sabato 7 aprile 2012

Gioie della Pasqua


Quando la mamma faceva le scuole serali, mi portava da una vicina di casa piuttosto gentile, alta e segaligna, che mi faceva da baby sitter condividendo con me la cena, finchè il papà non passava a prendermi. Avevo quattro anni.
Ricordo i pomeriggi invernali scuri e tristi di giochi solitari, che si concludevano con la breve passeggiata fino a casa della signora Premru. Il nome saturo di consonanti parlava della sua origine slovena, comune a quella di tanti triestini.
Entravo in un mondo di solide certezze, odore di brodo e minestrina, pattine ai piedi e cera Liù. Mi piaceva.
A volte arrivavano in visita due nipotini poco più grandi, che (forse un po' gelosi della nonna) facevano a gara per farmi dei tremendi dispetti.
Una sera, poco prima di Pasqua, un'amica della signora passò a portare cinque o sei pulcini gialli e neri, per farceli vedere e accarezzare. Ero felice ed emozionata, non sapevo come toccarli: ricordo la gioia pura e i gridolini di eccitazione quando i piccoli animali cercavano di liberarsi, becchettando e muovendo le zampe.
Adriano, il più grande dei due, senza farsi sentire dalla nonna, mi convinse che quei poveri pulcini avevano bisogno di essere covati un po' perchè sentivano la mancanza di mamma chioccia. Ascoltai compunta e decisi che io ero abbastanza grande per accudirli a occuparmi di loro.
Fu così che mi sedetti sui pulcini. Li salvarono tutti, tranne uno.

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