martedì 29 maggio 2012

Sono scientifica. Ma bis.

La Scuola G. Deledda è sempre uguale a se stessa. Nessun restyling, nessun ritocco. Confortante.
Solo che quando i miei amatissimi stivaletti bordeaux da cow-girl la attraversavano tacchettando da est a ovest, si presentava con un po' di supponenza e pompa come "liceo scientifico-bis ad indirizzo sperimentale biologico-sanitario". Nientepopodimeno.
Che ci facevo lì, non lo so. Difatti l'ho apprezzata a lungo e più del dovuto.
Però ne ho incontrati di insegnati belli, di quelli che ti prendono, ti cambiano il corso dei pensieri, ti fanno afferrare una passione, un'idea. Che poi, a sedici anni, ti cuci addosso.
Il Fumich, con quei suoi occhi svelti e celesti, ad incantarci tutte di storie. A declamare. A giocare con la seduzione. A dirci che eravamo tutti diversi.
La Cupidi, algida e incapace di sorridere. Diritto, per me uno scoglio insuperabile. La ricodo bene, biondo cenere.
"Ti interrogo, esci".
"Non ho studiato prof, mi metta pure impreparato". Sbruffona.
"Non esiste 'impreparato' per me. Adesso esci e fai la tua misera figura davanti ai compagni. Prova a tirar fuori qualcosa, usa la testa, sei perfettamente in grado".
Presi un cinque, e lo recuperai con un otto.
Ci conosceva la Cupidi, uno ad uno. Osservava. Sapeva che Davide passave le sue mattine guardando Viviana. Che Luca era così solo, fragile. Ce lo confessò, quando ci incontrammo al funerale. Vent'anni erano pochi per morire, ma lei i suoi occhi tristi li aveva sempre visti.
Poi Gregori, che ci dava del "lei", ma era capace di posarci la sua grossa mano sulla testa, al momento giusto.
E Marco, detto anche prof. Coslovich, che ci insegnò la poesia delle parole. Il piacere di raccontarci. La gioia del condividere. Veniva con noi, quando uscivamo per una pizza, un gelato.
Come quella sera, memorabile.
La cameriera infastidita (eravamo troppi, doveva tenere a mente le ordinazioni), stava provando a richiamarci all'ordine. Marco, candido, le chiese che gusti di gelato c'erano.
"Tutti", disse lei scocciata.
"Ah, bene. Allora per me una pallina di giraffa".
Un mito.

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