Sono abitudinario.
Ogni
mattina percorro la stessa strada. Attraverso corso Cavour, prendo il
giornale e svolto a destra. Bevo il caffè al numero 24 di via
D'Azeglio, sempre macchiato e senza schiuma.
Potrei
cambiare, le varianti sarebbero infinite. Invece preferisco
ripetermi: stessi luoghi, stessi sapori, stesse facce, stessi cani a
spasso. Una rassicurante coperta lisa.
Martedì.
Fermo al passaggio pedonale in attesa del verde, ho visto una donna che leggeva, camminando. Una falcata lunga, una gonna gitana.
Giovedì.
Ieri non indossava la gonna da zingara. Però leggeva, tenendo il libro alto. Quando ha attraversato la strada ho visto il titolo: La vita davanti a sè.
Ieri non indossava la gonna da zingara. Però leggeva, tenendo il libro alto. Quando ha attraversato la strada ho visto il titolo: La vita davanti a sè.
Allora
durante la pausa me lo sono comperato, magari un titolo così mi
aiuta.
Venerdì.
Ho deciso di seguirla. Così tanto per fare. Vorrei vedere dove va, che lavoro fa. Deve aver messo a punto una tecnica per leggere mentre cammina, perché evita persone ed ostacoli, senza mai calare il libro.
Ho deciso di seguirla. Così tanto per fare. Vorrei vedere dove va, che lavoro fa. Deve aver messo a punto una tecnica per leggere mentre cammina, perché evita persone ed ostacoli, senza mai calare il libro.
Lavora
alle poste. Non l'avrei detto.
Un
ufficio postale appena fuori dal centro storico, ma piccolo, con due
sportelli. Quando varca la soglia la porta scorrevole si apre, e lei
ripone il libro nella borsa.
Lunedì.
Dovevo inviare un plico. Così, invece di raggiungere la posta centrale, un isolato dietro l'ufficio, ho camminato. Gli occhi sulle punte delle scarpe, l'oscillare lieve delle braccia.
Dovevo inviare un plico. Così, invece di raggiungere la posta centrale, un isolato dietro l'ufficio, ho camminato. Gli occhi sulle punte delle scarpe, l'oscillare lieve delle braccia.
C'era
gente.
Mentre
aspettavo in coda la osservavo: il suo modo di muoversi richiama la
falcata. Senza fretta, con attenzione, cura. Sorride ad una signora
che riconosce, si rivolge ad un bambino, gli chiede qualcosa.
“Buongiorno.
Prego”.
“Devo
inviare questo”.
E'
spettinata. Mi verrebbe da scostarle i capelli dalla fronte. Sotto,
scuri e appena cerchiati, gli occhi si muovono sulle cose. Il timbro,
una penna, il telefono.
“Mi
fa una firma qui?”
“Non
ha detto firmetta, vero?”
“Come,
scusi?”
“No.
Dicevo che si usa il temine firmetta. Lo trovo orribile”.
Ride,
mi guarda da sotto, mentre firmo.
che bei libri, lì a destra
RispondiEliminaAvessi l'energia e la voglia di aggiungerne altri. Invece è una fase di stasi, la lettura mi passa addosso senza lasciare tracce. Ma conto sul potere seduttivo dei libri.
Eliminasoffri chiaramente di empatia acuta e irreversibile, una malattia affascinante, "umana", poetica....di qualcosa si deve morire :)
RispondiEliminaQuesta diagnosi mi garba assai :))
EliminaE mi ricorda questa.
E i medici arrivarono subito, uno dopo l'altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante.
"Vorrei sapere da lor signori", disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio, "vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!..."
A quest'invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand'ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:
"A mio credere il burattino è bell'e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!"
"Mi dispiace, disse la Civetta, di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!"
https://www.youtube.com/watch?v=F__Ywer8VFM
EliminaFirmetta va detto alla milanese! Tipo: "uè, la firmetta!"
RispondiEliminaCosa che a voi piemontesi, riesce sicuramente meglio che a noi friulani... :))
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