mercoledì 14 novembre 2012
Global spleen
Il Centro Commerciale mi mette tristezza.
Ieri, l'ho sfiorato. Un libro, una spesa senza pensare (alla cassa, guardo il cestino e mi rendo conto di aver preso quattro cose inutili), e poi veloce, a casa.
Mi viene da solidarizzare con le commesse. La luce non entra mai, pare giorno di sera, pare sera di giorno.
"Scusa", mi dice una ragazza stanca, "stavo sbagliando di darti il resto".
"Figurati", rispondo, "sono stanca io che sto qui da venti minuti, figuriamoci come stai tu".
Lei si scioglie, sorride.
"Guarda che occhi", aggiunge.
E' vero, ha gli occhi arrossati, ma spenti.
Solo quando esco, nell'enorme parcheggio all'aperto (no, nei loculi al chiuso non metto la mia auto), realizzo che proprio davanti al colosso, al suo centro nevralgico c'è un enorme e stucchevole albero di Natale.
A novembre.
Decido, seduta stante, che questo Natale, non sarà come gli altri.
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Nei centri commerciali non ci vado. Per partito preso. Così come non vado nei supermercati che stanno aperti la domenica. la gente dovrebbe riposarsi, non massacrarsi per il profitto di qualche stronzo.E' che nessuno lo capisce.Figuriamoci adesso che si avvicina il Natale.Manca un mese.E' fin troppo vicino per i miei gusti.
RispondiEliminaIdem.
RispondiEliminaE' tremendo pensare che qualcuno possa desiderare di passare la sua domenica illuminato dai neon gialli di un supermercato...
Proviamo a dirla in un modo diverso viviamo in un mondo egoista che ci vuole egoisti, il consumatore che da cacciatore diventa preda, immaginandosi potente solo perchè qualcuno è a sua disposizione.
RispondiEliminaIn realtà mette se stesso alla mercè di chi è in grado di abbrustolirlo sia davanti che dietro, offerte, pagamenti a rate, risparmi, nursery, pizza, patatine e tutto quello che una persona può sperare ????????????????????????????????????????????????????
Ma dove vivo?
Nel freddo di una cella frigorifera che sforna TV, libri, bistecche, carta igenica, cipolle e mutande, dove persone obbligate sono si a conteggiare i soldi di qualche riccone bastardo, ed altre persone comandate a dare i soldi allo stesso riccone.
Preferisco ancora camminare sotto la pioggia, respirare la nebbia della mia pianura, leggere un buon libro, ascoltare ottima musica, non pensare che è Pasqua, Natale o la festa del pirla che deve comperare.
Grande sfogo Franco! Sottoscrivo... Soprattutto pioggia-nebbia-libro. :)
EliminaLa cosa ancora più atroce, nelle periferie urbane, è che questi mega centri commerciali hanno sostituito le piazze cittadine, i parchi, le scalinate e tutti i luoghi di incontro e socializzazione.
RispondiEliminaLe comitive di ragazzi si riuniscono lì; le mamme portano i bambini a passeggio lì; le coppie vanno al ristorante lì.
Il commercio che vi si svolge sta quasi perdendo il ruolo di funzione centrale di questi luoghi.
Quando, raramente, mi reco in questi centri vado spedito verso l'esercizio commerciale precedentemente selezionato, acquisto con relativa rapidità e scappo via.
Oltre alla merce con me c'è sempre amarezza e disagio.
Credo di essere troppo vecchio per i centri commerciali delle periferie.
Forse anche per queste nuove periferie di cui mi sfugge il senso urbanistico, completamente.
E se lo dici tu, ha un senso.
RispondiEliminaProbabilmente è così che pianificano, lo scopo è questo. Togliere spazio.
Ciao Gioia, a parte che qualche volta vado anch'io, una volta all'anno non di più, è tutto vero quanto hai scritto.
RispondiEliminaQuelle povere commesse che non vedono mai la luce del giorno, che vita fanno?
Ho apprezzato molto anche questa frase di Marco Valenti:
"La cosa ancora più atroce, nelle periferie urbane, è che questi mega centri commerciali hanno sostituito le piazze cittadine, i parchi, le scalinate e tutti i luoghi di incontro e socializzazione."
E' indiscutibile.
Ciao e grazie!
Lara
Grazie di cosa, Lara? :)
EliminaE' uno scambio, quando passo da te respiro anch'io un'aria colma... ;))
A tutte le considerazioni già espresse aggiungo che io non ci vado anche perché soffro di claustrofobia, nonché in quei posti di agorafobia, e che mi mettono un terrore e un disagio che niente mi convince di voler provare. A malapena resisto in quelli all'aperto, perché è proprio il concetto di centro commerciale che mi provoca l'orticaria.
RispondiEliminaHai ragione, anche quell'eccesso di gente in movimento, di folla che si unisce e si disperde...angoscioso, a volte.
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