di colori accesi, sul pavimento di steli carnosi, a dire la fine gloriosa di una lunga estate.
Porta alla bocca con studiata lentezza una prugna scura e sugosa, socchiudendo gli occhi.
Domani.
Domani è qui.

lunedì 2 settembre 2013

L'attesa


Programmazione a scuola.
Certo che varcare il cancello verde, mi emoziona sempre.
Negli ultimi cinque, intensi anni della mia vita, sono passata di qui ogni mattina. Forse la trasformazione, il mutamento, uno sguardo nuovo sulle cose, hanno radici in questo cortile di sassi, alla base di questi muri rossi.
Ogni mattina scendere dall'auto, scaricare la tracolla, i libri, i quaderni. Presentare la mia faccia ai bambini, lì schierati. Più bionda, meno bionda, con le occhiaie, senza, col sorriso, con la felpa, con un vestitino frufru che pare ti faccia allegria. Stanca, creativa, energica, un po' morbida, troppo magra, troppo confusa, in lacrime, spenta, viva. 
Oggi ho ritrovato quel mio salire al piano di sopra, due scalini per volta, la testa mai vuota o leggera. Ho ripensato i pensieri pensati. Scuri, senza fondo, senza luce. Un cellulare bianco a dettare i tempi e il sentire. E' il momento di sorridere, adesso. Ora devi aspettare. Ora puoi tormentarti, coraggio. Tra poco forse potrai piangere.
Sì, oggi sono salita per spazzolarmi i capelli in bagno. Gli scalini due a due, il cuore in corsa. Sono salita e ho guardato giù, dalle lunghe finestre. L'attesa lieve, come un pacchetto rosso da scartare, o un dolce da infornare e annusare. L'attesa che si fa sostanza, carne, che riempie mani e bocca.