Alla fine, noi riconduciamo sempre
tutto alle azioni, ai gesti, ai fatti.
Invece
non è sempre così.
Chiaro,
un fatto c'è all'inizio. Magari un fatto di poco spessore, anche
irrilevante. Un fatto che magari, neppure è mai esistito, o esiste
solo nell'immaginario di chi ci ha ricamato sopra dei pensieri. Ma
sai com'è, un pensiero ne acchiappa un altro, un' immagine ne evoca
un'altra, e arrivi così lontano dalla fonte, dall'origine, che ti
chiedi quali strade tortuose e sconosciute ti hanno portato ad
un'illuminazione finale.
Una
cosa fondamentale ho imparato quando sento che
qualcosa stona, gratta, tocca:
mi fermo, metto le quattro frecce, vado in stand-by. E' una percezione netta, pulitissima;
la sensazione che in quel momento ho preso contatto con un dolore.
A
volte dura un attimo, e verrebbe quasi naturale sorridere, darsi una
ravvivata ai capelli e andare oltre. Perchè fermarsi, perchè (per
l'ennesima volta) armarsi di scalpello?
Perchè,
l'ho capito a mie spese, quel dolorino lì, quel piccolo buco che ti
fa inciampare e perdere l'equilibrio per un momento, è un appello.
Un appello ad occuparti di te, a prenderti cura di ciò che veramente
è importante.
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